Salerno, in una calda serata d’estate del 7 luglio 1972, il centro cittadino di Salerno fu teatro di un tragico episodio che avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia della città e nella memoria politica italiana. A cadere sotto i colpi di un coltello fu Carlo Falvella, studente universitario di filosofia di soli 21 anni, dirigente del Fronte Universitario d’Azione Nazionale (FUAN), l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano (MSI).

Carlo Falvella
Carlo Falvella, figlio di un padre dai valori a metà tra il liberalismo e il tradizionalismo cattolico, scelse di intraprendere gli studi in filosofia. Fin da giovane conviveva con una grave patologia agli occhi che, secondo le previsioni mediche, lo avrebbe portato alla cecità completa entro i trent’anni. Ironizzando sulla propria condizione, era solito dire ai genitori: “Ho scelto Filosofia perché, anche se diventassi cieco, potrei continuare a insegnarla. Ma devo laurearmi in fretta, devo farcela prima che la vista mi abbandoni del tutto”.
Nel 1971 decise di entrare nel FUAN, il movimento universitario legato al Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, in un periodo storico segnato da forti tensioni politiche tra attivisti di destra e sinistra. La passione politica gli era stata trasmessa in particolare dalla madre, fervente sostenitrice del MSI.
La dinamica dell’aggressione
Nel tardo pomeriggio del 7 luglio 1972, intorno alle 19:30, sul lungomare Trieste di Salerno, Carlo Falvella si trovava in compagnia di Giovanni Alfinito, anch’egli membro del FUAN. I due si imbatterono casualmente in Giovanni Marini, un uomo di 33 anni, e in Gennaro Scariati, entrambi legati a movimenti anarchici. L’incontro portò a un primo scambio acceso tra i due gruppi. In seguito, Scariati riferì alla polizia di essere riuscito a sottrarre l’amico alla situazione prima che potesse degenerare ulteriormente. Poco meno di due ore più tardi, il confronto si riaccese, questa volta in via Velia. Nel corso dello scontro, Marini estrasse un coltello e colpì Falvella con un fendente all’altezza del petto, recidendogli l’aorta. Il giovane fu soccorso immediatamente e trasportato in ospedale, ma morì poco dopo a causa della gravità della ferita.
L’arresto di Giovanni Marini
Subito dopo lo scontro i tre anarchici fuggirono rendendosi irreperibili, ma poi Giovanni Marini si costituì la sera stessa. Fu arrestato con l’accusa di omicidio e rissa aggravata. Nel 1975 Giovanni Marini fu riconosciuto colpevole e condannato a dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale aggravato e per il coinvolgimento in una rissa. In seguito, durante il processo d’appello, la pena fu ridotta a nove anni, dei quali ne scontò effettivamente sette. Al contrario, Giovanni Alfinito, Francesco Mastrogiovanni e Gennaro Scariati furono assolti dall’accusa di partecipazione alla rissa.
Un omicidio politico
L’uccisione di Carlo Falvella non fu un episodio isolato, ma uno dei tanti tragici momenti che caratterizzarono gli anni di piombo. L’Italia viveva un periodo di forte polarizzazione ideologica, con frequenti scontri tra opposte fazioni politiche. Falvella divenne rapidamente un simbolo per la destra italiana, una vittima della violenza politica, commemorata annualmente da militanti e nostalgici del MSI.
La memoria
Oggi, a più di cinquant’anni di distanza, la figura di Carlo Falvella è ancora oggetto di commemorazioni e dibattiti. A Salerno gli è stata dedicata una targa sul luogo dell’omicidio e il suo nome è rimasto scolpito nella cronaca e nella memoria storica come emblema di una generazione travolta dal clima di odio ideologico.
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