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La prima seduta del Parlamento delle Due Sicilie si tenne il 1 ottobre 1820 e fu un giorno storico per l’Italia.
Sono passati 200 anni dal giorno in cui il salernitano Matteo Galdi, dinanzi agli occhi severi di Ferdinando I di Borbone, dichiarò aperte le sedute del primo parlamento della storia d’Italia. Fu un momento epocale per l’evoluzione della storia politica italiana che è stato celebrato dal presidente della Camera Roberto Fico inserendo il ritratto di Galdi all’ingresso della galleria di Montecitorio, proprio per omaggiare l’innovazione napoletana.

Si tratta di un evento politicamente e storicamente importante perché crea una rottura con il tradizionale legame istituzionale con il passato, che si è sempre riferito al Piemonte come unico “padre” delle moderne istituzioni politiche italiane, con qualche eccezione per la Toscana. Invece, come sottolinea Fico, con l’ingresso di Galdi in Parlamento si vuole creare una “continuità” tra tutti gli antichi stati preunitari e l’Italia moderna.

Rivoluzioni e Parlamenti

Napoli, che già nel 1799 aveva dimostrato di essere una città irrequieta e pronta alla sommossa, vent’anni dopo era diventata la patria della Carboneria e delle agitazioni liberali, che ormai mal tolleravano le monarchie assolutiste.
Bastò infatti una scintilla partita dalla Spagna per far incendiare la Sicilia, che non riusciva a mandar giù il fatto di aver perso l’indipendenza dopo il 1816, e Napoli, che cominciò a chiedere un cambiamento delle forme di governo.
Ferdinando I, che di rivoluzioni ne aveva viste nei suoi oltre 50 anni di governo, già due volte era caduto dal trono per mano dei moti liberali e temeva la fine del suo regno: la prima volta cadde nel 1799, durante la Repubblica Napoletana, e la seconda nel 1807, per mano dei francesi di Napoleone Bonaparte. Nel 1820 aveva ormai 69 anni e credeva che la nuova rivoluzione sarebbe stata il colpo di grazia per la sua dinastia. Era oltretutto debitore nei confronti dell’Austria, che già lo aveva aiutato due volte a riprendersi il trono di Napoli.
Ferdinando decise quindi di nominare il figlio Francesco I come vicario e lasciò a lui il governo di quella rivoluzione, anche perché il principe si era dimostrato più aperto verso i liberali.
Così fu: Francesco concesse la costituzione e il Parlamento Delle Due Sicilie, il primo d’Italia, fu aperto ufficialmente il 1 ottobre 1820, anche se già era stato costituito inizialmente in clandestinità.

Apertura Parlamento Due Sicilie
Apertura del Parlamento delle Due Sicilie

Chi era Matteo Galdi?

Il primo presidente del parlamento delle Due Sicilie era di origini salernitane, precisamente di Pellezzano.

Fu un grande cultore della storia e delle scienze giuridiche del Regno delle Due Sicilie, anche se a Napoli visse solamente negli ultimi anni della sua vita: andò infatti a studiare in tutta Europa le scuole di diritto. Era infatti di fede giacobina e, dopo la rivoluzione napoletana del 1799, vagò fra Milano e Parigi come ambasciatore e rappresentante della Repubblica Cisalpina. Poi, sotto Murat, tornò a Napoli e fu nominato “ministro della Pubblica Istruzione”. Galdi era infatti anche un grande esperto di pedagogia, oltre ad aver scritto numerosi testi giuridici in cui proponeva possibili riforme per rimodernare il sistema scolastico del Regno di Napoli, convinto che “un regno prospero si regge su una buona scuola“. Basta pensare che le riforme proposte sotto il governo francese di Napoli furono così apprezzate che rimasero intatte fino al 1860.

Ferdinando I, dopo la restaurazione, decise di “adottarlo”, perdonando le origini rivoluzionarie dell’ex ministro di Murat. Fu infatti di nuovo riconfermato all’Istruzione anche dal re Borbone, proprio perché si riteneva che non ci fosse uomo più preparato di lui per quella posizione.

Galdi morì il 31 ottobre 1820, proprio dopo aver presieduto e visto nascere il Parlamento delle Due Sicilie che sognò per tutta la vita. Si risparmiò così la grossa delusione che sarebbe arrivata pochi mesi dopo la sua morte.

Matteo Angelo Galdi, da nobilinapoletani.it

L’esperienza parlamentare e il tradimento di Ferdinando I

I lavori del Parlamento inziarono sotto grandi entusiasmi: Monteoliveto era in pieno fermento di idee riformiste e intellettuali di primissimo piano, come Giustino Fortunato. L’intento dei rivoluzionari, infatti, non era quello di cacciare il Re, ma di creare una monarchia costituzionale sul modello inglese. Ferdinando I però non si fidava, ne aveva viste troppe nella sua vita per star tranquillo. E gli austriaci a loro volta non si fidavano dei napoletani, anzi, li tolleravano pochissimo perché dal “padrone d’Europa”, Metternich, erano considerati deboli politicamente e indisciplinati.

Era il 16 gennaio 1821 e Ferdinando I fu convocato a Lubiana dagli austriaci per rimettere le cose a posto nel Palazzo Reale. Questa notizia fece grandissimo scandalo a Napoli e addirittura il figlio, Francesco, si schierò contro il padre: in pieno fermento di riforma nessuno voleva accettare le influenze di uno stato straniero nella politica nazionale. Ferdinando fu quindi costretto dal figlio a scrivere una lettera al popolo napoletano, assicurando che avrebbe mantenuto l’assetto costituzionale e difeso gli interessi del popolo. Nei fatti, invece, accadde il contrario.

Non si sa cosa dissero i diplomatici in quelle lunghe giornate di trattativa a Lubiana. L’Inghilterra si schierò a favore del parlamento del Regno delle Due Sicilie, mentre la Francia e l’Austria spinsero per una nuova restaurazione. Fatto sta che Ferdinando I tornò in città scortato da 20.000 soldati austriaci, dichiarando a sorpresa guerra agli insorti. La battaglia si svolse nelle gole di Antrodoco, dalle parti di Rieti, fra i napoletani guidati da Guglielmo Pepe e gli austriaci di Ferdinando I. Finì con un massacro per la fazione a favore della costituzione.

Ferdinando I rientrò quindi in città nel marzo 1821, revocò la costituzione, dichiarò chiuso il Parlamento e nominò il conte Capece Minutolo ministro di Polizia. La vendetta si concluse ordinando la condanna a morte o il carcere per tutti i cospiratori. Fra i condannati eccellenti ci fu anche un giovane Vincenzo Bellini, che all’epoca studiava al Conservatorio e si salvò dopo essere riuscito a dimostrare che non aveva alcuna idea antimonarchica.

Ferdinando I torna con gli austriaci
Ferdinando I torna a Napoli con gli austriaci: colpo di scena

Nuove rivoluzioni in arrivo

L’esperimento parlamentare del 1820-21 era probabilmente troppo in anticipo con i tempi. Lo ammise anche uno dei maggiori artefici dell’Unità d’Italia, Liborio Romano, nelle sue “Memorie Politiche”. Molti storici, però, fanno risalire a questa esperienza l’inizio degli eventi del Risorgimento Italiano, che portarono quarant’anni dopo ai fatti dell’Unità. Napoli ebbe altre due esperienze costituzionali: la seconda nel 1848, con Ferdinando II che all’epoca era visto come un possibile fautore dell’Unità italiana. La seconda, di stampo pienamente liberale, arrivò nel 1860 sotto Francesco II, con tanto di introduzione del tricolore italiano come bandiera di Stato.

L’orologio della Storia, però, era arrivato all’ultimo giro di lancette per l’antichissimo regno preunitario: Garibaldi entrò in città nel 1860 e, nel 1861, un nuovo parlamento fu aperto a circa 850km da Monteoliveto: si trovava infatti a Palazzo Carignano, nella Torino di Vittorio Emanuele II.

-Federico Quagliuolo

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Primo parlamento d'Italia
Il primo parlamento del Regno d’Italia, 1861

Riferimenti:
https://www.treccani.it/enciclopedia/matteo-angelo-galdi_(Dizionario-Biografico)/
http://www.nobili-napoletani.it/Galdi-1.htm
Liborio Romano, Memorie Politiche, 1878
Silvio De Majo, Ferdinando IV di Borbone, Newton, 1996
Delio Cantimori, Giacobini Italiani, Laterza, 1956

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