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Nessuno avrebbe mai immaginato, in quel lontano 960, che si stava per scrivere la storia della lingua italiana a causa di un litigio in tribunale per un pezzo di terra. E invece i Placiti Campani, conosciuti anche come Placiti Cassinesi per il luogo in cui erano conservati, sono oggi ricordati come la più antica testimonianza di un testo scritto in lingua volgare, parlato in tre città diverse: Capua, Sessa Aurunca e Teano.

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.

Capua, 960
Placiti Campani Placito di Capua
Placito di Capua: la lapide si trova oggi nella città moderna

Tutto nasce in tribunale

La storia è legata ad un fatto che ancora oggi è protagonista di tutti i tribunali d’Italia: un litigio fra vicini sui confini dei propri territori. C’era infatti da un lato il feudatario Rodelgrimo d’Aquino e dall’altro il monastero dei benedettini, rappresentato dal monaco Aligerno, che contendevano un pezzo di terra. Si presentarono entrambi davanti ad Arechi, giudice del tribunale di Capua, per riuscire a risolvere la disputa.

Dopo l’invasione saracena dell’anno 883, infatti, i territori dell’Abbazia di Montecassino furono completamente saccheggiati e molti di questi ridotti in pessime condizioni. Serviranno quasi cent’anni di lavori per riuscire a riportare il prestigio e l’ordine nei possedimenti. E in questo lunghissimo periodo, chiaramente, ci fu qualcuno che ne approfittò occupando abusivamente le zone lasciate senza proprietari. Fu infatti proprio Rodelgrimo d’Aquino a fare causa ai benedettini, spiegando che a loro non rimaneva altro che il monte su cui sorge l’abbazia.

Il giudice chiese allora a Rodelgrimo di esibire i documenti che attestavano la sua proprietà ma, non essendocene, attore e convenuto furono costretti a ricorrere alle prove testimoniali. D’altro canto, il processo “si svolge davanti a Dio che sa già tutto di questa umana disputa”.

Placiti Campani
Dei Placiti Campani, il primo fu il “Placito Capuano”, scritto a Capua nel marzo del 960.

Le testimonianze in Italiano nei Placiti Campani

Il processo, tenuto in latino che era la lingua della cultura (e del diritto romano), ad un certo punto si interrompe con le testimonianze di alcune persone dette in una prima forma di Italiano volgare, seguendo una formula precisa che viene suggerita dal giudice stesso.
Più o meno si può tradurre così: “So che quelle terre, in quei confini così descritti, furono possedute per trent’anni dal monastero di San Benedetto“.

Questa cosa ci suggerisce che probabilmente l’utilizzo della lingua volgare era già da tempo codificato anche nei processi che non ci sono giunti. Questa formula di giuramento, invece, era sicuramente già nota in tutta Italia: in un documento rinvenuto a Lucca, datato 822, era presente la stessa identica formula, ma in latino.

Capua antica
Capua Antica

I testimoni Teodemondo, Mari e Gariperto erano tutti chierici, quindi persone istruite e capaci di parlare sicuramente anche in latino. Gli storici si sono interrogati a lungo su questo punto e sono addivenuti alla conclusione che probabilmente il volgare fu utilizzato con lo scopo di rendere comprensibili le parole a tutti i presenti.
Dopo il Placito Capuano, infatti, ci sono nell’archivio dell’Abbazia di Montecassino altri due documenti con analoghe testimonianze, presi a Sessa Aurunca e a Teano nel luglio del 963. sono scritti in modo molto simile e, in quel caso, i testimoni furono anche chiamati a indicare con il dito i confini dei territori dei benedettini.

Il processo, alla fine, si concluse con la vittoria di Aligerno di Montecassino, che ebbe finalmente anche un documento che comprovava la proprietà e l’estensione dei possedimenti.
E noi, grazie a quel giudice vissuto un millennio fa, abbiamo i Placiti Campani, che sono la prima testimonianza della lingua italiana, scritta nella potentissima Capua antica.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Salinari, C. e Ricci, C. Storia della letteratura italiana. Bari, Laterza, 1983
https://www.unica.it/unica/protected/132999/0/def/ref/MAT132997/
http://bm.bncrm.beniculturali.it/biblioteche/badia-montecassino/placito-cassinese-marzo-960-d-c/
http://atti.asita.it/ASITA2018/Pdf/051.pdf

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  1. Franco Avatar
    Franco

    La mascita del volgare sao ca kelle terre… “rivordo di averlo letto sul mio testo di letteratura italiana, al liveo scientifico V. Cuoco

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