La storia del Calcio è caratterizzata da centinaia di partite insolite. Fra queste compare una “Napoli Roma – Budapest” dell’11 febbraio 1934, giocata per celebrare l’arrivo dei Mondiali del 1934, che videro l’Italia vincitrice del suo primo titolo.
Il nome della squadra di casa non inganna: si chiamava “Napoli Roma” perché fisicamente nacque dall’unione delle rose di Napoli, Lazio e Roma, che crearono un insolito team che sfidò la squadra di Budapest, l’Újpest. Erano tempi diversi, di un calcio pionieristico fatto di entusiasmi e storie bellissime di leggende del pallone, di difensori che giocavano con il cappello ed arbitri che si presentavano in giacca sul campo.
Tanto Napoli a Roma
Era nata da pochi anni la Divisione Nazionale e il Napoli nei primi anni non aveva di certo brillato. Anzi, il cavallino rampante era stato trasformato nel famoso ciucciarello. Poi arrivarono finalmente due stagioni brillanti con due terzi posti (saranno in realtà le uniche buone del Napoli in epoca fascista), con una squadra di tutto rispetto e con la superstar Antonio Vojak, che ha mantenuto per oltre 78 anni il record di gol nel Napoli.
La difesa dell’insolito team “romanapoletano” era il pezzo forte del Napoli di mister Garbutt in campionato: in porta “il giaguaro” Giuseppe Cavanna, leggendario portiere azzurro (che poi diventò campione del mondo da riserva in nazionale), Enrico Colombari, all’epoca considerato uno dei migliori centrocampisti d’interdizione del mondo, Luigi Castello, affidabile difensore, e Giovanni Vincenzi, protagonista di un autogol che macchiò una partita eccellente. In attacco c’era invece un ventenne Pietro Ferraris, che diventerà dopo la guerra un protagonista nell’attacco del Grande Torino e si salverà dalla tragedia di Superga per un fortuito trasferimento al Novara nella sessione precedente di mercato.
La Lazio vantava i due cugini brasiliani, Octavio e Leonisio Fantoni, rispettivamente mediano e attaccante, mentre la Roma schierò Costantino, attaccante, Scopelli, mediano che detiene il record di primo calciatore italiano convocato in nazionale senza aver mai giocato in prima divisione, e “il professore” Fulvio Bernardini, un mediano laureato in scienze economiche (un fatto del tutto anomalo per l’epoca, ma anche oggi è raro vedere calciatori laureati).
Napoli Roma – Ungheria: come andò la partita?
Quel che è certo è che la partita fu molto divertente per i 20.000 spettatori, napoletani e romani, tutti radunati assieme nello Stadio Nazionale del PNF (quello che, trent’anni dopo, sarà lo Stadio Flaminio): erano le prove tecniche per rodare i meccanismi della squadra che avrebbe vinto i mondiali nello stadio che avrebbe ospitato la finale della competizione (Napoli invece fu teatro della finale 3° posto).
La Napoli Roma giocava in una fascistissima maglia nera, mentre gli ungheresi erano in bianco.
L’avversario degli italiani era tutt’altro che scarso: i giocatori della squadra di Budapest erano infatti in buona parte gli stessi della nazionale ungherese (che ai mondiali uscì ai quarti), e fu quasi uno scontro fra squadre di club e una nazionale, nel quale cominciarono forte proprio i giocatori avversari, che però andarono sotto di una rete al 22′ grazie al napoletano Ferraris, bravo nel deviare il cross di Costantino con un preciso colpo di testa.
Ci pensò la sfortuna a pareggiare i conti poco dopo: su un tiraccio di Jekub, il napoletano Vincenzi gettò la palla in rete con un movimento maldestro. 1-1 e rinviato tutto al secondo tempo.
La ripresa cominciò con una doccia fredda per la squadra italiana, con il vantaggio immediato degli ungheresi e partita addormentata per buoni 30 minuti, almeno fino al rigore all’80’ procurato e segnato da Scopelli, inarrestabile per l’intera partita.
Di lì, complice anche la stanchezza dei giocatori, si aprirono maggiori spiragli per le giocate dei calciatori italiani, che in cinque minuti furono capaci di segnare altri due gol: 82′ Fantoni II e poi partita chiusa con Bernardini all’85’.
Risultato finale: Napoli Roma 4, Ungheria 2.
4-2: segno del destino?
Sugli spalti i tifosi di Roma e Napoli diedero spettacolo ognuno tifando per i propri beniamini, salvo poi abbracciarsi tutti ad ogni goal: uno scenario che sembra quasi surreale immaginando le distanze e violenze moderne fra tifoserie che un tempo erano gemellate.
Le due squadre si salutarono con la promessa di sfidarsi di nuovo ai mondiali, che sarebbero cominciati a breve. Non fu così: l’Austria buttò fuori i magiari ai quarti e sfidò l’Italia al posto loro.
L’incontro fra molti atleti di quell’insolita partita fu però semplicemente rinviato di quattro anni: la finale dei mondiali 1938, vinti di nuovo dall’Italia, fu proprio con l’Ungheria. E finì ironicamente di nuovo per 4-2.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Gianni Nicolini, La storia del Napoli, Editrice Italiana Roma, 1967
http://www.laziowiki.org/wiki/Domenica_11_febbraio_1934_-Roma,_Stadio_Nazionale_del_P.N.F.-_Rappresentativa_Roma-Rappresentativa_Budapest_4-2