Non tutti sanno che fu proprio Carlo I d’Angiò ad utilizzare, per primo, il titolo di “re di Albania”. I legami tra l’Albania e il regno di Sicilia hanno i loro primordi sin dall’inizio dell’espansione normanna. Fu infatti Ruggero I che per primo, tra i dinasti meridionali, provò a togliere la regione all’impero bizantino. Ciò non deve stupire: l’Albania è incredibilmente vicina al nostro litorale, e l’instabilità politica che caratterizzò la regione la rese facile preda per le varie dinastie che si insediarono nel sud della Penisola.
Successivamente anche Manfredi di Svevia, figlio di Federico II, provò a porre sotto la sua influenza la regione balcanica. Dopo la sconfitta di Manfredi fu Carlo I d’Angiò che prese le redini dei progetti imperiali dell’ultimo Hohenstaufen. La principale zona soggetta al dominio angioino fu quella di Durazzo, che divenne la capitale amministrativa della regione. Il titolo di duca di Durazzo divenne la secondogenitura più importante del Regno assieme a quella di duca di Taranto.
Le due cariche erano inoltre strettamente legate: ai duchi di Taranto fu sovente affidata la prosecuzione delle imprese militari angioine sul fronte albanese, per il controllo del quale si portarono a termine anche alleanze matrimoniali: Filippo di Taranto sposò infatti Tamara, erede del despotato d’Epiro (denominazione di derivazione bizantina della regione) , nel 1294.
Fu forse per commemorare l’evento che Carlo II commissionò, presso gli orafi francesi della corte di Napoli, un meraviglioso pendente reliquiario a forma di foglia d’ulivo, sul quale spicca lo stemma degli Angiò-Taranto e quello del despotato d’Epiro: un’aquila bicipite dorata su sfondo rosso, elementi araldici di chiara derivazione bizantina, tuttavia incredibilmente simili all’odierna bandiera dell’Albania.
La visione imperiale portata innanzi da Carlo I prevedeva una conquista dell’intero Oriente, compresa Costantinopoli e del resto il progetto sembrò realizzabile quando, nelle mani della dinastia, caddero l’Acaia, il ducato d’Atene e l’Albania. Tuttavia la guerra del Vespro dirottò le risorse degli Angioini verso lo scontro con gli Aragonesi, prima di Catalogna e poi di Sicilia, portando anche alla perdita del ducato d’Atene e ad una generale retrocessione sul fronte orientale delle politiche angioine.
Le mire angioine sulla regione andarono quindi a ridimensionarsi, anche per l’entrata in azione di un ulteriore agente: il regno Serbo, che contese il territorio, già di per sé lacerato, tanto agli angioini quanto ai bizantini, antichi signori di quelle terre. L’Albania divenne quindi terreno di scontro tra queste tre potenze, teatro di conflitti che furono spesso causa di migrazioni di contadini albanesi nel nord della Grecia, le quali hanno lasciato alterne tracce nella documentazione dell’epoca.
Di fatto il controllo sul territorio albanese divenne, per gli angioini, una preoccupazione secondaria sin dal ‘300. Le zone su cui la dinastia aveva forte presa erano principalmente quelle del litorale adriatico, di grande importanza per controllare le rotte verso la Grecia, nonché quelle limitrofe a Durazzo, come già accennato capitale dei domini angioini nella regione.
Una stagione di campagne militari si ebbe attorno agli anni trenta del Trecento, quando da Napoli cercò di intervenire maggiormente sul territorio albanese contro le continue incursioni serbe. Ciò guadagnò alla casata d’Angiò un certo consenso da parte della nobiltà autoctona, tuttavia tale escalation della presenza angioina sul territorio fu di breve durata.
Con la morte di Roberto il Saggio e l’ascesa, sul trono di Sicilia, di Giovanna I, ebbe inizio un terribile periodo di discordia politica nel Regno. La dominazione angioina dell’Albania finì nel 1368, quando Carlo Thopia, potente condottiero albanese e vicario angioino in quelle terre, prese possesso della regione autoproclamandosi re d’Albania.
Nonostante la fine della dominazione angioina la storia dell’Albania fu per sempre mutata dall’influenza del Regno: la corte angioina influenzò la nobiltà albanese in campo militare, ideologico e culturale. Il cattolicesimo divenne uno dei culti più popolari della regione, precedentemente legata al mondo greco-ortodosso. Inoltre anche le arti figurative subirono l’ascendente dei modelli rappresentativi e iconografici provenienti dal sud Italia.
Lo stesso Carlo Thopia, in realtà, era discendente degli angioini di Taranto: i due casati si unirono infatti tramite vincoli matrimoniali. Anche nella perdita di quei domini fu comunque un monarca di sangue angioino a detenerne il controllo, pur slegando per sempre la corona d’Albania da quella di Napoli.
–Silvio Sannino
Bibliografia
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