La nota strada del centro storico di Napoli, via San Biagio dei Librai, era la sede di un umile negozio di libri in cui lavorava Antonio Vico, padre di Giovanni Battista Vico, nato nel 1668, il quale, da lì a poco, nel mondo dei libri avrebbe ben presto costruito la sua carriera e fama.

Critico letterario, storiografo, oratore, letterato, insegnante, esperto di politica e di diritto, Giovanni Battista Vico rappresenta uno dei maggiori pensatori nella Napoli del primo ‘700.

Giovanni Battista Vico
Ritratto di Giovanni Battista Vico

La cultura nella prima metà del ‘700

Vico fu solo uno dei tanti studiosi del XVIII secolo ad interessarsi alla ricerca storica e all’erudizione. In Italia e in Europa, la sete di conoscenza, la voglia di ricercare la verità attraverso strumenti appositi, la spinta a ricostruire il passato al fine di poter meglio comprendere il presente, erano obiettivi comuni agli intellettuali del tempo.

Personalità diverse per indole e formazione erano accomunati, quindi, da interessi riguardo tutti i campi del sapere. Dalla politica si passava alla religione, dalle lettere all’economia e alla filosofia. Tutto ciò comportò il sorgere della corrente culturale dell’Illuminismo. Dal rifiuto del pensiero imposto (o dogma), cambiò il modo di rapportarsi con la realtà circostante. La si voleva comprendere a tutto tondo grazie alla propria ragione e alle proprie conoscenze tecnico-scientifiche.

Dunque, in un panorama culturale “mosso” ed eccentrico, in cui le capacità intellettive e razionali dell’uomo facevano da guida, la critica letteraria si occuperà specialmente del rapporto fra ragione e fantasia e sul ruolo del poeta nel mondo delle lettere del tempo.

Giovanni Battista Vico
Tipico salotto letterario al tempo dell’Illuminismo

Giovanni Battista Vico e la sua formazione autonoma

Fin da piccolo Vico, critico intellettuale napoletano più celebre fra tutti, fu in contatto con giuristi e filosofi che frequentavano gli ambienti delle librerie napoletane in cui lavorava suo padre, probabilmente influenzando la sua carriera e i suoi interessi lavorativi.

Studiò, però, in autonomia in quanto costretto a lasciare la scuola per la rottura del cranio provocata a seguito di una caduta. Infatti, si formò leggendo da autodidatta testi di filosofia antica e moderna, scrivendo poesie nello stile barocco fino ad avviarsi, poi, all’avvocatura.

Dopo essersi occupato di ricerche sulla poesia italiana e latina e aver preso parte a diverse Accademie del tempo, fondò una scuola di eloquenza in casa sua (dove viveva con la moglie dalla quale ebbe otto figli).

Nel 1708 pronunciò lì un’orazione che poi pubblicò nell’anno seguente, dal titolo “De nostris temporis studiorum ratione” (“L’attuale metodo di studio”). In questo discorso, Vico si scagliò contro il razionalismo cartesiano: sostenne che Cartesio non andava fatto studiare ai giovani a causa dei suoi princìpi eccessivamente astratti e troppo lontani dall’esperienza. Secondo Vico, ciò comportava una compromissione delle facoltà conoscitive ritenute tipiche dell’età giovanile, ovvero quelle legate al corpo e alla sensazione.

L’opera della vita: la Scienza nuova

Giovanni Battista Vico

Nel 1744, pochi mesi dopo la morte di Vico, venne pubblicato il suo capolavoro, nel quale dimostrava le sue conoscenze in tutti i campi del sapere. Per la prima volta venne, grazie a lui, intesa la storia come una vera e propria scienza, tramite l’indagine sullo sviluppo dei popoli.

Il principio di fondo dell’opera storiografica di Vico era quello di rendere consapevole l’uomo della storia civile e culturale di cui è artefice. La sua teoria, dunque, si basava sul criterio secondo cui la ricostruzione dei fatti storici può esser fatta solo grazie all’individuazione di quei principi mentali che gli uomini condividono e che, poi, si concretizzano in istituzioni ed usanze comuni a tutti.

Ad esempio, in tutto il mondo e in ogni popolo, seppure in maniere diverse, è sorto il culto religioso, l’usanza di seppellire i defunti, il diritto o l’istituzione del matrimonio. Secondo Vico, queste erano le realizzazioni tangibili delle comuni strutture di pensiero e delle circostanze spirituali collettivamente condivise dal genere umano.

Il ciclo storico secondo Giovanni Battista Vico

Vico cercò di risalire alle verità originarie dell’uomo suddividendo le tre età ideali dell’umanità (corrispondenti a distinte fasi delle civiltà): l’età degli dei, l’età degli eroi e l’età degli uomini.

La prima corrisponde al periodo in cui prevalgono i sensi e l’immaginazione, ovvero quella della fanciullezza. Il mondo è, in questa fase, piena di uomini giganteschi e forti, ma stupidi. La fantasia predomina, infatti, sul raziocinio. La seconda età, che rappresenta un progresso della società rispetto alla prima, è quella della giovinezza, dove, insieme alla fantasia prevalgono anche le passioni sulla razionalità. Solo nell’epoca moderna, ovvero nell’età dell’intelletto, si vive un tendenziale sviluppo mentale e intellettivo dell’umanità.

Purtroppo, però, Vico sostenne che più miglioravano le facoltà razionali degli uomini, più era inevitabile un progressivo incivilimento della società.

La natura de’ popoli prima è cruda, dipoi severa, quindi benigna, appresso dilicata, finalmente dissoluta.

SCIENZA NUOVA lxvii

Il processo degenerativo dell’uomo, corrispondente alla sua crescita intellettiva, tocca anche le istituzioni politiche e giuridiche. Dapprima i popoli vogliono costruire una società egualitaria, eliminando la monarchia, passando dalla repubblica aristocratica fino a quella popolare. Vi è poi, però, la degenerazione di questa in un’anarchia o in una repubblica popolare sfrenata, con la conseguenza che:

Le plebi, fatte accorte da’ propri mali, per tuovarvi rimedio vanno a salvarsi sotto le monarchie.

SCIENZA NUOVA, xcv

L’approdo monarchico, quindi, è il frutto di un moto circolare della storia, probabilmente guidato da Dio, il quale, indipendentemente dalle intenzioni umane, opera il corso storico.

Il destino della Scienza nuova

I tre volumi della Scienza nuova, composti fra il 1725 e il 1744, non ebbero alcuna notorietà per i successivi cinquant’anni (tant’è vero che l’opera non circolò mai fuori da Napoli prima del 1801).

Il mancato successo fu probabilmente dovuto alla mancanza di interesse del pubblico di lettori del tempo nei confronti dell’indagine sulle prime espressioni della civiltà.

A partire, invece, dagli albori del XIX secolo, la Scienza nuova si presenterà come un manifesto di critica storica e intellettuale, permettendo a Vico di guadagnarsi, inconsapevolmente, la fama eterna.

Bibliografia

G. Alfano, P. Italia, E. Russo, F. Tomasi, Letteratura Italiana, Dalle origini a metà Cinquecento, Mondadori, Milano, 2018.

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