Benedetto Croce in uno dei suoi racconti ci narra delle avventure di Alfonso d’Aragona e di come riuscì a conquistare il Regno di Napoli entrando nella casa di un sarto tramite un pozzo, imitando il Generale Belisario nell’Assedio di Napoli del VI secolo.
Ci troviamo in quegli anni in cui, nel pieno caos dinastico, gli aragonesi succedettero alla dinastia angioina. Giovanna II d’Angiò era infatti rimasta senza eredi e, in pieno caos, non sapeva a chi affidare la nuova corona: i nobili napoletani si divisero fra chi odiava i francesi e chi li sosteneva. E, di conseguenza, il trono rimase in bilico per diversi anni. Alla fine la spuntò Renato d’Angiò, soprannominato “il buono”.
Ufficialmente il 2 Giugno 1442 la città di Napoli cadde per mano degli aragonesi, al seguito della fuga di Renato d’Angiò. Alfonso entrò trionfante il 26 Febbraio 1443 dopo aver dichiarato l’unione del Regno di Sicilia con il Regno di Napoli.
Alfonso d’Aragona conquista Napoli nel pozzo di Santa Sofia
Napoli cadde un logorante assedio durato mesi, dal 10 novembre 1441 al 2 giugno 1442. E non fu sconfitta con metodi convenzionali. Anzi, le mura della città ressero benissimo (ai tempi dei romani erano considerate “impenetrabili” e cent’anni dopo salvarono Napoli dal Conte di Lautrec).
Nei pressi di Santa Sofia, dentro le mura della città, c’erano numerose bottegucce, una tra queste era quella di un umile sarto, “mastro Citiello cosetore” che portava avanti l’attività assieme a sua moglie Ciccarella, sua figlia Elena e suo figlio Leone.
Si narra che una notte, durante l’assedio, gli uomini di Alfonso si intrufolarono in un canale sotterraneo che sbucava proprio in casa del povero sarto e da lì riuscirono ad entrare inosservati in città. La scoperta di questo passaggio segreto, o meglio, la soffiata ad Alfonso, si attesta che sia avvenuta da parte di due muratori, Aniello e Roberto. Anche se fonti più romanzesche sostengono che Ciccarella, la moglie del sarto, abbia voluto aiutare il re aragonese per vendicarsi di Renato d’Angiò che le aveva negato un favore.
Una cappella per ricordare l’evento
Così la storia proseguì con un bagno di sangue, un assalto al Maschio Angioino e la morte di molti napoletani innocenti per mano dei soldati spagnoli. Renato d’Angiò fuggì e Alfonso d’Aragona entrò trionfante. Il nuovo sovrano, non nascose il segreto del suo successo, anzi, dispose nel testamento, che si provvedesse ad erigere una cappella dedicata a San Giorgio nella bocca del pozzo da dove uscirono le sue genti, e un’altra cappella nella bottega dedicata a San Michele Arcangelo.
Inoltre i complici del re catalano, la famiglia del sarto e i due muratori, furono ricompensati generosamente: ad ognuno di essi infatti fu assegnata una pensione di trentasei ducati. Ed inoltre, alle donzelle, nel maggio del 1443 si attesta che il re donò loro un panno di drappo nero di perpenna come ulteriore ringraziamento. Alfonso ringraziò proprio tutti, anche la badessa e le monache di Donnaregina ricevettero numerosi doni, avendo indicato durante l’assedio, all’esercito aragonese, le torri che nella confusione erano rimaste prive di sorveglianza.
Nasce il Regno delle Due Sicilie
Nei secoli purtroppo si è persa la traccia di questo pozzo (e delle ipotetiche cappelle) che tanto fu importante per gli aragonesi. Ma nella guida di Napoli di don Carlo Tito Dalbono si racconta che la bottega fu tramandata da sarto a sarto, e che tutti gli artigiani della zona facevano a gara per impadronirsi di quella casetta che in una notte aveva cambiato le sorti della città.
Si dice che un sarto, talmente orgoglioso, ricoprì il pozzo con del marmo bianco per darne lustro, e che nel seicento la presenza di quest’ultimo era ancora visibile, assieme ai ruderi della bottega ormai andata abbandonata. Dal settecento in poi si persero le tracce, così come venne dimenticata questa storia.
Alfonso ebbe un rapporto conflittuale con Napoli e con gli italiani in generale: iniziò, proprio come gli angioini, con un massacro. Anche i primi tempi del governo di Alfonso d’aragona furono complessi, con la borghesia e il popolo napoletano che fecero le spese. Poi, in un secondo momento, il sovrano aragonese migliorò con riforme la condizione delle classi più povere e si circondò di intellettuali e consiglieri eccellenti. Fu anche un ottimo stratega ed abilissimo nella politica estera.
A lui si deve la nascita del “Regno delle Due Sicilie”: quando fu incoronato, infatti, per la prima volta fu coniato questo termine per indicare il re di Palermo e di Napoli. Una espressione che riprese poi Ferdinando IV nel 1816, quando unificò per la prima volta le corone.
Alla fine Alfonso apprezzò Napoli. E in una romanza spagnola lo si descrive, fermo col suo esercito fuori le mura di Napoli, contemplando bramoso e malinconico la città, pronunciando questo epico lamento:
“¡Oh ciudad, cuánto me cuestas
por la gran desdicha mía!
Cuéstasme duques y condes,
hombres de muy gran valía;
cuéstasme un tal hermano
que por hijo le tenía;
d` esotra gente menuda
cuento ni par no tenía.
Cuéstasme veinte y dos años,
los mejores de mi vida,
qu` en ti me nacieron barbas,
y en ti las encanecía”
-Roberta Montesano e Federico Quagliuolo
Leave a Reply