Un morto o un ferito ogni 8 ore a causa di incidenti in automobile (cifra da record per l’anno 1931!), persone esasperate dalla circolazione selvaggia delle poche automobili; assalti alle carrozzelle, ai tram in eterno ritardo e ai treni; linciaggi ai primi guidatori incivili che “correvano” con i primi trabiccoli FIAT, Darracq e Peugeot fra Via Toledo e la Marina. Non era uno stato di guerra, ma i rapporti di polizia e le cronache di giornale sulle strade di Napoli e provincia nei primi del ‘900.
L’assenza di regole sulla circolazione di mezzi veloci e difficili da frenare, infatti, diventò oggetto di grande preoccupazione per l’opinione pubblica e per il legislatore.
Nel frattempo, in tutta Italia la febbre per il nuovo mezzo era esplosa e il mondo delle quattro ruote si divise fra guidatori incivili, geniali innovatori e grandi industrie.
Una novità pericolosa
I primi automobilisti erano spesso anche esperti di meccanica: le automobili erano mezzi rozzi e inaffidabili, tant’è vero che nei primi regolamenti comunali (e poi nazionali) fu necessario specificare che le automobili dovevano garantire una sicurezza tale che “non si verificheranno esplosioni, incendi od altri accidenti“. Dovevano anche essere presenti a bordo tutti gli strumenti per effettuare tutte le riparazioni per strada.
All’epoca le strade di Napoli erano una casbah fatta di pedoni, cavalli, omnibus (una sorta di autobus trainati da cavalli) e tram elettrici gestiti dalla Società Belga dei Tramways, criticata da tutti per i continui ritardi e malagestione. Esistevano già i marciapiedi e non erano rari gli incidenti con i tradizionali carri trainati da cavalli, ma questo non frenava i pedoni dall’occupare in modo confuso la carreggiata, come testimoniano tutte le fotografie del secolo passato. D’altronde, non esisteva ancora la segnaletica stradale, i semafori e tutta la complessa e severa regolamentazione del Codice della Strada, che fu introdotto solamente negli anni ’30.
I primi regolamenti, fra incidenti e morti
Il primo atto normativo italiano che di fatto menziona le automobili è di epoca borbonica: risale al 1836 ed è un decreto reale che regola l’introduzione in Sicilia di una “vettura a vapore senza bisogno di rotaje“. L’anno è un dettaglio importante: non era stata nemmeno inaugurata la prima ferrovia d’Italia! Nel decreto, però, Ferdinando II semplicemente sottoponeva questo nuovo tipo di vettura alla stessa regolamentazione della circolazione dei carri.
Il primo regolamento automobilistico moderno (e una prima forma di patente, che era una licenza comunale) nacque a Milano nel 1898, proprio dopo aver sperimentato l’inciviltà dei primi facoltosi conducenti che scorrazzavano fra le strade lombarde con le prime automobili a benzina giunte dalla Germania e dalla Francia. L’entusiasmo verso le automobili era però alle stelle in tutta Italia: a Torino nel 1900 fu inaugurata la prima “mostra di auto vetture” (il futuro Salone dell’Auto) e, nel 1903, a Napoli nacque il primo club di appassionati, la “Società Napoletana Automobili” con sede a Mergellina, con un garage e con una banchina che ospitava i primi rudimentali motoscafi.
Una strage di bambini e animali
Le prime vittime delle automobili furono gli animali, che circolavano con una certa libertà per le strade di Napoli. Cani, gatti e altri quadrupedi, spaventati dal rumore del motore, finivano spesso sotto le ruote delle automobili, scatenando risse con i padroni che spesso finivano nella cronaca locale. In secondo luogo, tristemente, i bambini anche furono protagonisti della cronaca nera di inizio secolo, spesso dopo essere sfuggiti dalla vista dei genitori.
Secondo i primi regolamenti cittadini era addirittura obbligatorio annunciare su un quotidiano locale la data dell’uscita cittadina in automobile e il percorso, in modo da dare la possibilità ai cocchieri di scegliere altre strade da percorrere. Il rumore del motore (che all’epoca era assordante) e la scarsa capacità frenante dei mezzi, infatti, correva il rischio di spaventare i cavalli o di provocare incidenti con pedoni distratti. Entrambe le cose capitavano spesso.
Con la diffusione inarrestabile delle automobili in tutta Italia, Giolitti si fece promotore del primo regolamento automobilistico nel 1901.
La nuova legge fu subito inaugurata con un lutto: pochi giorni dopo la promulgazione del Regio Decreto iniziò il primo Giro d’Italia in automobile, partendo da Torino. La competizione cominciò con l’ennesimo incidente mortale, con l’auto di un nobile piemontese che travolse due bambini. Nel 1906 Palermo rispose con la Targa Florio, divenuta da subito famosa per gli incidenti tragici fra le strade siciliane.
La cronaca di un omicidio stradale del 1913
Il Mattino dell’8 luglio 1913 riporta la cronaca di uno dei frequentissimi incidenti in automobile che si verificavano fra le strade di Napoli:
Tentativo di linciaggio
Verso le ore otto e mezzo di ieri sera, una bambina di appena nove anni uscì saltellante ed allegra dalla sua casetta, dirigendosi verso il ponte di Cariati, per attingere dell’acqua alla fontana. Appena però fu sulla strada del corso, una automobile lanciata a tutta corsa si profilò sulla strada. La disgraziata bimba non fece neppure a tempo per mettersi in salvo e cadde, travolta dalle ruote del pesante veicolo. Un urlo terribile, un urlo di dolore, si levò gigantesco d’intorno da tutta la gente che aveva assistita allo svolgersi rapido e terribile dell’investimento. Una grandissima folla circondò l’automobile e cominciò ad inveire contro lo chauffeur. Invano costui cercava di giustificarsi, invano egli tentava di convincere la folla minacciosa della sua incolpabilità: niente più riusciva a calmare quei popolani, che erano addirittura esasperati. E di certo l’automobile sarebbe stata incendiata, di certo lo chauffeur sarebbe stato linciato, se non fossero subito accorsi sul posto gli agenti, i quali dovettero sostenere una tenace e viva lotta corpo a corpo con la folla.
Proprio nel giorno precedente un altro incidente mortale, con un’altra bambina morta, si era verificato al Corso VIttorio Emanuele. Il conducente era un ragazzo di 17 anni senza patente, che fu linciato dalla folla. All’epoca la “licenza di guida” era rilasciata dalla prefettura ai maggiori di 18 anni d’età dopo un esame di idoneità.
Notizie del genere erano all’ordine del giorno. Sul Mattino del 24 ottobre 1913 si racconta di un bambino di 5 anni che morì travolto da un tram. L’episodio sfociò nel pestaggio del macchinista da parte dei passeggeri.
Eccellenze automobilistiche napoletane
Uno dei pionieri dell’automobilismo italiano nacque proprio in provincia di Napoli: era Nicola Romeo di Sant’Antimo e, nel 1915, diventò proprietario dell’Alfa, la fabbrica che sarebbe diventata l’Alfa Romeo.
Meno fortuna ebbe la De Luca Daimler del 1906, concessionaria italiana della casa inglese, che provò ad introdurre le prime auto ibride in Italia: avevano un motore termico che arrivava a 80km/h (velocità alta per l’epoca) e uno elettrico che permetteva una velocità massima di 30km/h. Cifre astronomiche, se si pensa che il limite di velocità in città era di 25km/h. La società fallì per inadempienze contrattuali degli inglesi, che si ritirarono dall’accordo dopo aver visto lo scarso interesse verso il mercato delle auto elettriche. Chissà che avrebbero pensato se avessero potuto scoprire che la loro intuizione era semplicemente in anticipo di un secolo!
-Federico Quagliuolo
Bibliografia:
Storia fotografica di Napoli, 1892-1921, 1999
Giacomo De Antonellis, Napoli sotto il Regime, 1972
Incidenti stradali in Italia, ISTAT