Napoli, 11 giugno 1946. Nel cuore di Napoli, in via Medina, si consumò una delle pagine più tragiche e dimenticate del dopoguerra italiano.
Strage di via Medina
Durante una manifestazione monarchica, le forze dell’ordine aprirono il fuoco sui manifestanti, provocando la morte di nove giovani e il ferimento di oltre un centinaio di persone. Questo episodio, noto come la “strage di via Medina“, rappresenta un simbolo delle tensioni politiche e sociali che attraversarono l’Italia nel periodo post-bellico.

Il contesto storico
Il referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946 sancì la nascita della Repubblica Italiana, con oltre 12 milioni di voti favorevoli e circa 10 milioni per la Monarchia. Tuttavia, i risultati furono contestati da molti monarchici, soprattutto nel Sud Italia, dove la fedeltà alla Corona era ancora molto radicata. Napoli, in particolare, aveva espresso un sostegno massiccio alla Monarchia, con l’83% dei voti a favore del Re. La notizia della vittoria repubblicana suscitò forti reazioni e manifestazioni di protesta in tutta la città.
Gli eventi dell’11 giugno
L’ 11 giugno, mentre si attendeva la proclamazione ufficiale dei risultati del referendum, un corteo monarchico si radunò in via Medina, dove si trovava la sede del Partito Comunista Italiano. Secondo alcune fonti, la sede espose una bandiera tricolore priva dello stemma sabaudo, un gesto interpretato dai monarchici come una provocazione. Il corteo cercò di avvicinarsi alla sede del PCI, ma fu bloccato dalle forze dell’ordine, tra cui gli “ausiliari di pubblica sicurezza”, un corpo paramilitare creato dal ministro dell’Interno Giuseppe Romita, composto in gran parte da ex partigiani di orientamento socialista o comunista. Secondo alcune testimonianze, l’ordine dato alle forze dell’ordine fu di “sparare a vista” sui manifestanti. La situazione degenerò rapidamente, con le forze dell’ordine che aprirono il fuoco sulla folla.
Le vittime della strage di via Medina
Giovani manifestanti persero la vita durante gli scontri. Tra le vittime vi erano:
Ida Cavalieri (19 anni), studentessa, investita da un’autoblindo delle forze dell’ordine.
Vincenzo Di Guida (20 anni), marinaio della Regia Marina, colpito alla nuca.
Gaetano D’Alessandro (16 anni), ucciso durante gli scontri.
Mario Fioretti (21 anni), marinaio, colpito da una raffica di mitra mentre cercava di impossessarsi della bandiera tricolore.
Michele Pappalardo (22 anni), colpito durante gli scontri.
Francesco D’Azzo (21 anni), ucciso durante gli scontri.
Guido Beninati, ucciso durante gli scontri.
Felice Chirico, ucciso durante gli scontri.
Carlo Russo (14 anni), colpito alla testa durante gli scontri.
Ciro Martino.
Molti altri manifestanti rimasero feriti, alcuni gravemente. Le forze dell’ordine utilizzarono anche autoblindo per disperdere la folla, aumentando il numero di vittime e feriti.
La repressione e le sue conseguenze
Gli scontri di via Medina furono solo uno degli episodi di violenza che segnarono quei giorni a Napoli. Nei giorni successivi, si registrarono altre manifestazioni monarchiche, anch’esse represse con violenza dalle forze dell’ordine. Il 13 giugno, l’ex Re Umberto II lasciò l’Italia, andando in esilio in Portogallo, segnando simbolicamente la fine della Monarchia in Italia.
La strage di via Medina rimase a lungo un episodio dimenticato dalla storiografia ufficiale. Solo negli ultimi decenni, grazie a ricerche storiche e testimonianze, è stato possibile ricostruire con maggiore precisione gli eventi di quel giorno e rendere giustizia alle vittime.
Conclusione
La strage di via Medina rappresenta un capitolo doloroso della storia italiana, segnato da divisioni politiche, violenza e repressione. Oggi, è importante ricordare questi eventi per comprendere appieno le difficoltà e le tensioni che caratterizzarono la nascita della Repubblica Italiana. Solo attraverso la memoria e la conoscenza storica possiamo evitare che simili tragedie si ripetano in futuro.


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