Ruggero II può esser considerato, a buon merito, una delle figure più emblematiche e complesse della storia europea e non solo. Fondatore di una monarchia che, seppur in diverse forme politico-amministrative e sotto diverse dinastie, avrebbe caratterizzato la storia del meridione per quasi un millennio. Uomo energico, dal forte pragmatismo, ambizioso, ma di cui conosciamo maggiormente il ritratto politico ed istituzionale che biografico.
Sappiamo ben poco, quasi nulla della sua infanzia, ancor meno della sua educazione, così come del suo carattere e delle sue vicende personali. A differenza di molti altri grandi uomini del passato i cronisti si sono principalmente focalizzati sulle vicende politiche a lui legate, trascurando profondamente quelle private, riportate più come motivo ideologico, pertanto piegate narrativamente ai diversi resoconti costruiti di volta in volta secondo le necessità dei rispettivi autori o committenti.
Ruggero II era immerso tanto in una dimensione tanto europea quanto mediterranea, la sua corte poteva esser considerata come un patchwork di alcune tra le migliori menti dal periodo, dalla provenienza e dal retroterra culturale estremamente disparati. La fondazione del regno, anelata dal futuro monarca per lungo tempo e progettata nel corso di diversi anni tramite politiche militari, matrimoniali e diplomatiche, vide alcuni dei suoi prodromi principali proprio in terra campana: principalmente tra Avellino e Salerno.
Ruggero II e l’incontro con Anacleto II ad Avellino
Ruggero II, dopo una vittoriosa campagna nel sud della penisola, improntata alla sottomissione delle città non ancora soggette o reticenti al suo dominio, specialmente nella regione del salernitano e del beneventano, incontrò presso Avellino il papa Anacleto II, passato alla storia come antipapa. Bisogna tuttavia tenere a mente che la distinzione tra papa e antipapa costituisce una proiezione postuma legata a tendenze faziose, durante la coeva successione degli eventi le pretese dei contendenti potevano essere considerate, tutto sommato, equivalenti.
Avellino si configurava come territorio mediano per l’incontro tra il pontefice e il futuro re: una città legata a Ruggero II, tuttavia limitrofa all’enclave pontificia di Benevento, alla quale i pontefici prestarono una profonda attenzione proprio in virtù degli eventi che stavano avendo allora luogo nel meridione.
La corona di Sicilia, nella donazione di Anacleto, si configura come “una graziosa concezione” conferita ad un alleato della santa sede. Il pontefice si arroga, in tale documento, la capacità di creare ex novo un regno. Anche se Anacleto II era in apparente posizione di sudditanza rispetto al suo alleato normanno la sovranità, in linea teorica, rimaneva pontificia: il re di Sicilia si configurava come perenne debitore dell’erede di Pietro, dovendo persino dare al papato 600 monete d’oro all’anno, pratica che diverrà poi nota nei secoli successivi come Ghinea.
La soddisfazione di questa esigenza pecuniaria, comunque necessaria in un momento di forte conflittualità e impegno anche militare da parte di Anacleto II, era tuttavia subordinata al significato ideologico e simbolico della creazione del regnum Siciliae: il papa, concedendo un beneficio di tale portata, andava a definirsi come autorità superiore rispetto a tutte le altre, fossero esse politiche o ecclesiastiche, operanti in Europa. Per usare le parole dello storico Glauco Maria Cantarella: “il nuovo regno di Sicilia viene dato a Ruggero e ai suoi successori perché la sua proprietà, la proprietà di inventarlo, sta e resta nelle mani del papa”.
Il colloquio con Anacleto II fu seguito, presso Salerno, da un’assemblea dei maggiori funzionari del futuro monarca, ai quali, secondo il buon costume tipico dei regnanti dell’epoca ( o almeno delle loro rappresentazioni ideologiche), chiese consiglio rispetto l’assunzione del titolo regio. La risposta, ovviamente, fu affermativa: i funzionari ivi presenti pregarono Ruggero II di assumere la corona. Una terra come la Sicilia, sempre sede o provincia di regni sin dall’antichità, non poteva rimanere senza monarca.
Questo resoconto, riportato principalmente in cronache favorevoli alla corona normanna, non deve essere necessariamente bollato come una completa invenzione: se da un lato questa narrazione si rifà a necessità tipiche della narrazione filomonarchica ( i funzionari, quasi senza eccezioni, pregano il conte di acquisire la dignità regia) essa può essere anche considerata come una dimostrazione di un certo pragmatismo riscontrabile spesso nei giochi politici del meridione medievale; un re distante, locato nella sua capitale siciliana, era sicuramente preferibile ad un duca attivo nel continente e quindi maggiormente spinto ad intaccare i domini dei potentati ivi locati e le loro prerogative.
Dopo questo favorevole colloquio Ruggero II si imbarcò da Salerno alla volta della Sicilia, dove avrebbe celebrato solennemente la sua incoronazione. I suoi piani furono tuttavia brevemente dirottati: una tempesta colpì la sua flotta. Il sovrano normanno riuscì a far riparo presso Palinuro, dove, per lo scampato pericolo, fece un voto al santissimo salvatore. Ad adempimento di tale voto vi fu la costruzione della cattedrale di Cefalù, ancora oggi uno dei gioielli dell’architettura arabo-normanna sopravvissuti alla storia.
–Silvio Sannino
Bibliografia
Claudio Maria Cantarella, Ruggero II: il conquistatore che fondò il Regno di Sicilia, Salerno editrice, 2020
Leave a Reply