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“Hai due facce come San Matteo“. Un tempo, fra i tanti sfottò e campanilismi della regione, questa era la frase che toccava ai salernitani quando si voleva indicare una presunta ipocrisia e falsità nel carattere cittadino.

Questa è infatti la frase progenitrice di quasi tutti gli insulti che caratterizzano i diverbi fra Salerno e le città vicine.

In realtà la storia delle due facce di San Matteo è tutt’altro che lineare e si riferisce ad un oggetto realmente esistente: la statua del santo che si trova all’interno del Duomo di Salerno, infatti, per davvero ha due facce. Non c’è una spiegazione ufficiale sulla scelta di Michelangelo Naccherino, lo scultore che realizzò questa statua.

Le interpretazioni sono diverse e si collegano anche ad altri modi di dire offensivi sui salernitani, che fanno parte di quell’enorme eredità di campanilismi che, in Campania, purtroppo è stata poco studiata e codificata.

Innanzitutto, però, chiariamo un dubbio.

Perché San Matteo è il patrono di Salerno?

La storia è relativamente recente. Si attribuisce infatti al 1544, quando la città stava per essere devastata da una delle numerosissime incursioni saracene che flagellavano l’intera costa meridionale della Campania (e non è un caso se ancora oggi ci sono tante torri di avvistamento lungo la costa).
Fu così che, in quell’occasione, i fedeli riuniti nel Duomo pregarono con tale intensità il loro patrono da convincerlo a intervenire: secondo alcune tradizioni pare abbia addirittura detto “Salerno è mia, io la difendo!“. Quel che è certo è che venne una tempesta che spazzò via tutte le navi saracene.

La festa del santo, per giunta, è molto lunga e si articola in numerosi giorni: ci sono infatti due momenti principali in cui viene celebrato. Comincia infatti il 6 maggio, in occasione dell’anniversario della traslazione delle reliquie a Salerno (intorno al X secolo) e poi il 21 settembre in occasione della morte del santo patrono. Nel mentre, ci sono altri momenti di celebrazione, come la “alzata del panno” del 21 agosto.

Queste date, non a caso, sono anche quelle storiche della Fiera di Salerno.

Due facce di San Matteo duomo
Le due facce di San Matteo, nella statua del Duomo di Salerno. Si notano i due busti attaccati alle spalle

San Matteo, da esattore delle tasse ad apostolo

San Matteo ha ricchissime origini. Nella sua vita terrena, infatti, era un pubblicano, ovvero un esattore delle tasse. La Bibbia ci racconta che Gesù, una volta avvicinatosi a lui, gli disse: “Seguimi!”. E lui si alzò e lo seguì, abbandonando la sua vita passata e tutte le ricchezze. A causa delle sue origini, il santo è anche protettore della Guardia di Finanza e dei banchieri.

Una prima interpretazione, quindi, lega la “doppia faccia” ad una “doppia vita” di San Matteo: prima volto del potere e poi seguace fedele di Gesù. Il simbolo di sacro e materiale che convivono nello stesso uomo.

Stemma di Salerno San Matteo
Lo stemma di Salerno con San Matteo, aggiunto dopo l’episodio del 1544

Le due facce di San Matteo: una questione di culto

Una diversa interpretazione sulle due facce di San Matteo è invece legata al culto di Giano. Forse Naccherino volle rappresentarlo così perché, effettivamente, in più luoghi d’Italia ci sono edifici cristiani legati a San Matteo sorti al posto di antichi templi di Giano: abbiamo un esempio a Nocera, nel Rione San Matteo, e a Verona, nella chiesa intitolata al santo. I legami fra i culti antichi e quelli moderni, che non sono affatto rari nel cristianesimo, però, sono terre tutte da esplorare per future ricerche.

Il salernitano inganna il diavolo!

In realtà, sulla doppiezza del carattere dei salernitani ci sono anche altri detti. Un altro modo di dire noto è quello che lega l’astuzia dei salernitani al diavolo.
Secondo le interpretazioni benevole, infatti, la resistenza alle avversità e le capacità di adattamento dei salernitani sono tali da riuscire a vincere anche il diavolo in persona.
Non sono dello stesso avviso quelli che rivolgono questa frase in termini offensivi: proprio come le due facce di San Matteo, i salernitani riuscirebbero a prendere in giro con la loro falsità anche il demonio in persona.

Campanilismi e rivalità

Purtroppo non abbiamo studi approfonditi sui campanilismi che caratterizzano le città della Campania ma, leggendo le ricostruzioni più vecchie (in primis quella di Benedetto Croce), le rivalità fra Napoli e Salerno sono molto più recenti di quel che si pensi. Differente è la questione se la mettiamo sul piano politico: Salerno, a partire dalla dominazione angioina, ha sempre sofferto un trattamento considerato “di serie B”, dopo essere stata per secoli la città dominante in Campania.

Quel che è certo è che in passato le rivalità fra i popolani erano molto più sentite fra i propri vicini che con la capitale. Intolleranze che spesso si risolvevano con le “petriate” o “guainelle”.

Prima dell’Unità, i salernitani avevano dei serissimi conti in sospeso con la vicina Amalfi (nel medioevo la città fu addirittura invasa e saccheggiata) e soprattutto con Cava de’ Tirreni. I napoletani, invece, ce l’avevano a morte con le città più vicine, da Castellammare alla Costiera Sorrentina.
Si tratta di uno schema ricorrente, tipico dell’Italia. Nel nostro ambito campano ci basterebbe solo citare la leggendaria guerra fra Nocerini e paganesi, e ancor prima pompeiani, tanto che sfociò nella prima rissa da stadio della Storia.

Abbiamo raccontato in questo articolo, risalente al ‘500 e al ‘600 napoletano, che le intolleranze dei residenti della capitale si sono sempre rivolte verso i sudditi provenienti dalle province calabresi. In tempi ancora più antichi, invece, a beccarsi erano i napoletani e i siciliani. Ma questo è ampiamente giustificabile anche per le questioni politiche che dividevano le capitali Palermo e Napoli.
Tornando in Campania, Benedetto Croce ci riporta una filastrocca risalente al 1592.

Scopriamo così che i salernitani erano soprannominati “tagliaborse” dai napoletani.

Pescivendoli e rivalità calcistiche fra Napoli e Salerno

A questo punto dovremmo chiederci dove sia nato l’arcinoto “pisciaiuolo” (alias: pescivendolo): è un termine usato con accezioni offensive da un tempo relativamente recente. E sarebbe anche strano il contrario, dato che sia Salerno che Napoli hanno avuto due pescivendoli come capipopolo nel 1647: da un lato Masaniello, dall’altro Ippolito da Pastena. E, per di più, pescivendolo in napoletano si dice “pisciavinnolo

L’idea di trasformare le tradizioni marinare dei salernitani in un motivo di offesa proviene molto probabilmente da un campanilismo lontano da Napoli: sappiamo che infatti i Cavesi scambiano vicendevolmente con i salernitani “pescivendoli” e “pecorari” da tempi immemori, sicuramente più lontani degli sfottò da stadio dei napoletani.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
21 Settembre, San Matteo: “Salerno è mia, io la difendo” – Salerno News 24
La Festa di San Matteo, il patrono di Salerno, tra storia e leggenda – Antonio Amato
S. Matteo Apostolo ed Evangelista – Patrono di Salerno e dell’Arcidiocesi – Arcidiocesi (diocesisalerno.it)
San Matteo (rione di Nocera Inferiore) – Wikiwand
Chiesa di San Matteo (Verona) – Wikipedia
Duomo Di Salerno – La Figura di San Matteo
Archivio storico per le province napoletane – Google Books
Alfredo De Crescenzo, Leggende e Tradizioni Salernitane, Salerno, 1931

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