Peppino De Filippo, nato a Napoli nel 1903 dal più grande commediografo e attore partenopeo dell’epoca, Eduardo Scarpetta, ha segnato la storia del teatro e della cultura napoletana, insieme ai suoi fratelli Eduardo e Titina.

Seppe guadagnarsi un posto privilegiato anche nel mondo del cinema: fu il braccio destro di Totò in molti film di successo degli anni ’50 e ’60, che lo portarono ad essere fra gli attori comici italiani più apprezzati del XX secolo.

Peppino De Filippo
Peppino De Filippo

La carriera di Peppino De Filippo

Anche l’ultimo dei tre figli di Luisa De Filippo, Peppino, fu il frutto di un amore illecito ed extraconiugale, quello con lo zio di Luisa, Eduardo Scarpetta. Peppino visse i primi cinque anni della sua vita con una balia presso Caivano, per poi ricongiungersi solo dopo alla famiglia.

Il palcoscenico lo accolse fin dal 1909, quando iniziò a collaborare per la compagnia dialettale napoletana di Scarpetta. Da quel momento in poi, non osò mai abbandonare il mondo dello spettacolo. Infatti fece esperienza presso molteplici compagnie teatrali, anche se la svolta nella carriera di Peppino fu segnata dalla fondazione, insieme ai fratelli, della Compagnia del “Teatro Umoristico I De Filippo“: Eduardo vi svolgeva il ruolo di direttore artistico, Titina di prima attrice e Peppino di amministratore.

Nonostante i successi e tournée in tutta Italia, il malcontento fra i fratelli era evidente. A detta di Peppino, Eduardo aveva un carattere difficile. Era invidioso della personalità e del successo del fratello minore e voleva sempre prendere decisioni in tutta autonomia.

Nel 1944 arrivò la rottura fra Eduardo e Peppino: quest’ultimo abbandonò la compagnia e decise di scrivere e recitare in autonomia. Riuscì a distinguersi dal fratello per il tono più esilarante, più leggero e immediato dei suoi lavori.

Dagli anni ’50, Peppino va ricordato specialmente per i suoi ruoli sul grande schermo insieme a Totò. Infatti i due costituirono la coppia comica più amata nel mondo del cinema, grazie al loro modo di intendersi e di compensarsi.

“Il ramoscello d’ulivo”

L’introduzione

Fra le commedie teatrali più apprezzate del minore dei De Filippo vi è sicuramente “Il ramoscello d’ulivo”, farsa esilarante di un atto, scritta nel 1933.

La scena è ambientata a casa di una famiglia perbene, composta dal ragioniere Pasquale Pezzillo e la moglie Maria. Quest’ultima, per festeggiare il proprio compleanno, organizza un pranzo al quale, primo fra tutti, si presenta il parassita Nicolino. Nicolino è il tipico personaggio che vive sulle spalle degli altri e che vuole approfittare del ricco menu’ preparato dai Pezzillo per soddisfare il proprio stomaco. Come dono per la festeggiata, si limita a portare un mazzo di fiori con un ramoscello d’ulivo, in quanto il giorno del compleanno cade in quello della Domenica delle Palme.

Tra gli invitati vi sono anche Biagio e Teresa Sagrestano, i quali vengono, insieme ai Pezzillo, continuamente disturbati nella loro quiete dalle infinite richieste di favori da parte di Nicolino.

Lo sviluppo

Basta poco affinché il pranzo diventi un caos: improvvisamente piomba in scena una vicina di casa, la signora Elena, venuta a lamentarsi con Maria del marito geloso che la maltratta. Nicolino è infastidito dalla presenza della nuova arrivata, perché teme che la signora si unisca alla tavola e ci sia meno cibo per lui!

Dopo poco arriva anche Giovanni, il marito di Elena, con loro figlio neonato fra le braccia. Giovanni incarna il pater familias imperioso, geloso e ossessivo, e ordina a Elena di tornare a casa. La coppia litiga e Maria e Pasquale svolgono il ruolo di mediatori nella confusione generale: Nicolino mangia olive e butta gli ossi per terra, Biagio scivola su questi e cade, mentre ha in braccio il bebè. Preoccupati che il bimbo si sia fatto male, Elena e Giovanni lo portano via ed escono di scena, ma scoppia un nuovo litigio, quello fra Biagio e la moglie Teresa.

I due battibeccano per futili motivi e Biagio, giunto all’esasperazione, dichiara di voler lasciare la moglie e di partire per Milano. Teresa lo insegue per assicurarsi che in valigia non metta cose che appartengono alla sua dote.

Nel frattempo, però, il pranzo non è stato ancora servito, e Nicolino non aspetta altro! Elena e Giovanni rientrano in scena riappacificati, per riuscire dopo poco dato che il figlioletto continua a disperarsi. Maria e Pasquale sono esausti e il litigio fra i due è inevitabile. Maria rimprovera il marito per aver invitato Biagio, mentre Pasquale dà la colpa del caos a Elena e sostiene che dovrebbero smettere di frequentarla.

I proprietari di casa iniziano così a rimproverarsi e accusarsi a vicenda, tanto che Maria abbandona la scena, adirata col marito. Quest’ultimo si lamenta del comportamento della moglie con Nicolino, al quale interessa solo riempirsi lo stomaco. Pasquale, allora, se la prende anche con l’amico.

PASQUALE: Ma vai al diavolo, nun me rompere ‘e scatole pure tu! Per te non esiste altro che ‘o mangia’…’o mangia’…sei indecente! Faie avuta’ ‘o stomaco! Va’, va’, va a te sfama’ a’ taverna e a’ casa mia nun te fa’ vede’ chiù!

NICOLINO Piano…piano, non è il caso di riscaldarti tanto con me. Per sfamarmi non ho bisogno di venire a casa tua o alla taverna come dici tu…Mo me ne vado e non mi vedrai più! (Si alza, poi, attratto dall’odore del timballo, resta) Mi hai chiamato?

IL RAMOSCELLO D’ULIVO- SCENA 18

Il finale

La scena finale è occupata dai due camerieri, Giorgio e Assunta, i quali vogliono approfittare della tavola imbandita per deliziarsi di ogni piatto destinato originariamente agli invitati. Però, ecco che rientra in azione Nicolino: ordina a Giorgio di servirlo e quest’ultimo inizia a litigare con Assunta, dando vita all’ennesima comica e esilarante discussione dello spettacolo.

Alla fine solo Nicolino godrà delle prelibatezze preparate per il pranzo di compleanno di Maria, e, per lui, finale migliore non vi sarebbe potuto essere!

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