Se c’è una verità assoluta nella cultura italiana del caffè, è questa: il cappuccino si beve a colazione. Punto. Chiederne uno dopo le undici del mattino è considerato quasi un affronto al bon ton caffettiero, un’eresia che fa rabbrividire i puristi. Eppure, a Napoli, la città che ha fatto del caffè un’arte e un culto, sta accadendo qualcosa di inaspettato.
Secondo una ricerca condotta da Deliveroo in occasione del Cappuccino Day dell’8 novembre 2025, Napoli è la città italiana dove il cappuccino pomeridiano è più diffuso. I dati rivelano che quasi un cappuccino su due viene ordinato sulla piattaforma dopo mezzogiorno, una percentuale che colloca la città partenopea al primo posto di questa particolare classifica, seguita da Firenze e Torino. A livello nazionale, circa il 25% dei cappuccini ordinati su Deliveroo arriva oltre le 12, mentre solo il 4% viene richiesto dopo le 20.
Per capire quanto questo fenomeno sia significativo, bisogna considerare il rapporto quasi sacrale che lega Napoli al caffè. La bevanda nera è arrivata nella città vesuviana nel 1614, quando Pietro della Valle, un musicologo romano, tornò da un viaggio in Terra Santa portando con sé quella che in una lettera all’amico napoletano Mario Schipano descrisse come un “liquido profumato” chiamato kahve. Ma è solo agli inizi dell’Ottocento che il caffè diventa davvero popolare a Napoli, grazie ai caffettieri ambulanti che percorrevano le strade con i loro recipienti, gridando il nome del Santo del giorno.
La vera svolta arriva nel 1819 con l’invenzione della cuccumella, la caffettiera napoletana che alternava il metodo di preparazione per decozione alla turca al metodo di infusione alla veneziana, con un sistema a doppio filtro. Questo strumento permise al caffè di entrare nelle case napoletane, dove divenne un rituale quotidiano. Il segreto del caffè napoletano, quello che lo rende unico al mondo, sta nella particolare tostatura dei chicchi: una colorazione più scura rispetto ad altre regioni italiane, che conferisce al caffè un gusto forte e deciso nel retrogusto, amaro ma mai acido.

Una tradizione che si apre al cambiamento
Il fatto che proprio Napoli, città guardiana di questa tradizione, sia in testa alla classifica dei consumi pomeridiani di cappuccino racconta molto di più di una semplice abitudine. Andrea Zocchi, managing director di Deliveroo Italy, spiega che la crescita del consumo pomeridiano è il risultato di diversi fattori: la varietà dell’offerta nelle città, le abitudini di consumo locali, il turismo e la crescita degli ordini in ufficio, dove le presenze aumentano dopo anni caratterizzati dallo smart working.
Napoli è una città dove il caffè si beve in ogni momento, in qualsiasi luogo e soprattutto in compagnia. Rifiutare un caffè offerto è considerato quasi un’offesa, perché per i napoletani offrirlo rappresenta un segno di cortesia e di ospitalità. Questa cultura del caffè come momento di aggregazione potrebbe spiegare perché la città sia così aperta a reinterpretare le regole tradizionali.
Il cappuccino e i suoi nomi
Una curiosità che lega la cultura del cappuccino alle diverse regioni italiane riguarda il modo in cui viene chiamato. Al nord, soprattutto a Milano, Bologna e Torino, è comune sentire ordinare un “cappuccio” invece di “cappuccino”. Si tratta di un termine più colloquiale, una sorta di abbreviazione affettuosa che risparmia una sillaba e, dicono gli abitanti del nord, fa guadagnare tempo a chi ha sempre fretta.
Il nome “cappuccino” deriva dai frati cappuccini, un ordine religioso fondato nel 1525 e riconoscibile per gli abiti distintivi caratterizzati da un grande cappuccio a punta. Gli abiti dei frati erano di una particolare tonalità tra il rosso e il marrone, molto simile al colore della bevanda che si ottiene mescolando caffè espresso con latte montato. Nel Settecento, a Vienna nacque una bevanda chiamata “Kapuziner” proprio per questo motivo, e quando i baristi italiani perfezionarono la ricetta aggiungendo la schiuma di latte all’espresso, la bevanda mantenne quel nome.
Tra passato e presente
Napoli custodisce altre tradizioni legate al caffè che meritano di essere ricordate. Il “caffè sospeso”, nato durante la Seconda Guerra Mondiale, è un gesto di solidarietà in cui qualcuno paga due caffè ma ne consuma solo uno, lasciando il secondo per chi arriva dopo e non può permetterselo. Come scrisse Luciano De Crescenzo: “Quando qualcuno è felice a Napoli, paga due caffè: uno per sé stesso, ed un altro per qualcuno altro. È come offrire un caffè al resto del mondo.”
Il cappuccino pomeridiano a Napoli non rappresenta un tradimento della tradizione, ma piuttosto la sua evoluzione naturale. In una città dove il caffè è molto più di una bevanda – è un rito, un momento di convivialità, un segno di appartenenza – forse non dovrebbe sorprendere che i napoletani abbiano deciso di estendere questo piacere anche alle ore del pomeriggio. Dopotutto, chi meglio dei napoletani può permettersi di riscrivere le regole del caffè?
All’opposto dello spettro troviamo Cagliari, dove circa l’85% degli ordini su Deliveroo avviene prima delle 12, confermandosi la città più tradizionalista in fatto di cappuccino. Ma a Napoli, dove la tradizione del caffè è così radicata da essere parte dell’identità cittadina, si dimostra ancora una volta che le vere tradizioni non sono quelle immobili, ma quelle capaci di dialogare con il presente senza perdere la propria anima.
Fonti
- Il Messaggero – “Cappuccino non solo al mattino: sempre più diffuso il consumo dopo mezzogiorno”
- Comunicaffè – “Cappuccino day, a Napoli uno su due viene ordinato dopo mezzogiorno”
- Askanews – “Cappuccino solo a colazione? No, su Deliveroo 25% ordini dopo mezzogiorno”
- Caffè Borbone – “Storia e diffusione del caffè Napoletano”
- WordReference Forums – “Cappuccio vs. cappuccino”
- The Blender Magazine – “Origine del cappuccino: perché si chiama così”
- Angelo Forgione Blog – “Storia e segreti del caffè a Napoli”

