La prima cosa che verrebbe in mente ad un napoletano, quando gli si nomina “Capodichino“, è l’aeroporto. Eppure, questo è solo una parte, per quanto piuttosto grande, di ciò che nasconde questa fin troppo trascurata parte di Napoli: nei dintorni di questa vasta pianura, infatti, si sono verificati molti eventi rilevanti nella storia di Napoli: un assalto alla città da parte dei francesi, uno dei primi voli in mongolfiera compiuti da una donna,
Le origini medievali
Le prime tracce di storia di Capodichino risalgono al medioevo: di molto fuori dalla cinta muraria di Napoli, partendo da Porta Capuana, si raggiungeva uno scenario che oggi è quasi inimmaginabile, tra verdi colline e vaste aree pianeggianti poste ai margini estremi della città. Quel terreno era solcato da una strada di campagna, che conduceva, se seguita tutta, sia a Capua che a Benevento.
Prima di uscire dai confini partenopei, questo sentiero saliva fino alla cima di una delle colline di zona, il cosiddetto “clivo”. Proprio da quel punto, il “caput de clivo“, avrebbe preso il nome l’intera zona, per tutti i secoli successivi, fino ad oggi: infatti, il nome “Capodichino“, deriva proprio da una storpiatura, avvenuta nel corso del tempo, di quella dicitura latina che caratterizzava quella stradina che risaliva la collina.
Inoltre, non distante dalle strade che oggi contornano l’aeroporto, c’è ancora oggi una piccola via, sconosciuta ai più, che ricorda di un tentativo di invasione da parte dell’esercito francese finita in maniera disastrosa: via cupa Lautrec.
Tra militari e mongolfiere
Nel ‘700, durante la reggenza di Carlo III di Borbone e di suo figlio, Ferdinando IV (I delle due Sicilie), Napoli si espanse fino a giungere in prossimità del futuro quartiere di San Pietro a Patierno, al tempo un piccolo borgo non incluso nei confini cittadini. Infatti, con l’abbattimento di parte delle mura aragonesi e l’inaugurazione di via Foria, quel territorio stava iniziando ad abbandonare la sua dimensione bucolica, per includersi nelle caotiche dinamiche cittadine.
Proprio in quegli anni, a cavallo tra ‘700 e ‘800, il territorio di Capodichino trovò la sua vocazione, la destinazione definitiva che avrebbe mantenuto fino ad oggi: l’ambito dell’aviazione e quello militare.
Durante il regno di Ferdinando IV fu apportato un primo, importante cambiamento: fu tracciata la strada ancora oggi nota come Calata Capodichino, un ampio asse viario che percorre probabilmente il tratto di quell’originale stradina che risaliva sulla collina. La nuova strada era, ovviamente, più larga e meglio rifinita rispetto all’originale. Era finalmente integrata del tutto nel contesto cittadino.
Durante la parentesi napoleonica, anni di importanti cambiamenti per Napoli, l’ampia pianura oltre le colline del “caput de clivo” fu destinata alle esercitazioni militari e ribattezzata “Campo di Marte“, un nome classicheggiante, che richiama i tempi dei Romani e che è presente, con il medesimo scopo, anche in altre città d’Italia, come Firenze e Roma.
Il Campo di Marte fu inaugurato nel 1808, con l’inizio della parentesi napoleonica del Regno di Napoli. Poco dopo, fu tracciata l’attuale via Comandante Umberto Maddalena, che fornisce l’accesso ad una vasta pianura, di circa settantadue ettari.
Nel 1811, quella pianura ospitò un evento storico: l’aviatrice Sophia Blanchard, una delle prime nella storia, mostrò un suo volo in mongolfiera a Gioacchino Murat, lì presente. Da quel momento, quell’ampio terreno fu utilizzato sempre più spesso per esperimenti di volo.
Con la restaurazione, Capodichino mantenne il suo indirizzo aviatorio e, inoltre, le strade di zona furono integrate in un caratteristico progetto voluto dal re Ferdinando IV, per un più accurato e stringente controllo sui dazi per importazioni ed esportazioni tra Napoli e il resto della provincia: il muro del finanziere, inaugurato il 1825.
Il muro in questione era lungo circa ventuno chilometri, faceva il giro dei confini cittadini ed era intervallato da numerosi posti di blocco, di cui uno proprio a Capodichino, al centro dell’attuale piazza Giuseppe Di Vittorio e successivamente demolito per far posto ad un obelisco commemorativo dei morti della prima guerra mondiale.
Il Campo di Marte fu luogo anche di un altro importante e drammatico evento: l’attentato a Ferdinando II.
Era il 1856, l’Unità d’Italia era a pochi anni di distanza. L’ 8 dicembre fu organizzata una parata militare alla presenza di Ferdinando II delle Due Sicilie. Improvvisamente, uno dei militari, Agesilao Milano, uscì dalla sua fila e puntò il suo fucile contro il re, premendo il grilletto per ben due volte, prima di essere fermato.
I proiettili, tuttavia, non ferirono se non in modo superficiale il sovrano, poichè aveva molti stemmi sulla divisa, che bloccarono il colpo. Successivamente, l’attentatore tentò di ferire Ferdinando II con la baionetta, ma il suo colpo si rivelò di nuovo inefficace. Fu arrestato e condannato a morte, nonostante il re, a quanto pare, volesse perdonarlo.
I cambiamenti del ‘900 e l’aeroporto
Con l’abbattimento della quasi totalità del Muro del finanziere e l’incremento delle costruzioni residenziali, il quartiere cominciò a popolarsi molto di più. Nel corso del ‘900, inoltre, sorsero molte importanti strutture nell’area di Capodichino, che ne modificarono completamente l’aspetto, rispetto alle verdeggianti pianure originarie. Basti pensare alla costruzione di un tratto della Tangenziale di Napoli sopra piazza Ottocalli o ai numerosi edifici residenziali che oggi costeggiano l’aeroporto.
All’inizio del ‘900, in piazza Di Vittorio, sorse una scuola elementare, oggi stazione di polizia, recuperata dopo un lungo periodo di abbandono.
Nel punto più alto di Calata Capodichino, forse proprio il punto da cui si origina il nome “caput de clivo”, è sorto, negli anni ’20, l’Ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi, inizialmente diretto, perfino in progettazione, proprio dall’illustre medico di cui porta il nome.
Nel 1919, sorse un piccolo aeroporto militare, detto “Campo di Marte” e, nei decenni successivi, espanso sempre di più e ribattezzato con il nome di un pioniere dell’aviazione ed eroe di guerra napoletano: Ugo Niutta. Una vera e propria pista fu tracciata solo nel 1920.
L’aeroporto di Capodichino avrebbe mantenuto una destinazione esclusivamente militare fino agli anni ’50, da quel momento in poi fu convertito ad uso civile. Nel corso dei decenni, fu gradualmente ampliato e l’ingresso alle piste fu spostato più volte, il che comportò anche numerosi espropri nei vicini terreni di campagna. Tra le molte modifiche apportate, fu molto importante quella degli Alleati, nel 1943, che allungarono la pista di circa un chilometro.
Negli anni ’90, la società fondata dal Comune e dalla Provincia di Napoli vide entrare nella gestione anche una grande società inglese, la cui partecipazione rese l’aeroporto di Napoli il primo ad essere parzialmente privatizzato in Italia.
Si sarebbe dovuto attendere quasi un secolo dalla fondazione perchè quello di Capodichino diventasse uno degli aeroporti più attivi d’Italia.
-Leonardo Quagliuolo
Per approfondire:
“Le strade di Napoli” di Gino Doria
“Le nuove strade di Napoli” di Gianni Infusino
Harvard Library, mappa del 1943
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