Non tutti sanno che, per un certo periodo, i re di Napoli (all’epoca ancora re di Sicilia) ebbero un importante possedimento anche in Grecia: si trattava dell’Acaia corrispondente, geograficamente, al Peloponneso. Il dominio del Regno su quei territori iniziò ai tempi di Carlo I, assumendo maggiore pervasività e concretezza sotto il regno di Roberto il Saggio, quindi dagli inizi del Trecento.
L’Acaia veniva governata, nominalmente, da vassalli della corona angioina. Nei territori dell’antico impero bizantino era presente un apparato amministrativo simile a quello europeo, derivante quindi dalle modifiche istituzionali avvenute dopo la conquista franca. I funzionari maggiormente presenti sul territorio dell’Acaia erano i baiuli, vicari dell’autorità centrale. Anche la corte d’Acaia aveva cariche non dissimili da quelle delle altre corti occidentali: sono attestati i ruoli di tesoriere, castellano, connestabile e logoteta.
L’economia del territorio, oltre ad alcuni segmenti produttivi legati all’industria tessile, era principalmente agricola. Anche in questo campo la dominazione angioina influenzò le realtà locali: vennero infatti impiantate in Acaia le masserie, strutture di organizzazione e coordinazione della produzione agricola tipicamente legate all’Italia meridionale. Il sistema produttivo delle masserie si deve principalmente a Federico II, che le rese maggiormente efficienti e produttive.
La carica preposta alla gestione della masseria era quella di maestro massaro che spesso, in Acaia, era affidata anche a Greci, maggiormente consapevoli delle contingenze agricole del loro territorio. Nel corso della dominazione angioina la città più importante in Acaia fu Clarenza, la quale divenne forse il porto più importante dell’Egeo latino.
A Clarenza risiedevano numerosi mercanti europei ed italiani, spesso attirati anche dall’importantissima fiera mercantile che vi si teneva annualmente, la fiera di San Demetrio, anch’essa una pratica commerciale mutuata dalle consuetudini europee e meridionali (si pensi, ad esempio, alla fiera di Salerno).
Il dominio angioino sull’Acaia, nonostante i buoni risultati conseguiti in campo amministrativo ed economico, fu sempre messo in discussione dai continui pericoli rappresentati dalle incursioni turche e da quelle catalane. I Turchi, ubicati all’epoca in vari principati indipendenti nell’Anatolia occidentale, rappresentavano un sempiterno rischio per i commerci visti i loro continui atti di pirateria. Furono tuttavia i Catalani ad esser forse il maggior pericolo per l’Acaia angioina.
A partire dalla seconda metà del Duecento una compagnia di mercenari catalani prese possesso del ducato d’Atene, corrispondente geograficamente all’Attica, precedentemente posseduto anch’esso da vassalli dei re di Napoli. Essa poi si mise sotto la protezione dei re aragonesi di Sicilia: da allora in poi la carica di “duca d’Atene” divenne una sorta di primogenitura per i futuri sovrani dell’isola.
Una presenza nemica così vicina portò sovente ad attacchi e azioni di pirateria, specialmente sull’istmo di Corinto, punto di raccordo tra le due regioni. Nonostante ciò il dominio angioino sull’Acaia continuò sino agli anni ’70 del Trecento, quando Giovanna I, incapace di mantenere un efficace controllo sul territorio vista la situazione politica estremamente travagliata del Regno, fu costretta a cederne i diritti di successione.
–Silvio Sannino
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