Napoli – 28 marzo 1943. Un boato immenso, un’onda d’urto che squarcia il cielo e la città, centinaia di vittime, migliaia di feriti, interi quartieri sventrati. È questo il drammatico bilancio dell’esplosione della motonave Caterina Costa, una delle tragedie più gravi e misteriose della Napoli del secondo conflitto mondiale.

Caterina Costa

I fatti dietro la strage della Caterina Costa

È una domenica pomeriggio quando, nel porto di Napoli, attraccata al molo 21, la Caterina Costa, una grande motonave italiana da oltre 8.000 tonnellate, prende fuoco improvvisamente. L’imbarcazione è carica fino all’orlo di esplosivi, carburante, munizioni e carri armati destinati alle truppe italiane in Tunisia. Le fiamme si propagano in pochi minuti e raggiungono le stive, un’esplosione devastante scuote l’intera città, provocando una strage.

L’onda d’urto è così potente da sollevare in aria vagoni ferroviari, capovolgere camion e scagliare detriti a chilometri di distanza. Un grosso pezzo della nave finisce su un tetto a via Duomo. Le finestre tremano fino a Capodimonte, mentre in Piazza Municipio le auto vengono ribaltate come fuscelli.

Il bilancio della Caterina Costa

Il bilancio ufficiale parla di circa 600 morti e oltre 3.000 feriti, ma alcuni storici ritengono che il numero reale sia molto più alto, dato il caos e la censura militare. Tra le vittime si conta anche il Generale Ettore del Tetto, comandante del presidio militare, che cercava di coordinare le operazioni di spegnimento. Molti soldati, portuali, vigili del fuoco e civili accorsi per prestare aiuto sono rimasti intrappolati nell’inferno di fuoco.

Interi edifici nei pressi del porto crollano o vengono devastati. L’ospedale Loreto Mare è trasformato in un lazzaretto di guerra, con medici e infermieri che lavorano ininterrottamente per giorni.

L’inchiesta e i dubbi della strage della Caterina Costa

Le autorità fasciste parlarono inizialmente di un “tragico incidente”, causato forse da una sigaretta accesa o da un errore nelle operazioni di carico. Ma fin da subito emersero dubbi e sospetti. Si parlò di sabotaggio, forse ad opera di partigiani, servizi segreti alleati o persino di frange interne alla marina italiana contrarie alla guerra.

Alcuni testimoni raccontarono di aver visto figure sospette aggirarsi attorno alla nave poco prima dell’incendio. Altri sostengono che i controlli di sicurezza fossero stati inspiegabilmente allentati. Nessuna versione ufficiale convinse davvero, e il caso fu archiviato nel silenzio e nella confusione della guerra.

Un’eredita’ di sangue e mistero

Oggi, l’esplosione della Caterina Costa resta una delle pagine più dolorose e dimenticate della Napoli del ‘900. Una ferita aperta, nascosta per anni sotto le macerie del regime e della guerra, che torna alla luce grazie al lavoro di storici e testimoni.

A ricordarla resta una lapide al Porto di Napoli e la memoria di chi ha vissuto quei terribili momenti. In un tempo in cui le bombe piovevano dal cielo ogni giorno, quella venuta dal mare fu tra le più feroci e inspiegabili.

Sitografia


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