Artemisia Gentileschi ritorna a Napoli dopo quattro secoli. L’opera La Maddalena di Sursock, realizzata proprio a Napoli nel primo decennio del ‘600 e custodita in Libano, rimase gravemente danneggiata dall’ormai famigerata esplosione del porto di Beirut. Oggi questo straordinario dipinto è protagonista della mostra “Artemisia Gentileschi – Un grande ritorno a Napoli dopo 400 anni“, allestita nel Chiostro Maiolicato di Santa Chiara, per la prima volta in assoluto, location di un evento espositivo.

Artemisia Gentileschi mostra

Artemisia Gentileschi: tra Roma e Napoli

La storia della pittrice, anzi, della “pittora” Artemisia Gentileschi tocca anche Napoli, e ricorda quella di un’eroina contemporanea. Artemisia è una donna che lotta per la propria indipendenza, per la propria affermazione in un mondo prevalentemente maschile, per la propria libertà al pari di un uomo. Figlia del noto pittore Orazio Gentileschi, Artemisia nacque a Roma nel 1593. Nel XVII secolo la futura Capitale era la città delle grandi famiglie nobiliari e dei Papi, dei Barberini e dei Giulio II. Erano questi i facoltosi committenti che chiamano a frotte artisti come Michelangelo e Raffaello, Caravaggio e Bernini. Qui Artemisia respirò a pieni polmoni arte, mostrando sin da giovanissima uno spiccato talento per la pittura. Al compimento dei diciotto anni, il padre Orazio la affiderà alla bottega di un altro artista, Agostino Tassi

È questo l’incontro che segnò e influenzò la vita della Gentileschi. Il Tassi, come emergerà dal noto processò che ne seguì, attirò la giovane nella sua camera da letto e ne abusò. 

La critica contemporanea vede in questo episodio, forse con troppa morbosità, il pathos da cui scaturiscono tante opere dell’artista. Tra tutte, Giuditta che decapita Oloferne. Datata 1613-14 (appena un anno dopo il processo contro il Tassi) una copia di quest’opera è custodita al Museo di Capodimonte. Molti vedono nella bella ed eroica israelita Giuditta che uccide il generale Oloferne, la stessa Artemisia Gentileschi che esorcizza attraverso l’arte il trauma subito. Ma quanto effettivamente questo evento influisce sul suo percorso artistico? 

Costantino D'Orazio
Costantino D’Orazio, curatore della mostra

«Io credo nulla – dice Costantino D’Orazio, Direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria e curatore della mostra – anche perché questi non sono soggetti che dipinge soltanto Artemisia. Artemisia risponde alle richieste del mercato. All’epoca non c’era la libertà di scegliere di dipingere un soggetto piuttosto che un altro. Era il mercato che richiedeva le “Giuditta che decapitano l’Oloferne” o le “Maddalene penitenti” o le conversioni della Maddalena. [Quella della mostra, ndr] Non è neanche la prima Maddalena che dipinge: ce n’è sicuramente un’altra che lei dipinge a Firenze.

Artemisia Gentileschi
La Maddalena di Artemisia Gentileschi al Chiostro di Santa Chiara

Artemisia Gentileschi e la critica moderna

È evidente che siamo stati noi moderni che abbiamo voluto sovrapporre i due personaggi: il personaggio dipinto e il personaggio artistico che è realmente esistito. Quindi io continuo ad affermare che lei è una straordinaria interprete di quelle che erano le iconografie più richieste dal mercato dell’epoca. Straordinaria non perché, attraverso queste opere, come spesso si dice, voleva prendersi la vendetta, la rivincita di quello che le era capitato. Ma perché in realtà lei riesce a costruire figure e soprattutto spazi attraverso i corpi di queste figure assolutamente inediti». 

La Maddalena di Sursock: un capolavoro ritrovato

Ed è ciò che Artemisia Gentileschi fa anche con la Maddalena di Sursock. Le volumetrie del corpo danno profondità all’immagine, e invitano lo spettatore in una prospettiva frontale che parte dalle gambe del soggetto. Qui la Maddalena è ritratta nell’esatto momento della conversione, dato dal movimento della preziosa collana di perle spezzata al collo. La donna l’ha evidentemente strappata con forza, e le scende lungo il décolleté e le sontuose vesti gialle e blue. Colori, questi, che rimandano alle esperienze romane e fiorentine dell’artista. A Napoli l’artista recepirà completamente l’influenza caravaggesca, con la potenza del chiaroscuro e una tavolozza di colori più densa e corposa. 

La figura della Maddalena è la seconda della cristianità più rappresentata dopo la Vergine. Non è un caso che è anche l’icona più riprodotta all’interno del Chiostro di Santa Chiara. La Gentileschi dialoga così con un affresco realizzato da mano ignota, i cui registri paga attribuirebbero ad un certo Gennaro Fierro Dipintore Ornamentalista

Il Chiostro Maiolicato di Santa Chiara: una location d’eccezione

Costruito tra il 1310 e il 1340 per volere dei sovrani angioini, comprende un monastero, una basilica e un convento dedicati all’ordine francescano. La chiesa, a due passi dal “pallonetto”, inizialmente chiamata Ostia Santa, fu rinominata Santa Chiara e subì trasformazioni barocche nel ‘700, rimosse dopo i bombardamenti del 1943, ripristinando lo stile gotico. 

Iole Siena, Presidente del Gruppo Arthemisia

Iole Siena racconta la mostra

Noto soprattutto per le sue colorate maioliche realizzate dalla Bottega Massa, il Chiostro di Santa Chiara si apre per la prima volta alla possibilità di un’esposizione, e lo fa grazie al prestigioso Gruppo Arthemisia, che l’anno venturo porterà un progetto più ampio. Ce ne parla Iole Siena, Presidente di Arthemisia, ribattezzata dalla stampa di settore Lady Mostre: «Ci dobbiamo aspettare bellissime cose – ci anticipa – dopo questa prima di Artemisia, a marzo del 2025, anche in occasione dell’ottocentesimo anniversario del Cantico delle Creature, faremo una mostra su Santa Chiara e San Francesco, inedita, mai fatta, realizzata per la prima volta in collaborazione con la Galleria Nazionale dell’Umbria. Porteremo opere bellissime in uno spazio più grande rispetto a quello dedicato all’Artemisia, sarà una gran bella cosa, con grandi artisti». 

Artemisia Gentileschi a Napoli: un ritorno simbolico

Non è una scelta casuale, quella di portare la Maddalena di Artemisia Gentileschi proprio a Santa Chiara: «Sembra l’incastro perfetto nel senso che quest’opera è stata fatta, appunto, da Artemisia nel 1630 a Napoli poi per una serie di vicissitudini, peripezie, è passata dalla Collezione dei Serra di Cassano a quella dei Sursock-Cochrane in Libano e in Libano. È rimasta a Beirut, a Palazzo Sursock fino a quando nell’agosto del 2020 c’è stata un’esplosione del noto fatto di cronaca a Beirut e il Palazzo è stato danneggiato e anche parzialmente l’opera.

Il restauro della Maddalena di Sursock

Dopodiché quest’opera è stata restaurata in Italia e torna oggi nella sua forma più splendida, come Artemisia l’aveva concepita e realizzata e torna a Napoli dopo 400 anni. Quindi già questa cosa di per sé è una grande notizia. Oltre a questo, abbiamo deciso di portarla qui, al Monastero di Santa Chiara, che è il posto più bello di Napoli, ma è anche uno dei posti più belli al mondo. E ha molto senso che sia portata qui, dove c’è un grande affresco che ritrae una Maddalena: non si sa chi l’ha fatta, c’è qualche supposizione, ma, ahimè, si sono perse tracce dell’autore, realizzata nel 1700. E quindi abbiamo esposto questa Maddalena di fronte a una Maddalena settecentesca, realizzata circa cento anni dopo quella di Artemisia». 

Artemisia, artista napoletana

Artemisia Gentileschi, riconosciuta come un’artista napoletana a tutti gli effetti, nasce e inizia la sua carriera a Roma. È qui che vive la sua tragedia personale e, dopo il processo, decide di trasferirsi a Napoli. La città partenopea rappresenta per lei una rinascita artistica: è a Napoli che Artemisia trova la sua massima espressione creativa, realizza le sue opere più importanti e conquista le corti europee. Napoli, tappa artistica fondamentale nella vita di Artemisia, ma cosa significa invece per Arthemisia?

Arthemisia: un impegno per Napoli

«Qui noi abbiamo un pezzo grande di cuore: abbiamo iniziato tanti anni fa la nostra storia con Napoli, abbiamo portato una mostra di Escher al PAN che ha segnato un record in questa città [oltre 100.000 visitatori, ndr], poi una collaborazione bellissima con la Basilica della Pietrasanta dove abbiamo realizzato due mostre meravigliose, una di Chagall e una di Warhol. Il programma era di continuare ma, ahimè, siamo stati interrotti dal COVID e quindi c’è stata un po’ una battuta d’arresto. Oggi però più che mai con questo ritorno vogliamo proprio tornare fortemente a Napoli, riportare qui le grandi mostre». 

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