Tra le tante storie legate al cristianesimo a Napoli, una delle più care è sicuramente quella che riguarda la Basilica di San Pietro ad Aram, dove si ritiene sia germogliato il primo seme di questo culto in città.
Secondo la leggenda, infatti, la chiesa custodirebbe l’altare usato da San Pietro durante la sua venuta a Napoli per celebrare la sua prima messa in città ed in occasione della conversione di Santa Candida e Sant’Aspreno, in seguito diventato il primo Vescovo di Napoli.
Lo storico Gennaro Aspreno Galante, che scrisse nel 1872 una Guida Sacra della città di Napoli, parlando della chiesa di San Pietro ad Aram dice: “tra i luoghi più sacri che venera la devota Napoli, merita certamente il primato questo tempio“.
La culla del Cristianesimo a Napoli: la Basilica di S.Pietro ad Aram
Lungo Corso Umberto I, nel cuore di Napoli, nei pressi della Duchesca, si trova un edificio giallo, che sembra ottocentesco, ma che in realtà è uno dei luoghi più antichi della città: è la Basilica di San Pietro ad Aram.
Secondo la tradizione qui si fermò l’apostolo Pietro, in viaggio verso Roma tra il 43 e il 44 d.C., per celebrare una messa. A suffragare la tradizione, c’è un affresco del Cinquecento, attribuito a Girolamo da Salerno, che ricorda l’episodio nel vestibolo della chiesa stessa.
Il termine “aram” si riferisce all’altare originale, il cosiddetto Ara Petri, conservato sotto l’affresco sul quale il discepolo di Gesù avrebbe celebrato l’eucarestia, evento cruciale che ha gettato le basi della cristianizzazione della città.
Viste le particolari origini della chiesa, papa Clemente VII concesse di celebrarvi il Giubileo nell’anno successivo a quello di Roma. Cosi, Napoli ebbe la possibilità di organizzare l’avvenimento nel 1526, nel 1551 e nel 1576. In seguito, papa Clemente VIII decise di abolire il privilegio concesso alla città.
Aspreno e Candida: i primi due battezzati a Napoli
Napoli fu importante crocevia per l’evangelizzazione del primo papa della Storia: si narra che, giungendo da Antiochia, il pescatore di Galilea approdò prima sulle coste sorrentine e poi a Napoli, dove affidò il messaggio cristiano – il cosiddetto “kerygma” – ad Aspreno, colui che divenne poi il primo vescovo cittadino ai tempi degli imperatori Traiano ed Adriano.
Grazie al prodigioso intervento di Pietro, Aspreno fu guarito da un male incurabile e si convertì al cristianesimo e una volta andato via l’apostolo, divenne pastore di una sempre più ampia comunità di fedeli e fece costruire l’edificio di Santa Maria del Principio, dove sarebbe sorta la basilica di Santa Restituita, ovvero l’attuale Duomo.
Alla sua morte, avvenuta al termine di una vita fatta di opere pie e miracoli, fu sepolto nelle catacombe di San Gennaro e poi traslato nella Stefanìa. Attualmente, nella Cappella del Tesoro c’è un suo busto d’argento e si ritiene che da qualche parte, sempre in cattedrale, vi sia il bastone con cui san Pietro lo guarì dai mali.
Un’altra “beneficiaria” delle opere del discepolo di Cristo fu l’anziana Candida, liberata da una terribile emicrania tramite esorcismo. Nei sotterranei di San Pietro ad Aram c’è tuttora un pozzo che porta il suo nome, la cui acqua – narravano i Napoletani di un tempo – era capace di guarire proprio i mal di testa.
Si dice che Candida abbia vissuto il resto della sua vita in quella cripta, ritirata in preghiera. In quegli stessi ipogei si sviluppò, dal Seicento in poi, il culto per le anime del Purgatorio, perpetuato fino al 1969, anno in cui il cardinale Ursi lo vietò.
Tale uso, in realtà, non è mai veramente fermato; c’è sempre stato qualche lumino acceso da coloro che riuscivano ad accedere agli ipogei colmi d’ossa e teschi.
Fonti: “Misteri e segreti dei quartieri di Napoli” – Marco Perillo
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