La chiesa di San Giovanni Maggiore può essere considerata una delle strutture più rappresentative di Napoli, oltre ad essere uno dei templi più antichi della cristianità.
La città ha infatti da sempre affascinato persone di tutte le epoche per la sua capacità di mescolare sacro e profano, antico e presente: e questo suo ‘talento’ si esprime specialmente in alcuni luoghi che sembrano racchiudere in sé delle forze misteriose, tali che persino lo scorrere del tempo non riesce ad intaccare la loro potenza.
Una chiesa che ha attraversato ogni epoca
La chiesa di San Giovanni Maggiore infatti contiene tracce di tutte le epoche che ha attraversato sin dalla sua fondazione, avvenuta intorno al II secolo dopo Cristo come tempio romano: il primo a erigere una costruzione su quel sito fu infatti l’imperatore Adriano, che volle porre lì un tempio dedicato ad Antinoo, nonostante fosse già conosciuto sin dai tempi dei Greci, come testimonia una iscrizione nascosta all’interno della sagrestia: c’è infatti una dedica ad Ercole da parte di un colono greco.
Proprio il giovane Antinoo fu l’amore proibito di Adriano: il ragazzo morì infatti prematuramente e l’imperatore, per evitare che la sua memoria venisse abbandonata, decise di divinizzarlo.
Dopo l’editto di Costantino, che nel 313 concesse la libertà di culto anche ai cristiani, il tempio venne trasformato in una chiesa dedicata ai santi Giovan Battista e Lucia: secondo la tradizione, durante una traversata nel mare di Sicilia, l’imperatore e sua figlia Costanza sfuggirono ad una rovinosa mareggiata affidandosi a questi due protettori promettendo loro come voto, in cambio della salvezza, una chiesa. Ed ancora oggi nella Chiesa ci sono due statue che ricordano i due antichi romani.
Nel VI secolo il vescovo Vincenzo rivoluzionò completamente la struttura della basilica: egli decise di recuperare alcuni degli elementi del tempio romano per armonizzarli con la pianta della struttura (un esempio ben riconoscibile sono le colonne che vedete nella foto sopra, incorporate alla perfezione nell’abside), arricchì gli interni con degli ornamenti d’argento e fece costruire degli edifici intorno alla per ospitare i preti che la officiavano.
Sventure per San Giovanni Maggiore
Nel 1635 un terremoto la distrusse, spingendo il cardinale Marzio Ginetti a ricostruirla a sue spese seguendo il progetto con stile barocco ideato dall’architetto Dionisio Lazzari.
Ma la storia si ripeté ancora: nel 1732 e nel 1870, altre due scosse di terremoto portarono di nuovo in rovina l’edificio, rendendo inutili tutti i lavori eseguiti precedentemente.
A partire da quel momento e per i successivi due anni iniziò una disputa sul futuro della chiesa; se da un lato il Municipio voleva abbatterla per trasformarla in una piazza, dall’altra i fedeli e le famiglie nobili della zona, sotto la guida del canonico Giuseppe Pellella, raccolsero il denaro sufficiente a intraprendere una nuova messa in sicurezza dell’edificio che venne, alla fine, autorizzata: i lavori durarono cinque anni e vennero completati nel 1887.
San Giovanni Maggiore oggi
Nel 1970, la volta cedette lasciando la chiesa chiusa per quarantadue anni: fu proprio questo il momento in cui, abbandonata e sconsacrata, venne lasciata addirittura aperta: moltissime opere preziosissime, negli ultimi decenni, sono state rubate o distrutte e, cosa ben peggiore, quella che tempo prima era stata una delle quattro chiese più importanti della città, venne illegalmente trasformata in una fabbrica di borse.
Dopo numerosi restauri, la basilica è stata riaperta nel 2012 grazie anche all’intervento dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia, a cui è stata data in gestione per diverso tempo.
La tomba di Partenope in San Giovanni Maggiore
sembra quasi impossibile che un singolo edificio possa riassumere in sé tutti i momenti della Storia di Napoli, passando in primis dal punto più controverso: partendo dalle origini di San Giovanni Maggiore, infatti, i greci erano convinti che il luogo in cui si trova attualmente la chiesa, prima vicino alla costa, sia stato la tomba della leggendaria sirena Partenope ed è davvero strano che non siano mai state scoperte nel sottosuolo napoletano delle tracce di un tempio dedicato a quest’ultima, dato che i coloni greci erano soliti creare templi per tutte le figure protettrici delle proprie città.
E’ però anche vero che le profondità della chiesa sono tutt’oggi inesplorate, con botole e scale d’accesso nascoste sotto le pietre delle tantissime pavimentazioni che si sono stratificate nel corso dei secoli. Ed è probabilmente proprio lì che, da due millenni e mezzo, rimane inesplorato il Sancta Sanctorum della mamma di Napoli.
Una piccola testimonianza però rimane: c’è infatti una piccola lapide che ha probabilmente circa 1300 anni: c’è scritto “CREATORE DI TUTTE LE COSE, ALTISSIMO, PROTEGGI FELICEMENTE PARTENOPE“, invocando anche San Gennaro (o San Giovanni?).
E’ la prima volta nella Storia in cui Napoli è stata identificata ufficialmente con il nome di Partenope. In un rapporto promiscuo fra pagano e cristiano, Dio è invocato nella benedizione di quella sirena mitologica tanto cara ai padri greci.
La cripta di San Giovanni maggiore
Ed ancora, proprio dietro le immense statue di Costantino e della figlia, si trova una porticina che porta in una stanza segreta, minuscola, grande poco più di un metro quadrato. Al suo interno si trova solo una fontana assai inquietante e dalla storia praticamente inesistente: perché si trovi lì e perché abbia una figura così minacciosa è un grande mistero.
Ma è nel sottosuolo che si scoprono le cose più incredibili: ci è bastato scendere per una minuscola scala, tanto stretta e bassa da contenere con difficoltà anche una singola persona, per accedere ad un immenso e silenzioso labirinto di morte, con pareti bianche e stanze murate che nascondono gli uomini sepolti in questa struttura. Sono stati trovati anche teschi di bambini e neonati, portati probabilmente durante il colera in questo posto.
La morte non è però amica solo delle anime vive, si estende infatti anche a tutto ciò che ha un’anima. E sicuramente anche le statue possono morire: in una stanza minuscola e sopraelevata rispetto ai loculi murati della cripta di San Giovanni Maggiore, si nasconde infatti un deposito di oggetti senza nome e senza identità, un macello di esistenze anonime che, dopo aver vissuto migliori glorie passate, per il capriccio di una ristrutturazione o per l’errore di un manovale, si sono trovati ammassati in una cantina con il volto in frammenti; le scritte illeggibili; i disegni antichi perduti e confusi.
Ed oggi, scriteriato e folle, un trapano di un edificio vicino ha distrutto un antico affresco del 1500 durante alcuni lavori di casa.
La cosa davvero triste di questa storia è che, se non fosse stato per l’evento tanto clamoroso da finire sulle prime pagine di tutti i giornali locali, il nome della quarta chiesa più importante di Napoli sarebbe rimasto per lo più sconosciuto.
-Testi di Federico Quagliuolo e Federica Russo
-Tutte le fotografie sono di Federico Quagliuolo
Grazie all’Ordine degli Ingegneri, a Francesca e ad Enrico Starace per la bellissima opportunità che ci hanno regalato, nel farci visitare questo monumento meraviglioso.
Sito di San Giovanni Maggiore
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