Nella prima metà dell’Ottocento, a seguito della concessione delle licenze da parte di Ferdinando II di Borbone, gli acquaioli aprirono la propria “banca e ll’acqua“, chioschetti in cui si vendevano i diversi tipi di acque. Prima della concessione delle licenze, infatti, gli acquaioli vendevano le loro acque come ambulanti, aggirandosi tra i vicoli della città.
Gli acquafrescai e le mummarelle
Oggi possiamo fornirci comodamente e velocemente di acqua, acquistandola imbottigliata al supermercato. Naturalmente le cose in passato erano ben diverse: l’acqua era rifornita direttamente a casa delle persone dagli “acquaioli”, che risalivano e riscendevano in lungo e in largo la città con le loro mummarelle, l’anfora con cui veniva tenuta al fresco l’acqua.
Nella prima metà dell’Ottocento ci fu la svolta: Ferdinando II di Borbone concesse agli acquaioli licenze per aprire chioschi propri, chiamati “banca e ll’acqua“, che a differenza delle comuni banche, dispensavano frescura anzichè denaro.
Ogni acquafrescaio vendeva diversi tipi di acque: acqua ferrata, suffregna e quella ‘e Serino.
L’acqua ferrata veniva chiamata così perché lasciava sul beccuccio delle fontana delle parti rugginose. La più famosa sorgente di queste acque è al molo Beverello, che non a caso prende il suo nome proprio dalle fonti esistenti in zona.
L‘acqua suffregna (ovvero acqua sulfurea) proveniva dalle sorgenti vulcaniche flegree e vesuviane. Quest’acqua era molto tra le più preziose e con l’aggiunta di bicarbonato e limone, diventava una vera è propria gassosa, da bere esclusivamente a gambe aperte.
Infine l‘acqua ‘e Serino era leggera e dissetante ed ha alimentato per anni l’acquedotto cittadino.
‘E pigliat o cazz pa banca e ll’acqua
“‘E pigliat ‘o cazz pe ‘a banca e ll’acqua” è una colorita locuzione in dialetto napoletano che, teoricamente, significherebbe aver confuso il banchetto dell’acquaiolo con il membro maschile, ma idealmente andrebbe ad indicare in lingua napoletana il fatto di essersi sbagliati.
Così espressa non avrebbe tanto senso, ma il detto si è evoluto nel parlato, in quanto la locuzione originaria era “‘e pigliat o tram p’a banca e ll’acqua“. I chioschi degli acquafrescai erano, infatti, soliti decorarsi con lucine colorate e ciò li faceva assomigliare ai primi tram elettrici o i carretti allegorici.
Bibliografia
Amedeo Colella; Mille paraustielli di cucina napoletana; Cultura Nova; 2019
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