La verità sul mistero di Ettore Majorana!
Definire questa storia, “surreale“, sarebbe eccessivamente riduttivo.
E’uno dei misteri più intricati e controversi della Storia del nostro Paese. Un giovane professore di fisica scompare nel nulla e non verrà mai più ritrovato, sensazionali scoperte scientifiche fatte in mille pezzi, e una verità, a distanza di oltre settant’anni, che aspetta ancora di essere riportata alla luce.
Leonardo Sciascia scrisse su questa storia un bellissimo libro che consigliamo: La scomparsa di Majorana
E’ il 25 marzo 1938, sono da poco passate le 23 e 30, un piroscafo della società “Tirrenia” è in procinto di partire dal porto di Napoli, direzione Sicilia. A bordo c’è un giovane professore di fisica, distinto, di bell’aspetto, con un vestito elegante e i capelli nerissimi tirati di lato: il suo nome è Ettore Majorana.
«Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.»
Poche righe da lui scritte quella sera e indirizzate ai familiari, ma che fanno da subito presagire il peggio.
Majorana scompare il 27 marzo del 1938, e da quel giorno mai nessuno saprà più nulla su di lui, né tanto meno il suo corpo verrà mai ritrovato.
Per le autorità non ci sono dubbi: Majorana si sarebbe suicidato, gettatosi nelle acque fredde del mare aperto.
L’Italia, e con essa l’intera comunità scientifica internazionale, rimane con il fiato sospeso. In pochi, forse nessuno, credono alla storia dell’improvviso suicidio; gli stessi Giovanni Gentile e Benito Mussolini, scettici sul caso, scendono sul campo in prima persona alla ricerca del giovane scomparso.
Ma chi era realmente Ettore Majorana? E perché tanto clamore intorno alla sua vicenda?
Egli nacque a Catania da una famiglia di accademici e scienziati; un destino già scritto, il suo, quando all’età di cinque anni era in grado di svolgere a memoria calcoli matematici di una certa complessità.
Nel 1929 poi, all’Istituto di Via Panisperna ottenne la laurea in Fisica Teorica con eccellenti risultati, sotto la guida del Premio Nobel Enrico Fermi e Franco Rasetti. Nel corso gli anni ’30, la Fisica stava vivendo uno dei suoi momenti più prosperi in assoluto, in Via Panisperna un gruppo di ragazzi, a suon di studi ed esperimenti, cominciava piano piano a scardinare i confini della Fisica mondiale, muovendo i primi passi verso la bomba atomica.
Majorana era da molti considerato come la più brillante promessa della fisica italiana, ma a causa del suo carattere schivo, cupo e taciturno, il suo genio non riuscì mai a esplodere completamente; si rifiutava di pubblicare le sue incredibili intuizioni scientifiche, che soleva appuntarsi sui pacchetti vuoti di sigarette, e che puntualmente finivano gettati nei cestini dell’Università.
Dopo un importante soggiorno in Germania, a Lipsia, città nella quale ebbe modo di incontrare Heisenberg e altri illustri fisici del tempo, nel 1937 Majorana accettò ufficialmente la cattedra di professore di Fisica teorica all’Università di Napoli, soggiornando in via De Pretiis 72, presso l’albergo ‘’Bologna”. Qui strinse subito una forte amicizia con il professor Antonio Carelli, proprio nella città in cui prende vita il mistero.
«Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi. Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo. »
Questa lettera, indirizzata a Carelli, la scrisse Majorana quand’era ancora a Napoli, poco prima di partire.
Ma siamo sicuri che si trattò realmente di un suicidio? E se invece si celassero altre dietro incredibili veritàmai svelate prima? Cosa accadde veramente al fisico italiano più importante e illustre del suo tempo?
Il suicidio, a dirla tutta, fu un finale decisamente poco convincente agli occhi stessi dell’opinione pubblica del tempo; specialmente se considerato che il giorno prima della partenza, Majorana ritirò dalla banca tutti i suoi averi, portando con sé anche il passaporto. Il professor Vittorio Strazzeri dell’Università di Palermo, affermò di aver visto Majorana a bordo del piroscafo alle prime luci dell’alba del 27 marzo, di ritorno dalla Sicilia, in procinto di attraccare a Napoli; una conferma arrivata anche da un marinaio, convinto pure lui di aver scorto il professore di fisica, dopo aver doppiato Capri.
Possibile che Majorana abbia progettato una fuga solitaria? Sì, ma dove? Ma soprattutto perché scappare in questo modo, e da chi?
A questo punto bisogna aggiungere alla nostra storia un tassello fondamentale, forse quello risolutivo.
Francesco Fasani. E’ questo il nome di colui che, forse, avrebbe condotto le indagini alla risoluzione finale di un enigma rimasto irrisolto per più di settant’anni. Nel 2008 Francesco Fasani, un italiano emigrato in Venezuela, rivela in una nota trasmissione televisiva di aver incontrato e conosciuto di persona un certo “Signor Bini“; i due avrebbero trascorso insieme la metà degli anni cinquanta e sessanta a Valencia, in Venezuela . “Cosa c’è di strano?” Vi domanderete. Assolutamente nulla, se non fosse per il fatto che questo fantomatico “Signor Bini”, assomiglierebbe in maniera spaventosa al professore Ettore Majorana!
Una testimonianza scioccante che induce Pierfilippo Laviani, l’allora procuratore della Repubblica di Roma, ad affidare ai Carabinieri delicate verifiche tra l’Argentina e il Venezuela.
I Ris dei Carabinieri giungono così ad accertare l’identità di Ettore Majorana in una foto scattata in Venezuela nel 1955 in compagnia dell’emigrato italiano Francesco Fasani. Majorana si faceva chiamare Sig. Bini.
“I risultati della comparazione hanno portato alla perfetta sovrapponibilità dei particolari anatomici di Majorana (fronte, naso, zigomi, mento e orecchio) con quelle del padre.”
Questo è quanto si legge nella richiesta di archiviazione del PM Laviani.
La prova schiacciante fornita da Francesco Fasani, è costituita da una cartolina che Quirino Majorana, fratello del padre di Ettore e anch’egli fisico di fama mondiale, spedì nel 1920 all’americano W.G. Conklin, e ritrovata dallo stesso Fasani nella vettura del Signor Bini-Majorana.
Nel corso degli anni, un’infinità ipotesi si sono accavallate e smentite tra di loro, tutte intente a svelare possibili scenari sul futuro del giovane fisico.
In molti, tra cui soprattutto Leonardo Sciascia, ipotizzano che Majorana abbia intrapreso la vita monastica a Roma o in Calabria. Su questa pista si erano inoltre indirizzate le ricerche della stessa famiglia, la quale scrisse una lettera a Papa Pio XII Pacelli, al solo scopo di sapere dal Vaticano semplicemente se Majorana fosse ancora vivo o meno: non vi fu mai risposta.
Altri, invece, credono che Majorana sia ritornato in Germania, al servizio dei nazisti, e che sia fuggito in Argentina dopo la disfatta del regime di Hitler.
“Un uomo così intelligente, da dare tanti indizi diversi e contrari tra di loro, da riuscire a non far sapere, quale sarebbe stato il suo destino.”
Con questa frase di Enrico Fermi, termina cosi la nostra storia, ma solo per il momento…
Di: Andrea Andolfi
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