L’Asprinio di Aversa è molto più di un’uva e molto più di un vino. È infatti un prodotto identitario di un territorio, un’eredità antica ed unica, un vero e proprio patrimonio da preservare. Negli anni ha avuto illustri bevitori ed amanti del vino, dai papi alle regine, innamorati di un prodotto e del suo metodo di allevamento unico. Scopriamone insieme la storia, le curiosità le e caratteristiche.
Le Alberate
L’Asprinio di Aversa ha trovato la sua naturale diffusione nell’agro aversano, ricadente tra le province di Napoli e Caserta. Qui è allevato con un metodo unico, quello delle Alberate, un’antica tecnica che consiste nel “maritare” la vite ad un supporto vivo, solitamente il pioppo (che può raggiungere anche i 20 metri d’altezza), in modo che questa cresca e venga sorretta; essendo spesso questi molto ravvicinati, si hanno dei veri e propri “festoni”, divenuti caratteristici del paesaggio di questo territorio.
Secondo alcune fonti, tale tradizione deriverebbe dall’antica usanza della coltivazione nella Terra di Lavoro della canapa che veniva fatta crescere in tale maniera; secondo altre suggestioni, sarebbe invece un retaggio derivante da un’antica tecnica etrusca.
Il Vino dei Papi
Come si apprende da Sante Lancerio, cantiniere di Papa Paolo III Farnese (1468 – 1549), quest’ultimo ne sarebbe stato un grande bevitore ed appassionato, in quanto riteneva che l’Asprinio avesse ottime proprietà diuretiche e dissetanti, motivo per cui non si sarebbe mai fatto mancare un bicchiere prima di andare a dormire.
Sempre da Sante Lancerio, apprendiamo, inoltre, che l’Asprinio era generalmente apprezzato da tutto il popolo “Tali vini sono stimati assai dagli osti, che li Cortigiani et Cortigiane corrono volentieri alla foglietta. Anco questo vino è lodato dai Medici, sicchè e buono” e che era generalmente prodotto con una bassa gradazione alcolica (probabilmente tra gli 8° e 10°) ed era quindi utilizzata come bevanda dissetante e fresca.
Il vino della “Terra Promessa” dalla Regina
L’amore per questo vitigno (e per tutto il suo affascinante metodo di allevamento) non lasciò indifferente neanche la moglie di Re Gioacchino Murat, la regina Carolina, che in una sua lettera scrisse: “Questa e la terra promessa, nella campagna si vedono festoni di viti attaccati agli alberi con sparsi grappoli di uva assai più belli di quelli che gli Ebrei portarono a Mosè” descrivendo molto probabilmente il celebre sistema aversano e le uve di Asprinio.
L’Asprinio in scena
Emblematico di un territorio, l’Asprinio viene scelto da Cimarosa come protagonista dell’aria iniziale della sua opera buffa, ambientata proprio ad Aversa, “La Finta Parigina“ nella quale, in un tipico mercato dell’epoca, si dà voce a diversi personaggi del mercato che decantano le caratteristiche dei proprio prodotti. Questa è un’importante testimonianza del valore territoriale che tale uva rappresentava già nel 1773.
Asprinio Oggi
Oggi l’Asprinio è tutelato dalla DOC Aversa, secondo la quale può essere prodotto sia fermo che spumantizzato nei Comuni dell’agro aversano, sia con il metodo ad alberata che con allevamenti a spalliera. Dà vita a vini dalla forte personalità e dalla spiccata acidità con un gusto inconfondibile, espressione di un territorio dalla grande vocazione vitivinicola e prodotti di eccellente qualità.
Bibliografia
Disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata “AVERSA”
“I Viaggi di Papa Paolo III”, Sante Lancerio
“La Finta Parigina” Domenico Cimarosa su libretto di Francesco Cerlone
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