Port’Alba non è mai immobile: è un continuo andirivieni di studenti, turisti, negozianti e compratori. Ma anche della strega di Port’Alba.
Qualcuno attraversa la strada di fretta, con lo sguardo fisso a quella Piazza Bellini che trabocca di bar e divertimento ad ogni angolo; qualcun altro si ferma, avvolto dall’affascinante profumo dei libri vecchi, consumati, pronti a raccontare ancora una volta la loro storia eterna. Port’Alba, il vecchio Largo delle Sciuscelle, quel «pertuso» così piccolo da permettere il passaggio ad una persona per volta, che non si è mai rassegnato ad essere chiuso, e che sempre trovava il modo per riaprirsi. Tanto tenace, che nel 1617 don Antonio Alvarez de Toledo duca d’Alba si decise a renderlo una porta. Eppure non è stato sempre così: Port’Alba non è sempre stato un cangiante spettacolo di colori, vociare e chiacchiericci. Port’Alba è stato anche scenario di calunnie e maldicenze, un luogo oscuro e tetro, inavvicinabile. E l’eco di quegli anni terribili lo si sente ogni notte: «La pagherete tutti».
Una storia tragica e profonda, simile a quella della Strega di Vico Pensiero.
Maria la rossa e un amore negato
Port’Alba non è mai immobile: anche nel buio le sue ombre prendono vita, ed una in particolare si aggira tra le sue antiche mura, fermandosi sempre nello stesso luogo. Un’ombra che un tempo era una giovane donna di nome Maria, molto attraente, dalla figura alta e sottile, la pelle color avorio e lunghi capelli fiammeggianti e risoluti, che le conferirono l’appellativo di “ ‘a rossa“. Era così bella e desiderata che giungeva gente da ogni luogo per ammirare la sua chioma, ma lei non concedeva a nessuno la grazia di uno sguardo, pazza d’amore per il suo fidanzato. Michele, un conciatore di pelli che abitava poco lontano, su all’infrascata, che l’aveva chiesta in moglie quando lei aveva solo vent’anni.
Maria abitava proprio all’ombra di uno di quei grandi carrubi che infestavano la via di Port’Alba, in una casa piccola, ma graziosa, situata nel luogo dove ora si trova una pizzeria. Lo stesso angolo del Largo delle Sciuscelle in cui era situata una fontanina, dove ogni viandante alle prime ore della sera si fermava a ristorarsi. La stessa fontanina davanti alla quale Maria passava ogni giorno ammirando quel via vai di persone che stanche ritornavano a casa.
Una ingiustizia misteriosa
La stessa fontanina davanti alla quale passarono sotto braccio Maria e Michele sei mesi dopo la proposta di matrimonio, lei in un meraviglioso abito bianco, lui in un delirio di felicità per aver preso in sposa la donna più bella del mondo. Ma la felicità della coppia fu rotta dal rombo di un tuono in lontananza, e mentre Maria continuò a camminare liberamente, una forza misteriosa inchiodò i piedi di Michele davanti a quella fontanella, pietrificandolo, e lui non poté proseguire verso la porta di casa. A nulla valsero gli scongiuri e le preghiere della donna, che con tutte le sue forze provò a staccare il suo amato dal pavimento, senza riuscire a smuoverlo di un millimetro.
Quando finalmente Maria, sfinita, si rassegnò, al poveretto non rimase che tornare indietro, mentre lei rimettendo piede in casa chiuse la porta per giorni, dannandosi così tanto nel suo dolore di sposa che le sue grida strazianti risuonarono per l’intera città.
La strega di Port’Alba
Lentamente quel dolore si impadronì di lei: i lunghi capelli rossi sbiancarono, la pelle raggrinzì, divenne cupa e torva, e mentre prima il mondo intero correva per ammirarla, adesso lo stesso mondo scappava via da lei. Maria ‘a rossa era diventata la strega di Port’Alba, in un secolo in cui c’era posto per tutto tranne che per le streghe. In quegli anni di sentenze sommarie, di inquisizioni e di barbarie, Maria fu condannata ad una morte atroce: fu rinchiusa in una gabbia proprio sotto l’arco di Port’Alba, e fu lasciata morire di fame e di sete. Dopo giorni di urla strazianti e di suppliche, Maria morì, pronunciando le parole che ancora risuonano tra le vecchie mura del Largo delle Sciuscelle: «La pagherete tutti».
Il suo cadavere non fu rimosso da quella gabbia, ma anzichè decomporsi, diventò pietra. E temendo che in quella metamorfosi si nascondesse un sortilegio della strega di Port’Alba, i giudici dell’Inquisizione si affrettarono a rimuovere la gabbia, tralasciando il gancio che la legava alla porta. Quel gancio che ha lasciato il buco tra le mura dove ogni notte quell’ombra dalla chioma rosso fuoco si ferma, ripetendo la sua cantilena eterna.
Camilla Ruffo
Lascia un commento