Il poeta e la bella popolana!
Mi aggiravo stanco e disorientato tra questi vicoli chiassosi e pieni di luce. Il completo buono da poeta moderno della domenica non mi permetteva di passare inosservato, seguito dallo sguardo meravigliato di questa gente così trasandata.
Gente strana mi ripetevo. Non facevano altro che urlare, anche semplicemente per salutare un amico a pochi passi da loro.
E tutto quello che si poteva vendere te lo sbattevano in faccia. Il pesce fresco fresco, la “robba buona” . E a questo tono di voce sproporzionato accompagnavano sempre occhiolini e spintoni.
Il mese prima di venire a Napoli la mia “malattia” stava prendendo il sopravvento. Avevo smesso di uscire, vedere persone e soprattutto avevo smesso di scrivere. Mi dava sollievo il buio della mia camera e dei miei pensieri.
Ero pronto con la mia dose di medicinali e i miei amici di carta a rifugiarmi su in montagna e affidare le sorti del mio malessere all’aria buona.
Non so perchè, ma il consiglio di un solo amico, un amico vero.. mi fece dimenticare in un momento la saggia raccomandazione del mio dottore.
E così mi ritrovai nel giro di un mese in un vecchio appartamento nelle vicinanze di Piazza San Ferdinando, sommerso dalla polvere e dall’insoddisfazione, proprio come un grande poeta. Deciso a dare una possibilità a quell’assurda soluzione, me ne andavo ogni giorno, in compagnia di un buon libro, tra le strade più affollate, aspettando di ricevere da quella caotica città, un segno.
Gli unici segni me li portavo ogni sera addosso. Il pantalone rovinato, la giacca bagnata dal sudore per l’insopportabile caldo e quella perenne puzza di cibo che scappava dalle strade e si fermava nei miei capelli spettinati.
Ma nessun altro segno, nessun tratto su quelle bianche carte, che pure un tempo erano state così gravide!
Sarà stato il disgusto che provavo per quel grottesco teatro di persone, sarà stato il caldo, ma in quei giorni quasi dimenticavo di essere malato. Ed ero troppo impegnato a maledire ogni cosa per accorgermene.
Un giorno, preso dal disordine delle ore, dopo aver lottato con le coraggiose mosche che mi tenevano compagnia in quelle solitarie notti, lasciai il mio appartamento e lasciai andare me, ancora una volta, tra quelle strade.
Erano questa volta silenziose del silenzio che accompagna le prime ore dell’alba. Ma non ero solo. Le stesse persone, gli stessi volti che di giorno prendevano parte a quel bizzarro teatrino erano sempre lì.
Napoli però si era presa una pausa. Pareva quasi che io mi muovessi dietro le quinte di un importantissimo spettacolo. Da lungo tempo ormai percorrevo, a cuore spento, questi vicoli. Eppure Napoli, mai prima di quella volta l’avevo guardata. Sempre mi era sembrata una donna troppo imbellettata. Dietro tutto quel trucco… dietro quel caos, non ero mai riuscito a vedere la semplicità della sua bellezza.
Adesso, che si mostrava nuda a me ero arrivato alla sua vera anima. Le avevo visto gli occhi, azzurri come pochi. Era per me una bella ed umile popolana.
Mi resi conto che la storia era sempre stata lì, scritta su quelle mura, tra quelle strade chiassose e piene di luce. Le mie carte si inondarono d’inchiostro e nacque “Il poeta e la bella popolana!”.
-Roberta Ibello
Illustrazione di Lisa Nagisa
Lascia un commento