Il culto dei morti è particolarmente sentito nel capoluogo campano e in tutta la Campania in generale.
Non è soltanto il ricordo dei cari scomparsi, è proprio il mantenimento di una linea continua e costante tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Il mese di novembre è quello durante il quale certi sentimenti si fanno sentire in maniera più viva, ma anche il mese nel quale leggende, storie e tradizioni legate all’aldilà e che resistono nel tempo, si fanno sentire in maniera viva più che mai.
Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.
Strofa 1 liberamente tratta dalla poesia ‘A livella di A. De Curtis
Il culto dei morti e il 2 Novembre
Ricorrenza celebrata nel mondo cattolico sin dai secoli medievali, il 2 novembre è il giorno della commemorazione dei defunti.
E’ questa una data nata nel 998 quando ai vespri del 1 novembre, un abate benedettino di Cluny, fece suonare a lutto le campane per tutte le anime dei defunti.
La celebrazione è diventata, successivamente, una celebrazione ufficiale del mondo cattolico.
Il mese di novembre, di conseguenza, è diventato il mese dedicato alla memoria e al ricordo. Sono molte le città, compresa Napoli, nelle quali i cimiteri, organizzano le ‘giornate della memoria’, durante le quali gli accessi ai luoghi di culto e alle cappelle cimiteriali è facilitato.
Il culto dei morti a Napoli
Nota soprattutto per essere una città viva, il culto dei morti a Napoli è sentito più che mai.
Già ai tempi della Neapolis greca, il lunedì era dedicato ai culti della dea Ecate che metteva in comunicazione vivi e morti.
L’avvento delle celebrazioni del 2 novembre, ha semplicemente contribuito ad ampliare ancora di più, quanto in città e tra i suoi abitanti già si faceva.
COMMEMORATIO OMNIUM FIDELIUM DEFUNCTORUM
ovvero
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI.
Speranze napoletane: il culto dei morti e il gioco del lotto
47 il morto
48 il morto che parla
e, ai Napoletani, interessa soprattutto il morto che parla!
Sì, perchè interpretare i sogni e vincere al lotto, è la speranza di ogni napoletano e, un morto che parla è l’ideale per avere dei numeri da giocare sulla ruota di Napoli, direttamente dall’aldilà.
Insomma, ancora una volta, si incrociano e si incontrano morte e vita, speranze e superstiziose, credulità popolare e leggende.
Il torrone dei morti
E’, quella del torrone, una delle tradizioni napoletane più antiche.
Da preparare in casa o più semplicemente da acquistare nei negozi di dolciaria e nelle pasticcerie, il torrone dei morti non può mancare sulla tavola dei Napoletani, nei primissimi giorni di novembre.
Non si tratta del torrone tradizionale, duro e a base di mandorle e zucchero, il torrone dei morti è al cioccolato (fondente, al latte o bianco è indifferente), è morbido, magari farcito con nocciole intere.
Segue la minestra del pranzo, leggenda vuole che accompagni le anime dei defunti, addolcendo il viaggio di ritorno al loro mondo, è il dolce di fine pasto del mese di novembre.
Il culto delle Anime Purganti: ‘u anema ro’Priatorio!
‘U anema ro’ Priatorio! ovvero “Oh, anima del Purgatorio”! è la tipica espressione napoletana che si usa quando si fa riferimento all’ottenimento di qualcosa di grosso, quasi una grazia da chiedere attraverso le preghiere che si fanno per le anime del Purgatorio.
Chiunque visita Napoli non può fare a meno di notare nelle edicole votive, sparse per tutta la città, le anime purganti.
Sono poste nella parte bassa dell’edicola stessa, generalmente in una sorta di sotto edicola appositamente realizzata.
E’ una tipologia di devozione estremamente particolare: mezzi busti di uomini e donne che fuoriescono dalle fiamme che, non sono quelle dell’Inferno, ma si tratta di anime ancora nel Purgatorio, in attesa del Giudizio Divino.
Ma del culto delle anime purganti, ne esistono ed insistono diverse tipologie.
Ai mezzi busti umani che fuoriescono dalle fiamme, spesso si affiancano piccole fotografie dei defunti, generalmente si tratta di quelli del quartiere nel quale l’edicola stessa è collocata. Ma la forma di devozione più particolare è di certo quella legata alle anime pezzentelle.
La devozione nacque dopo il 1656 a causa della violenta pestilenza che colpì la città e che portò a seppellire i morti in fosse comuni. Ne derivò l’adozione – da parte dei Napoletani – di questi corpi, nel mentre divenuti scheletri, ai quali, in cambio di attenzioni e preghiere, si chiedevano grazie.
Esistono sul territorio napoletano diverse chiese che nei loro ipogei conservano teschi a perenne devozione, ad esempio Santa Luciella ai Librai, il Purgatorio ad Arco e l’ancora più noto Cimitero delle Fontanelle.
Culto dei morti e culti dei vivi
Il culto è, per definizione, la manifestazione di un sentimento, ad esempio la venerazione di una divinità. E il mondo dei vivi fa riferimento a questo.
Il culto dei morti si lega a questo tipo di venerazione: è una cura continua e costante della memoria, del pensiero continuo, delle visite al cimitero.
Un pensiero che trova il suo apice soprattutto il 2 novembre, nel giorno per eccellenza ad essi dedicato.
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