La minestra maritata non può mancare sulla tavola napoletana delle feste – che siano esse natalizie o pasquali – ed è un piatto che ben si sposa con le diverse pietanze della tradizione gastronomica campana, per le quali ogni famiglia conserva e custodisce gelosamente ricette decennali.
Minestra maritata? Sì! Sposata
Probabilmente è uno dei piatti più antichi della tradizione: la sua origine risalirebbe ai secoli della dominazione aragonese e sarebbe legata al minestrone spagnolo “l’Olla Podrida“, fatto di un “matrimonio” tra carne e verdure.
Un matrimonio, probabilmente, celebrato secoli prima, forse già nell’antica Roma, quando si realizzava una minestra di verdure e carne di maiale, che oggi ricorderebbe vagamente la minestra dei nostri tempi o comunque quella che si consuma a Natale e a Pasqua nelle nostre case, con ricette tramandate spesso dalle nonne.
Una ricetta di famiglia
Si! Quella della minestra maritata è una ricetta di famiglia. E’ una pietanza laboriosa, lunga e succulenta e prevede lunghe ore di preparazione ed attenzione alla pulizia delle verdure.
Essendo una “ricetta di famiglia”, non esiste un unico modo per prepararla, anche se ci sono talune preparazioni di base dalle quali nessuno può prescindere.
Anzitutto, è di base la preparazione del brodo e, forse, è proprio qui che nascono i primi problemi: brodo di carne, di pollo o di gallina? E poi, pezzi poveri del maiale sì oppure no? Salsiccia forte e secca, ma morbida: sì o no? Qui comandano i gusti personali, ma soprattutto la tradizione tramandata dalle nonne!
Come vorrebbe la tradizione gastronomica partenopea, andrebbe preparato un brodo di gallina. Molti la preferiscono sviscerata e poi farcita con interiora di pollo precedentemente bolliti e ripassati in padella.
Ad essi vanno aggiunti uova, sale, pepe e formaggio, coi quali riempire l’interno della gallina e ricucirlo a mano con ago e spago. Nel pentolone vanno poi aggiunti sedano, carote, cipolle, patate, un po’ di pomodoro e prezzemolo, sale e olio.
Ricette e tradizioni: di casa in casa
Nelle famiglie che non preferiscono la gallina, è consuetudine preparare un brodo di carne, con un grosso pezzo di prima scelta a cui affiancare fuselli di pollo.
In entrambi i casi, in ultimo vanno aggiunti i pezzi di maiale e la salsiccia.
Nel mentre che il tutto (siano essi carne o gallina) bolle per ore, vanno preparate le verdure. Nella scelta delle verdure, anche qui, prevalgono le tradizioni familiari, ma – in una minestra maritata che si rispetti – non possono mancare: cicoria, scarola, broccoletti, scarulella e un po’ di verza.
Le verdure, che vanno cotte a parte, vanno poi messe tutte insieme nel pentolone in cui sta bollendo il brodo.
Ed ecco che il matrimonio si sta celebrando: pochi minuti perché il tutto si amalgami ed ecco che la minestra è maritata!
Grana o Pecorino?
A coronamento di questo matrimonio, spesso si preferiscono aggiungere dei tocchetti di pecorino romano e grana (o parmigiano). Anche qui, più che la tradizione, comandano i gusti!
La minestra maritata: a Natale o a Pasqua?
La minestra maritata è, e resta, uno dei piatti della tradizione gastronomica partenopea delle feste. Ma quali feste? Natale o Pasqua? O forse entrambe?
La tradizione vuole che sia un piatto invernale: una minestra di carne e verdure in brodo. Ne deriva così il suo consumo nei giorni di festa, in particolare il 26 dicembre: dopo il cenone della Vigilia ed il pranzo di Natale, nel giorno di Santo Stefano una ricca minestra maritata, per rimanere leggeri dopo le “abboffate”!
Eppure c’è chi, per tradizione, la prepara anche in primavera: da mangiarsi il Lunedì di Pasquetta, in barba alla tradizionale gita fuori porta.
La minestra maritata: una tradizione gastronomica per eccellenza
La tradizione gastronomica campana, e quella partenopea in particolare, è una tradizione ricca di storia e di sapori, di dolce e di salato, che si sposa con le festività religiose e dalle quali non prescinde.
Molti sono i Napoletani che, sin dai primi giorni di novembre, iniziano a preparare la “prima minestra” in occasione dei giorni dedicati ai defunti, mettendo sulle proprie tavole un piatto che, dai primi di novembre, arriva fino a Pasqua, passando per i giorni di Natale.
Una pietanza che sfida il tempo e i secoli, pur rimanendo ancorata a tradizioni familiari e culinarie.
Sitografia di riferimento
www.giallozafferano.it
www.ilgiornaledelcibo.it
www.cookist.i
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