Era il 21 maggio 1915 quando fu ucciso in un caffè di Haarlem Giosuè Gallucci, meglio conosciuto come Lucariello, il capo della Camorra newyorkese.
Quel giorno finì un conflitto cominciata pochi anni prima fra i due grandi gruppi criminali meridionali: la guerra fra Mafia e Camorra fu infatti un conflitto nato dalla crescita delle attività criminali sul suolo statunitense, tanto non poter tollerare più una convivenza dei due gruppi criminali sullo stesso suolo. Era tempo di decretare un solo re e fondare un impero criminale sul modello Italiano, che nel frattempo proprio a Napoli i Carabinieri stavano smembrando.
Giosuè Gallucci, il capo della camorra newyorkese
Andando un po’ indietro nel tempo, Gallucci nacque a Napoli nel 1864 (altre fonti indicano il 1863). Poco si sa della sua vita, ma è certo che, dopo una vita di crimini fra i bassi della Vicaria (condannato nove volte per ricatti, furti, lesioni e trasgressioni della sorveglianza speciale di polizia), assieme ai suoi fratelli Vincenzo, Francesco e Gennaro emigrò in America nel 1896 assieme a tanti altri napoletani in cerca del sogno americano. Quella di metà\fine ‘800 la ricordiamo infatti come la prima grande emigrazione degli italiani nelle americhe.
Già Marc Monnier menzionò Lucariello nel libro “La Camorra: notizie storiche raccolte e documentate”, spiegando il sanguinoso patto criminale che aveva stretto con i suoi fratelli nel sovrastare i commercianti napoletani con minacce ed estorsioni. A suo avviso “i fratelli Gallucci appartenevano alla classe dei camorristi accoltellatori e più corrivi alle mani”. All’epoca lo scrittore svizzero non aveva la più pallida idea della fama che il criminale napoletano avrebbe acquisito negli Stati Uniti.
Giosuè, in effetti, si distinse subito per le sue tendenze violente e criminali già pochi anni dopo il suo arrivo a New York, quando uccise l’amante Josephine Inselma e, dopo una indagine del detective Joe Petrosino in collaborazione con il prefetto di Napoli, venne a galla il passato criminale suo e dei suoi fratelli, che furono presto uccisi da “un’altra società segreta italiana simile alla Mafia”, stando alle dichiarazioni del New York Sun del 29 aprile 1899.
Come di consueto per molti esponenti della camorra, Gallucci aprì un negozio a Mulberry Street (sede storica dei napoletani a New York) come copertura per le sue attività losche che comprendevano spaccio di droga, usura e bische clandestine, le attività più redditizie per i criminali italiani dell’epoca.
Rispetto ai camorristi “ordinari”, però, Gallucci mostrò presto un finissimo spirito imprenditoriale e cominciò ad acquistare varie imprese locali, fra panifici, venditori di ghiaccio e legname, oltre ad aver monopolizzato il business della lotteria italiana, da sempre attività redditizia. Di lì, estese il suo controllo sul mercato della verdura d’importazione dall’Italia, principalmente la vendita di carciofi: qualunque attività mercantile all’interno della Italian Harlem e di Little Italy passava per le mani di Gallucci tramite tangenti ed estorsioni di denaro.
Esportando usanze italiane: il voto di scambio
La mossa geniale, primo fra tutti i criminali immigrati a pensarla, fu l’alleanza con la dubbia società “Tammany Hall”, che era una organizzazione strettamente collegata al Partito Democratico che forniva assistenza legale agli immigrati, spesso facilitando l’ottenimento della cittadinanza statunitense. Questi servigi erano però ricambiati con la richiesta di voti per i candidati dei democratici americani che, con questo gioco, diventavano amministratori della città di New York. Allo stesso modo, i collegamenti fra Gallucci e la politica newyorchese garantirono praticamente l’impunità per lungo periodo al camorrista, tanto da farlo soprannominare “Il sindaco di Little Italy” per il suo potere politico e criminale.
Gallucci fu anche accusato dall’opinione pubblica di essere il capo della Black Hand, ma non fu affatto così. Addirittura lui stesso fu preso di mira dalla Mano Nera per mano di tale Aniello Prisco ed i fratelli Del Gaudio, che gli inviarono più volte lettere minatorie. Del Gaudio fu ucciso nel 1914 e Prisco immediatamente dopo, ma la guerra fra famiglie napoletane stava per segnare il punto di rottura della Camorra americana: dopo una serie di attentati scampati, Gallucci affrontò il suo fato e fu ucciso assieme al figlio Luca in una sparatoria il 24 maggio 1915 (la data riportata sull’articolo del New York Herald è scorretta). Appena un giorno prima, appunto, si raccontava delle indagini della polizia sul suo giro.
La guerra fra Mafia e Camorra
Il suo immenso potere, al momento della morte, fu completamente assorbito dalla famiglia siciliana Morello, che allargò l’influenza criminale nelle zone storicamente napoletane, tanto da convincere i siciliani a tentare di conquistare il monopolio del racket a New York.
I rapporti fra Mafia e Camorra, fino alla morte di Gallucci, erano di pacifica coesistenza e le due associazioni criminali si dividevano equamente il controllo delle attività criminali in città finché, per la fame di potere del clan mafioso Morello-Terranova, nativo di Corleone, cominciò una serie di omicidi a danno dei clan napoletani che controllavano il gioco d’azzardo a Manhattan.
Di lì si crearono due fazioni con la famiglia Morello-Terranova per i mafiosi e Morano-Vollero per i camorristi: si susseguirono nella cronaca nera decine di morti nella faida fra le due società criminali, con il 1916 che vide un vero e proprio massacro di italiani in terra americana.
Ralph El Barbero e la fine della camorra
Fu però una soffiata di un piccolo cacciatore di taglie a distruggere la Camorra in America: il paganese Alfonso Pepe soprannominato “Ralph El Barbero“.
Dopo un dissidio con il camorrista Vollero per questioni di denaro, si vendicò consegnandosi alla polizia come delatore e rivelando dettagliatamente tutti i rapporti e le sedi in cui operavano i camorristi.
Pellegrino e Morano furono condannati all’ergastolo, mentre Vollero fu condannato a morte: la polizia aveva devastato l’ultima famiglia della Camorra americana grazie alla testimonianza di un piccolo e vendicativo criminale, lasciando campo libero alla Mafia sull’intero suolo newyorchese.
E così, con la definitiva sconfitta dei clan napoletani anche nella giovane America, sembrava definitivamente smembrata la criminalità organizzata napoletana. Qualche anno dopo questi eventi, a Roma, Mussolini dichiarò “definitivamente estirpato” il fenomeno camorrista dal mondo.
Purtroppo il tempo non gli ha dato ragione.
-Federico Quagliuolo
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