Al seguito di un suo recente trionfo presso Tunisi, l’Imperatore Carlo V d’Asburgo, colui sul cui impero “non tramonta mai il sole“, si dedicò ad un viaggio cerimoniale presso i suoi possedimenti europei.

La sua sola presenza fu un vero e proprio evento di grido. Si trattenne a lungo nel Regno di Napoli, ricevendo, in ogni città che visitava, monete d’oro e doni preziosi, oltre che calda accoglienza e festeggiamenti. Don Pedro di Toledo, vicerè del Regno nonchè un fedelissimo dell’Imperatore, non volle essere da meno: organizzò nella Capitale un evento memorabile per ingraziarsi il sovrano, che decise di trattenersi a lungo in città.

Tra le principali testimonianze dell’evento, Antonio Summonte afferma nella sua opera, che “Laonde dal dì ch’entrò Sua Maestà in Napoli, per più di due mesi e mezzo continui i giorni furono chiari e luminosi“.

Carlo V d'Asburgo, Tiziano Vecellio
L’Imperatore Carlo V d’Asburgo in un ritratto di Tiziano Vecellio, presso il museo di Capodimonte.
Foto di Leonardo Quagliuolo

L’arrivo a Napoli

Carlo V giunse in città il 22 novembre 1535, ma prima di procedere con il suo ingresso ufficiale, accettò, “per accontentare i cittadini“, di soggiornare in villa Pietra Bianca, presso l’odierna Portici, fino a che i preparativi per il suo ingresso trionfale non fossero ultimati. Vi rimase per tre giorni.

Il 25 novembre, l’evento era stato predisposto al meglio da Don Pedro che, finalmente, potè accogliere l’Imperatore come aveva progettato. Summonte descrive quella giornata di novembre, quel “giorno giocondo” così bello e luminoso da sembrare aprile.

L’Imperatore entrò a Napoli, nei pressi del Palazzo di Poggioreale su di un cavallo riccamente ornato con oro e perle, indossando abiti di velluto, con al collo l’ordine del Toson d’oro. Al suo ingresso, fu dato ordine alle artiglierie di sparare festosamente.

Fu accolto da una moltitudine di figure illustri del Regno, tra nobili ed ecclesiastici di tutti i ranghi, oltre che da una folla di cittadini, fuori da Porta Capuana, la più imponente delle porte di Napoli, su cui ebbe occasione di notare il proprio stemma, scolpito per l’evento, di fianco al rilievo raffigurante San Gennaro.

Don Pedro di Toledo, vicerè di Carlo V
Don Pedro di Toledo, vicerè di Carlo V

Gli eletti della città, di cui sei nobili ed uno appartenente al popolo, vestiti di tutto punto, con i colori giallo e cremisi, a ricordare lo stemma della città di Napoli, si recarono, con il sindaco, Ferrante Sanseverino, principe di Salerno, a porgere i loro omaggi all’illustre ospite, “baciandogli la mano ed il ginocchio“.

Ciascuno di loro aveva dodici portieri e altri dodici trombettieri, vestiti allo stesso modo. A loro seguitono trentasei rappresentanti dei seggi (o sedili) della città. Dopodichè, il conte Giovanni Antonio Carafa gli diede le simboliche chiavi della città, realizzate in oro, tra mille riverenze. Ma Carlo V gliele rese subito, rispondendo, compiaciuto, che sarebbero state ben custodite in questa “Fidelissima ciudad“.

Giunto, poco dopo, in piazza San Lorenzo, gli furono mostrate statue tratte dalla mitologia greca, come quella di Ercole e Atlante, oppure allegoriche, rappresentanti la fede e la vittoria militare, create per l’occasione davanti al palazzo del governo cittadino, tutte presentanti iscrizioni in suo onore, oltre a delle targhe in marmo. La parata proseguì attraverso i vari Seggi cittadini, ognuno dei quali aveva dedicato altre statue all’Imperatore.

Giunta la sera, Carlo V entrò in Castel Nuovo, dove avrebbe abitato nel corso della sua permanenza in città, lasciandosi alle spalle la folla festeggiante e nel mentre, le artiglierie sparavano colpi al cielo.

Carlo V summonte
Carlo V, da una stampa dell’opera di Antonio Summonte

La permanenza di Carlo V

Ogni giorno furono organizzati giochi e feste in occasione della visita di Carlo V e, proprio durante la sua permanenza a Napoli, celebrò il matrimonio di sua figlia Margherita d’Austria con Alessandro de’Medici di Firenze e, al contempo, partecipò ai matrimoni di altri esponenti della nobiltà del Regno di Napoli, festggiati in Castel Capuano, con invitati illustri anche di altri regni.

Ad interrompere momentaneamente l’aria di festa, Carlo ricevette notizia della morte del Duca di Milano, Francesco Sforza. Dovette assegnare un nuovo Duca, tra i suoi fedelissimi e celebrò le esequie presso la chiesa di Santa Maria la Nova, sempre a Napoli.

Ma l’atmosfera festosa pensata appositamente per la gioia dell’Imperatore non finì lì: all’Epifania del 1536, fu organizzata una corrida, di tradizione tipicamente spagnola, in piazza Carbonara (oggi via San Giovanni a Carbonara), in cui Carlo V stesso partecipò! E, riporta Summonte, “mostrò grande destrezza e leggiadria“.

Poco tempo dopo, il Parlamento si riunì per stabilire l’ammontare di denaro che i Baroni e l’ Università di Napoli avrebbe dovuto donare all’illustre ospite: una cifra impressionante per l’epoca così come oggi, che ammonta a ben 500.000 ducati. Più di quanto abbia donato qualunque altra città a cui fece visita in precedenza.

In rosso, oggi chiamata “via San Giovanni a Carbonara”, in una mappa del ‘700. Probabilmente qui fu ospitata la corrida per Carlo V.

Il banchetto del Tesoriere e l’ira di Don Pedro

Nel corso del soggiorno di Carlo V, furono organizzati numerosi banchetti da altrettanti nobili napoletani, a cui presenziò volentieri. Uno di questi banchetti fu organizzato dal tesoriere Sanchez all’Olmo, nella sua abitazione a San Giovanni Maggiore, dove era ospitato lo stesso don Pedro, che aveva ceduto la propria residenza in Castel Nuovo all’Imperatore, per garantirgli il massimo comfort e per ingraziarselo quanto più possibile. Proprio questo banchetto fece emergere il disprezzo che don Pedro nutriva nei confronti di un nobile napoletano, il duca Antonio d’Aragona.

Al banchetto erano presenti moltissimi nomi illustri, sia locali che di altri regni, quali Aragona, Colonna, Gonzaga, Carafa, Orsini, tra cui una schiera di nobildonne, desiderose di incontrare e conoscere Carlo V. Tra loro, c’era Dianora di Toledo, figlia del Vicerè. Tutte loro erano state radunate in una sala della residenza.

Il marchese del Vasto ordinò a suo cognato, Antonio d’Aragona, di far da guardia alle signore giunte per l’evento. Tuttavia, don Pedro, temendo che questo potesse far lusinghe alla propria figlia, verso la quale era molto protettivo, entrò, intimando ad Antonio di andarsene e che “non è bene che un sol uomo stia con tante donne“. I due iniziarono a discutere animatamente, finchè non giunse anche il marchese, schieratosi dalla parte del cognato. Tutti portarono la mano ai propri pugnali.

Carlo V entrò improvvisamente nella stanza, forse udendo l’accesa discussione, riprendendo tutti i presenti, comandandogli che si calmassero. Uscì subito dopo, spazientito. Don Pedro e Antonio d’Aragona avrebbero continuato a non sopportarsi reciprocamente, ma non per quella sera.

Carlo V in porta Capuana
Tomba di don Pedro di Toledo, raffigurante l’ingresso di Carlo V a Porta Capuana.

Durante il lungo soggiorno dell’Imperatore a Napoli, quest’ultimo udì dell’intenzione del re di Francia di impossessarsi del ducato di Milano, parte del suo vasto impero, motivo per cui “se ne andò tutto collerico” verso Roma il 22 marzo 1536, dopo un lungo, piacevole e festoso soggiorno a Napoli, che, da semplice festeggiamento per vittorie militari, si trasformò in una ben più lunga vacanza.

Curiosità: l’ingresso di Carlo V a Napoli è stato raffigurato in un rilievo decorante la tomba di don Pedro di Toledo (in cui non fu tumulato), presso la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, a Napoli. L’opera fu realizzata da Giovanni da Nola, anche noto come Giovanni Merliani.

-Leonardo Quagliuolo

Per approfondire:

Antonio Summonte, “Dell’historia della città e regno di Napoli“, Volume IV

Università di Roma “La Sapienza”

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