Giacca azzurra come il mare di Napoli, calzamaglia che richiama l’antica commedia dell’arte, scarpe a punta (rigorosamente all’insù), occhiali fatti in casa e un cappello blu a forma di Vesuvio. Chi non ha visto Piermacchié in giro per la città? Lui si ferma agli angoli delle strade e, un po’ rifacendosi all’antica arte della macchietta e un po’ a quella delle più classiche maschere napoletane, inscena veri e propri spettacoli della durata di un’ora in mezza.
Quello che però ancora non si sa di Piermacchié è la sua storia, le sue origini, le sue passioni. Siamo andati a intervistarlo direttamente a casa sua, dove ci ha ospitati e facendoci sorseggiare il “suo caffé”, con un po’ di miele al posto dello zucchero. Mettetevi comodi e preparatevi a scoprire tutto quello che ancora non si conosce su quella che potrebbe essere definita “la nuova maschera napoletana“.
Piermacchié: chi è e dove incontrarlo
Napoli produce arte costantemente, anche quando sembra che tutto si sia fermato a Totò, Eduardo e Di Giacomo. Eppure, chi lo dice che ancora oggi non si potrebbe incontrare una nuova maschera, intenta ad allietare il pubblico con qualche racconto su un’avventura delle sue? Piermacchié, amato e odiato, girovaga insieme al suo fidato compagno di peripezie costruito con le sue stesse mani, Chiappariello, con il quale inizia una serie di scambi di battute e discorsi.
Piermacchié, il cui vero nome è Pierangelo Fevola, ha l’obiettivo di diventare a tutti gli effetti una nuova maschera napoletana: “Credo che, qualora dovesse succedere, avverrà solo una volta che sarò passato a miglior vita“. Il suo spettacolo ha inizio quando esce dalla porta di casa sua, nella zona di vico Nocelle, e termina quando è rientrato definitivamente. Sì, perché all’interno delle mura della sua dimora, Pierangelo ha costruito un mondo tutto suo. Ha messo mano a quella casa che un tempo era della nonna, trasformandola nel suo personalissimo habitat incantato.
Un grande albero in carta pesta che domina su entrambi i piani, un mini-teatro, una spirale sul soffitto e un mini-campo di calcetto e ben 13 mandolini al muro, in fila, uno dopo l’altro, e ognuno costruito dal nostro Piermacchié. In pochi lo sanno, ma Piermacchié, prima di essere un artista di strada con un sogno nel cassetto, è un violinista e mandolinista professionista, diplomato al Conservatorio di San Pietro a Majella, lì, dove i più grandi sono diventati insuperabili.
E’ qui che Fevola, 10 anni fa, ebbe l’illuminazione di svestire i panni di posteggiatore e trasformarsi in quelli di Piermacchié. Dopo anni e anni passati a suonare il mandolino e il violino, tra Napoli e l’estero, Australia, Svizzera e la Corsica, Piermacchié ha deciso di sfruttare il suo più grande talento. Quando gli abbiamo chiesto, come mai avesse deciso di diventare una maschera, infatti ha risposto: “Io suonavo e cantavo, ma la gente rideva. Quando domandavo come mai, mi veniva detto per via della faccia buffa”.
43 anni, spesso fuori alle porte di Castel dell’Ovo, o in giro per le strade del Centro o il Vomero, Piermacchié cerca di riportare il teatro in strada, proprio come le origini di quel Pulicinella, a detta sua inarrivabile, che era solito esibirsi a cielo aperto, raccontando le sue malefatte. Oggi, se c’è qualcuno che potrebbe essere definito una maschera a Napoli, quello è proprio Piermacchié.
Tutta colpa di un violino
Nato a Napoli, ma cresciuto a Monte di Procida, il suo obiettivo è sempre stato quello di conquistare Napoli. Vedeva il Vesuvio da un’altra prospettiva, pur sempre affascinante, e mirava alla vita dei napoletani veri. A 13 anni, imbattutosi in un’opera di Johannes Strauss, si innamorò del suono del violino. Chiese insistentemente lo strumento al padre, ma gli fu sempre negato. Così a 18 anni decise di costruirselo da solo. E così fece, contribuendo a dar crescere in lui la passione per la musica.
Durante gli anni all’Accademia di Belle Arti, Pierangelo era uno studente timido, ma che con archetto e violino in mano, riusciva a esprimersi completamente, risultando interessante anche agli occhi delle ragazze che fino a quel momento non lo avevano notato. Al Conservatorio, però, l’inaspettato: il violino passò in secondo piano e giunse il momento del mandolino.
Piermacchié, prima di diventare quello che è oggi, col suo cappello a forma di cilindro, dal quale fuoriesce una lava dorata che si stende sulla giacca, infatti è un artista a tutto tondo, che spazia dalla pittura all’artigianato, dal cantautorato alla drammaturgia. Canta, suona e, a volte, balla, distinguendosi per la sua ironia e le sue metriche, vere e proprie perle, che rammentano una Napoli che fu.
Quando vi imbattete in Piermacchié, non guardatelo come farebbe il primo dei giudiziosi: pensate che quello che state ammirando è un pezzo di storia, che in un modo o nell’altro fa della promozione della napoletanità la sua missione. “Sono diventato ciò che volevo vedere per le vie di Napoli“, dice Piermacchié. Ma in fondo ammettiamolo, se non esistessero personaggi del genere, Napoli non sarebbe la stessa.
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Il manviolino
Singolare tra i gadget di Piermacchié è certamente il manviolino. Si tratta di uno strumento ideato e realizzato da Fevola in persona, il quale è riuscito a costruirne anche uno in versione “elettrico”. Il manviolino è lo strumento con il quale è solito rallegrare i passanti, che non sanno che quello che la nostra maschera suona, non è altro che frutto del suo ingegno e della sua passione. Piermacchié è un artista a tutto tondo, appassionato d’arte e conoscitore profondo della tradizione musicale e teatrale napoletana.
Tra i suoi idoli Totò, il re delle maschere, di cui conosce i copioni a memoria, colui che attraverso la propria mimica facciale è riuscito a far sì che in molti lo mettessero sullo stesso piano del vecchio e caro Pulcinella.
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