Maruzzella è un sostantivo napoletano il cui significato letterale è “lumachina”. Deriva da maruzza (lumaca), che a sua volta proviene dal latino marucea (lumaca, chiocciola).

Maruzzella: da “lumaca” a “ragazza dai capelli ricci”
La maruzzella, parola inizialmente utilizzata dai napoletani per riferirsi all’animaletto della lumaca di mare, ha assunto nel tempo una diversa sfumatura di significato. Sappiamo, infatti, che la caratteristica distintiva di questo animale è il suo guscio a forma di spirale. La forma della chiocciola è stata in seguito paragonata a quella di un tipo di capello: il riccio. Per estensione, ad oggi, il termine indica, quindi, una ragazza con la capigliatura pettinata a riccioli.
La canzone
“Maruzzella” è una celebre canzone napoletana scritta nel 1954 da Renato Carosone (musica) e Enzo Bonagura (testo). È uno dei brani più iconici del repertorio napoletano moderno, noto per la sua melodia dolce e il testo poetico, che racconta con malinconia e passione di una giovane donna affascinante e sfuggente, chiamata appunto Maruzzella.
Secondo alcuni racconti, Bonagura prese ispirazione da una ragazza che frequentava i locali della Napoli bene degli anni ’50. Fu, però, Renato Carosone a rendere la canzone meritevole del successo di cui tutt’oggi gode: gli diede una veste musicale moderna, mescolando la melodia napoletana con ritmi jazz e swing.
Venne inserita, inoltre, nel film “L’oro di Napoli” di Vittorio De Sica (1954), nella celebre scena con Sophia Loren, che la balla e canta mentre vende pizze fritte ai passanti.
“Maruzzella” è stata reinterpretata da decine di artisti nel corso dei decenni, da Roberto Murolo a Mina, da Massimo Ranieri a Renzo Arbore. Oggi è considerata un inno alla femminilità mediterranea, fragile e forte, tenera e capricciosa.
L’analisi del testo e la traduzione
Maruzzella, Maruzzè
si te veco me fai sunnà,
si nun te veco nun pozzo stà,
Maruzzella, Maruzzè.
{Maruzzella, se ti vedo mi fai sognare, se non ti vedo non posso stare.”}
Il cantante, con questo esordio, esprime tutto il suo attaccamento alla donna che ama.
Quanta notte nun te veco
nun me sento ‘e campà cchiù.
Maruzzella, Maruzzè,
poco ‘e bene nun me dà.
{Quante notti non ti vedo, mi sembra di non vivere più. Maruzzella non mi dà neanche un poco di amore.}
L’amore che il cantante prova per la donna chiamata Maruzzella sembra non essere ricambiato: i due non si vedono spesso e, data la sofferenza provata per questo motivo, a lui sembra di morire. In più, la ragazza stenta a ricambiare il suo affetto.
Chella vocca fatta a rosa
me ‘mbruogliaje ‘e fantasie,
e nisciuno sape ‘e cose
ca me fai penzà tu a me.
{Quelle labbra rosa mi hanno confuso la mente, e nessuno conosce quei pensieri che nascono in me pensando a te.}
La mente del cantante, cioè, non fa altro che fantasticare, sognare, immaginare tutto ciò che è immaginabile, ispirato dal pensiero della sua amata. E chi lo conosce non potrebbe mai lontanamente a capire cosa frulli nella sua testa ora che è innamorato.
Chella faccia tanto bella
me fa ghi’ senza parlà,
Maruzzella, Maruzzè,
poco ‘e bene nun me dà.
{Quel viso così bello mi porta a girovagare senza parlare. Maruzzella non mi dà neanche un poco di affetto}
Assorto dall’ aspetto estremamente bello della giovane, il protagonista va girovagando senza meta e senza parlare: gli basta pensare a lei, anche se questa continua a non ricambiare il suo amore.
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