La cappella Caracciolo del Sole, ubicata presso San Giovanni a Carbonara, costituisce forse uno dei gioielli più brillanti dell’arte tardo-gotica e rinascimentale a Napoli, nonché uno dei pochi esempi di arte pittorica e scultorea di periodo durazzesco e aragonese giunto sino a noi con alterazioni relativamente scarse. La sua realizzazione, che probabilmente vide avvicendarsi numerosi artisti tra gli anni 20′ e gli anni 40′ del 1400, si deve principalmente alla volontà di Sergianni Caracciolo, il cui sepolcro (sul quale ci soffermeremo più innanzi) troneggia in posizione centrale sulla parete della cappella.
La cappella Caracciolo del Sole fu infatti costruita grazie alle donazioni di quest’ultimo. In tal senso rappresenta il tipico esempio di un edificio di culto, quindi uno spazio pubblico, costruito per l’autocelebrazione di una famiglia gentilizia. Tant’è che, probabilmente, nelle intenzioni originali di Sergianni, la cappella avrebbe dovuto essere sede del coro del convento eremitico.
Appare inoltre non casuale il posizionamento della cappella della famiglia Caracciolo dietro l’altare del complesso religioso, e quindi alle spalle della tomba di Ladislao d’Angiò. Il re, che rese Sergianni gran connestabile del Regno per via dei suoi meriti militari, era ormai divenuto una figura di spicco nella memoria storica della dinastia durazzesca. Il poter vantare di aver servito il Regno sotto la sua guida era quindi un grande onore, la cui commemorazione era doverosa in un monumento celebrativo della famiglia Caracciolo.
Sergianni Caracciolo, gran siniscalco del Regno sotto Giovanna II, fu uno dei personaggi più influenti del periodo, paradigmatico esempio di un esponente di una famiglia patrizia che, grazie al servizio reso al Regno e alle sue virtù personali, ascese a cariche di grande importanza. Fu il suo legame con la regina, forse non solo politico, a destare i maggiori sospetti presso la corte napoletana, che portarono infine ad una congiura e al suo assassinio.
A lui successe il figlio Troiano Caracciolo, sia alla guida della famiglia nobiliare che nella costruzione della cappella, e a quest’ultimo, Marino Caracciolo.
Dopo l’assassinio di Sergianni la famiglia Caracciolo dovette affrontare duri travagli per poter tornare alla ribalta nella vita pubblica del Regno: minacciati persino di esproprio dei beni e damnatio memoriae da un processo intentato dai congiurati contro la memoria di Sergianni per lesa maestà, il loro completo reinserimento nella vita pubblica del Regno si ebbe solo con l’ascesa al trono di Alfonso il Magnanimo.
Forse proprio a questo reinserimento si deve la presenza, all’interno del ciclo pittorico, dietro la tomba di Sergianni, di due cortigiani vestiti con la divisa verde di casa Aragona “come è descritta dalle cronache del corteo che accompagnò l’ingresso di Alfonso in città” (Tufano, 2015).
La cappella Caracciolo del Sole è costituita da “un vano a pianta centrale, saldato al presbiterio, con sviluppo parietale cilindrico e volta a cupola” (Tufano, 2015). Salvo la volta, crollata e riedificata una prima volta nel diciassettesimo secolo, una seconda dopo la seconda guerra mondiale, l’architettura dell’edificio è giunta sino ai giorni nostri con ben poche modifiche rispetto al quindicesimo secolo.
Ciò che più stupisce sotto tale punto di vista è forse il pavimento, probabilmente unico per stato di conservazione: costituito di maioliche napoletane del 400′, di meravigliosa fattura e difficilissima reperibilità. Imitazioni di esse sono osservabili sul pavimento del museo Filangieri, esemplari di singole maioliche sono esposti al Louvre (sezione arti decorative) o al British Museum, ma interi pavimenti in maiolica quattrocentesca integralmente conservati si contano sulle dita di una mano.
Le maioliche risultano dipinte con diversi motivi: decorazioni floreali, raffigurazioni di animali (principalmente leoni rampanti, simbolo della casata) , ritratti di uomini in abiti dell’epoca, o con la lettera “M”, iniziale del sopracitato Marino Caracciolo, il cui loculo, coperto con una lapide in marmo meravigliosamente decorata, si trova nella pavimentazione, antistante la tomba di Sergianni.
Il ciclo di affreschi parietali, di meravigliosa mano e conservazione, risulta opera di tre autori: Pierinetto da Benevento (che dipinse il primo ciclo di scene di con tematica eremitica), Leonardo da Besozzo ( che dipinse il ciclo di affreschi dedicati alla vita della Vergine) e Antonio da Fabriano (autore di vari santi e apostoli che attorniano la cappella).
Appare curiosa la presenza, nel ciclo di affreschi riguardanti la vita della Vergine, di vari membri della famiglia Caracciolo, tra cui lo stesso Sergianni. Tale usanza, non inconsueta all’interno dell’arte pittorica medievale, aveva lo scopo di celebrare ulteriormente la memoria del casato, immortalando vari suoi appartenenti in scene religiose come atto di devozione.
Il monumento funebre di Sergianni Caracciolo troneggia in posizione centrale sulla parete posteriore della fabbrica: fu realizzato da Andrea da Firenze, che probabilmente andò a continuar il lavoro di un ignoto artista lombardo. La sua composizione risulta oltremodo peculiare per i canoni compositivi dei monumenti funebri dell’epoca. Innanzi tutto il sepolcro è sorretto da cinque figure di cavalieri armati; cosa insolita: i sepolcri, nella tradizione funeraria angioina, erano solitamente sorretti da rappresentazioni scultoree delle virtù.
La centrale di queste statue, sul cui viso è scolpita una folta barba, si presenta armata di clava: entrambe queste caratteristiche risultano tipiche delle rappresentazioni erculee. La presenza di queste cinque pseudo-cariatidi risulta quindi legata alla celebrazione delle virtù militari e cavalleresche di Sergianni.
Il sepolcro presenta scolpito sulla fiancata centrale lo stemma dei Caracciolo del Sole: un leone rampante al centro di un sole. Esso, posto in una corona d’alloro, è sorretto da due geni alati, a loro volta attorniati da due piccole sculture rappresentanti San Michele, ulteriore rimando, persino nella sfera religiosa, alle virtù militari del Sergianni: “la duplice presenza dell’arcangelo Michele, particolarmente caro all’iconografia meridionale, durazzesca e aragonese, richiama invece esplicitamente la vocazione militare del regis servitium nobiliare” (Tufano, 2015).
Al di sopra di questa scena è presente un’epigrafe dedicatoria, scritta da Lorenzo Valla e probabilmente commissionata da Marino Caracciolo. Nel testo è proprio Sergianni a parlare in prima persona, rivolgendosi a re Ladislao: “nei primi sei versi si rivolge, in una sorta di dialogo tra strutture architettoniche, al re Ladislao posizionatogli di fronte (te […] Cesar)” (Tufano, 2015).
Rivolgendosi al monarca sotto il quale militò e che per primo lo elevò ad alte cariche pubbliche, Sergianni (tramite le parole del Valla) celebra la sua carriera pubblica, atta a difendere il regno e servire il suo re, stroncata da una ingiusta congiura. L’epigrafe cementa quindi la memoria storica della famiglia che, riammessa nell’agone politico dopo l’ascesa degli aragonesi, porta in un contesto pubblico la sua versione dei tumultuosi avvenimenti che videro l’ascesa e la morte di Sergianni.
Al di sopra dell’epigrafe troneggia una statua stante dello stesso Sergianni, ultima grande peculiarità del monumento funebre. Le statue dei defunti, solitamente, erano ritratte stese sul sepolcro. Se paragonato al sepolcro di re Roberto d’Angiò, che in esso fu raffigurato non solo disteso, ma persino in abiti da francescano (quantomeno nel gisant) la differenza risulta quasi stridente.
La statua, attorniata da due colonnine con raffigurazioni scultoree delle virtù e, ai piedi di Sergianni, due leoni con elmo, conserva ancora oggi tracce dei colori originali. Il monumento funebre, di per sé curiosamente sprovvisto di scene propriamente devozionali (altra anomalia rispetto alla monumentalità funebre angioina) costituisce una celebrazione delle virtù pubbliche e militari di Sergianni nonché, assieme al resto della cappella Caracciolo del Sole, una celebrazione dell’intera famiglia Caracciolo.
–Silvio Sannino
Bibliografia
Luigi Tufano, Linguaggi politici e rappresentazioni del potere nella nobiltà regnicola tra Trecento e Quattrocento: il mausoleo di Sergianni Caracciolo in S. Giovanni a Carbonara e i caratteri trionfalistici del sepolcro nobiliare, Mélanges de l’École française de Rome, 2015.
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