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Pio Monte della Misericordia

Sette giovani nobiluomini napoletani, sette anime devolute al bene, avevano l’abitudine di riunirsi presso l’Ospedale degli Incurabili, per definire piani di assistenza ai più bisognosi della città.

Particolarmente sensibili, dunque, alle condizioni del popolo, nel 1602 decisero di fondare una vera e propria istituzione, devolvendo parte delle loro fortune e la loro stessa vita alle opere di carità. Il “ Pio Monte della Misericordia” svolge la sua attività di soccorso ed assistenza da circa quattro secoli, attraverso l’operato dei governatori e degli associati che, con l’ausilio di donazioni, spesso anche individuali, portano sostegno a numerose associazioni , persone, o strutture che si occupano dei più bisognosi.

La sede dell’istituzione si trova in un palazzo monumentale di via dei Tribunali e, grazie alle donazioni di opere d’arte di immenso valore, oggi è stato trasformato in un polo museale. All’interno del complesso vi è una quadreria nella quale è possibile ammirare una notevole vastità di opere.  Qui sono esposti importanti documenti come “Il Reale Assenso di Filippo III che approva la prima Capitolazione” del 1604 o l’ “Atto di fondazione a firma del notaio Aniello Auricola”. Altre importanti testimonianze sono costituite dagli atti di pagamento degli artisti che hanno eseguito le tele per l’istituzione, come quello nel quale è presente la firma del Caravaggio che accettava la commissione del dipinto “Sette Opere di Misericordia” sotto il compenso di 400 ducati.

Nella quadreria sono presenti moltissimi dipinti di Francesco De Mura, insieme ai dipinti di Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Massimo Stanzione, Jusepe de Ribera e Andrea Vaccaro. Importanti sono anche i due dipinti che raffigurano due insigni esponenti della famiglia di Tocco, avi dei Capece Galeota. Il più antico dei due, attribuito a Beltrano, è uno dei pochissimi esempi seicenteschi a Napoli di ritrattistica ufficiale, eseguita su modello spagnolo.

Proseguendo attraverso le sale, ci si imbatte ben presto in un tavolo ligneo, eptagonale (a sette lati), del XVII secolo, su cui vi sono delle interessanti tarsie di madreperla. Le tarsie infatti raffigurano le sette opere di misericordia: visitare i carcerati, seppellire i morti, redimere i captivi, ospitare i pellegrini, soccorrere i vergognosi, visitare gli infermi, il peso del patrimonio. Questo era il tavolo attorno al quale i governatori si riunivano. Ognuna delle sette parti raffigurava quindi un’opera di misericordia assegnata, con scadenza di sei mesi, ad un governatore. Oggi i governatori si riuniscono intorno ad una tavola rotonda.

Al terzo piano del palazzo sono inoltre presenti un archivio e una vasta biblioteca, recentemente arricchitasi della donazione della preziosa pergamena della proclamazione a Dottore della Chiesa di San Tommaso d’Aquino.

Una delle parti più emblematiche di tutto il complesso è però la chiesa, che contiene dipinti di eccezionale valore, tutti raffiguranti le opere di misericordia. Ce ne sono ben due di Luca Giordano, due di Fabrizio Santafede, poi uno di Battistello Caracciolo, uno di Giovan Bernardo Azzolino ed uno di Giovan Vincenzo Forlì.

Il più celebre, a cui è stato accennato precedentemente, è il dipinto di Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, chiamato appunto “Le Sette Opere di Misericordia”. Un dipinto di eccezionale bellezza, all’interno del quale il maestro ha saputo condensare tutte e sette le opere. Collocato sull’altare maggiore, riesce ad esprimere con grande realismo, in un intrico di personaggi che sembrano immersi in uno dei tanti vicoli di Napoli, le attività di beneficenza dell’Ente ispirate alle opere di Misericordia corporale. Tramite il forte contrasto tra luci ed ombre, tipico della pittura di Caravaggio, l’opera esprime una visione diretta della realtà e, pertanto, divenne un vero punto di riferimento per i pittori locali, abituati all’estetica tardo manieristica, aprendo finalmente la strada ad una nuova sensibilità artistica.

Il Pio Monte della Misericordia è un vero e proprio faro, non solo per l’immensa importanza culturale di ciò che viene custodito tra le sue mura, ma anche per le attività di beneficenza che vengono tutt’ora portate avanti e che fanno sì che a Napoli, una volta tanto, prevalga la luce anziché l’ombra.

Gaia Borrelli

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