Matilde Serao, giornalista e scrittrice, fu la prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano: Il Mattino.

Qualche giorno fa, nella libreria dei miei nonni, mi sono imbattuta in un suo scritto: “Leggende napoletane”.  Sfogliandone le pagine sono rimasta affascinata da una storia in particolare, che ho deciso di raccontare anche a voi.

E’ una leggenda dai tratti dolci e dalle sfumature sovrannaturali ambientata nel Bosco di Capodimonte. Il Bosco, che ha sempre affascinato e incuriosito per la sua immensità, si estende infatti per una superficie di circa centoventiquattro ettari ed è stato teatro di una storia d’amore davvero singolare.

Tra gli alberi altissimi, i viottoli e i tronchi nodosi, vagava spesso un giovane nobile, il quale era solito sperdersi nei giardini rigogliosi di quell’oceano verde. Il suo animo era però  intriso di malinconia, pallido e triste, come una patina grigia che avvolge il mondo. Un velo scolorito sul suo cuore,  che lo rendeva indifferente ad ogni cosa. Non riusciva a comprendere il perchè di questa sua infelicità e invano girava tra i sentieri nascosti del bosco.

 

 

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Sentiero del Bosco di Capodimonte

 

Ma un giorno, nella sua errante solitudine, egli la vide.

Fu come un lampo luminoso, un istante di luce in cui quella figura gentile e dai contorni eleganti si mostrò ai suoi occhi. Il nobile rimase colpito da quella bellezza eterea, mai aveva provato sulla propria pelle l’emozione suscitatagli da quell’apparizione mistica.  Corse da lei, ma quando la raggiunse, era sparita.

I giorni successivi tornò invocando il suo amore, ed ella riappariva, lontana e silenziosa. Il giovane scorgeva da lontano la sua figura indistinta, bianca , quasi vitrea. Così, poco a poco, la fanciulla iniziò a concedersi sempre più, appariva ogni volta meno lontana, più nitida, più chiara. Una creatura celestiale per il quale il ragazzo moriva d’amore.  Un amore altissimo e puro.

I giorni diventarono di volta in volta più lunghi, più felici assieme a quegli occhi trasparenti e chiari. Egli contemplandola,  le rivolgeva le parole più gentili e dolci, e la diafana creatura, sorrideva serena ai suoi discorsi d’amore.

Ma in un crepuscolo di autunno il loro sogno d’amore fu distrutto.

-Mi ami?-  chiese lui,

-Si-  fu il sussurro che riuscì ad udire dalle sue labbra immobili.

L’emozione fu talmente inaspettata che  l’abbracciò forte, nell’impeto della felicità più grande. Ma questo errore gravissimo li condusse alla rovina.

La luminosa fanciulla infatti cadde al suolo, frantumata in mille cocci di porcellana bianca.

La leggenda racconta che anche il giovane poco dopo morì, moribondo e disperato per aver perduto la propria amata. Furono le stesse Porcellane del Museo di Capodimonte a seppellirlo, conducendolo al giaciglio eterno.  E come scrive la stessa autrice :

Fu questa la vendetta della fredda e candida porcellana, su colui che aveva frantumata la fanciulla immortale. E’ questa la storia eterna e fatale. L’ideale raggiunto, toccato, va in pezzi.”

 

 

 

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