3 ottobre 1943. In una cittadina campana stremata dalla guerra e dalle occupazioni, si consuma uno dei crimini più efferati commessi sul suolo italiano durante la Seconda Guerra Mondiale: la strage di Acerra. Un atto di brutale rappresaglia nazista che costò la vita a 88 civili innocenti, tra cui donne, anziani e bambini.

Il contesto della strage di Acerra

Nel settembre del 1943, dopo l’armistizio dell’8 settembre e lo sbarco degli Alleati a Salerno, la Germania nazista decide di occupare militarmente l’Italia, considerata ormai un ex alleato traditore. Napoli e le zone limitrofe vivono settimane di caos, mentre i partigiani e la popolazione insorgono (culminando nelle celebri Quattro Giornate di Napoli), i nazisti reagiscono con ferocia.

Acerra, situata in una zona strategica tra Napoli e Caserta, diventa terreno di passaggio per le truppe tedesche in ritirata verso nord. Il paese, già provato dai bombardamenti e dalla fame, ospita numerosi sfollati. Ed è proprio in questo clima che si consuma la tragedia.

La strage di Acerra

Il 1° ottobre 1943 Acerra viene raggiunta da reparti della Panzer-Division Hermann Göring, una delle più violente divisioni dell’esercito nazista. I tedeschi accusano la popolazione di aver attaccato alcuni convogli, forse con armi leggere o con azioni di sabotaggio. Nonostante l’infondatezza dell’accusa, decidono di dare una lezione esemplare.

Il 2 ottobre iniziano le perquisizioni, le minacce, gli arresti. Il giorno successivo, il 3 ottobre, la rappresaglia esplode nella sua forma più crudele: case incendiate, civili fucilati nelle strade, famiglie sterminate nelle loro abitazioni.

Tra le vittime, un’intera famiglia di contadini arsi vivi, bambini abbattuti mentre cercavano rifugio sotto i letti, anziani incapaci di fuggire. I soldati non risparmiano nessuno, neppure una donna incinta, uccisa insieme al marito. Il centro storico del paese viene dato alle fiamme dalle truppe naziste. Oltre ottanta i civili uccisi. La vittima più giovane è Gennaro Auriemma, appena un anno di vita. Si tratta di una delle più gravi stragi compiute dall’esercito tedesco nel Sud Italia durante la Seconda guerra mondiale.

Molti dei corpi vengono gettati in una fossa comune scavata in fretta nella piazza del paese. Il sangue macchia le strade, il silenzio cala su una comunità annientata.

Strage di Acerra

Il dopo

Quando gli Alleati entrano ad Acerra pochi giorni dopo, trovano una città in ginocchio. I sopravvissuti raccontano tra le lacrime l’orrore vissuto, ma la tragedia resta a lungo ignorata dalla storiografia ufficiale, oscurata dalle battaglie militari e dalle dinamiche politiche del dopoguerra.

Solo decenni più tardi, grazie all’impegno di storici locali, testimoni e associazioni, la strage di Acerra torna alla luce. Nel 2004 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha riconosciuto pubblicamente l’eccidio, conferendo al Comune la Medaglia d’Oro al Merito Civile.

Una memoria che resiste

Oggi, ad Acerra, una lapide e un monumento ricordano quei giorni di terrore. Ogni anno, il 3 ottobre, la comunità si raccoglie in silenzio per ricordare i suoi morti e per testimoniare che la memoria è l’unico argine contro il ripetersi dell’orrore.

“Bruciarono le case, ammazzarono la gente come se fosse bestiame. Noi bambini eravamo nascosti in cantina, e pregavamo che finisse in fretta” – testimonianza di un superstite raccolta anni dopo.

La strage di Acerra resta uno degli atti più gravi di violenza nazista sul territorio italiano. Un atto che non fu militare, ma puramente punitivo. Un massacro compiuto per seminare il terrore. E che oggi, più che mai, merita di essere ricordato.

Sitografia


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