La storia che vi racconteremo oggi è una storia un po’ diversa dal solito. Il Cartastorie, ovvero il Museo dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, è una storia di storie.
Una piccola delegazione di Storie di Napoli si è avviata, in un pomeriggio un po’ umido, lungo via dei Tribunali e, percorrendola tutta, è arrivata a due passi da Castel Capuano, fermandosi esattamente a questo indirizzo: via dei Tribunali 214.
Davanti a noi c’era l’ingresso de Il Cartastorie: il Museo dell’Archivio Storico del Banco di Napoli.
Sì, a citarlo così, con il suo nome lungo e un po’ pomposo, sembra una cosa noiosa, un posto per specialisti, un luogo di sbadigli e topi di biblioteca.
Niente di più sbagliato. Cartastorie
Scopriamo il Cartastorie
Appena appena intimiditi e perlopiù – come nostro solito – curiosi, siamo entrati e siamo stati accolti da Andrea e Alessia.
Le presentazioni, due chiacchiere, e “posate le giacche, che vi portiamo a vedere il Museo”. Cartastorie
Davanti ai nostri occhi, guidati dalle parole di Andrea, si è lentamente schiuso un mondo, un mondo di carta; un grande libro polveroso come i tanti che erano sparsi per le 300 sale del Museo si è aperto e ci ha raccontato un intero nuovo universo che ignoravamo.
Ma perché prendere vecchie carte di cambiali, acquisti e prestiti ed esporle in un Museo?
Andiamo con ordine e facciamo un salto indietro nella Storia: benvenuti nella Napoli del ‘500, vivace, in gran parte povera, agitata, attanagliata dall’usura. I prestiti effettuati con interessi altissimi perseguitano la povera gente, e vanno – per di più – contro i precetti della Chiesa Cattolica, che annovera l’usura tra i peggiori peccati che possano essere commessi.
Per ovviare dunque a questa drammatica situazione, cominciano a sorgere una serie di banchi pubblici dei luoghi pii: delle istituzioni che concedono prestiti su pegno per somme inizialmente piccole e senza interesse. Il primo di questi è il Monte della Pietà. Corre l’anno 1539.
Nel giro di pochissimo tempo, istituzioni di questo genere si diffondono a macchia d’olio, basando la propria sopravvivenza sulle ingenti donazioni di nobili e dame che, nei loro testamenti, lasciano buona parte dei loro tesori ai vari Monti e Banchi.
Tutto ciò che avviene all’interno di essi, e tutto ciò che avviene tra l’interno e la città, viene fedelmente, febbrilmente riportato su carta: qualsiasi cosa sia ceduta, venduta, acquistata, regalata, perduta o sequestrata viene testimoniata da inchiostro e pergamena.
Intorno al 1809 tutte le 7 istituzioni pie, che si trovavano in città (insieme a tutta la loro documentazione) confluiscono in un unico Banco delle Due Sicilie.
Un prestito di una certa quantità di ducati per acquistare un chilo di pane e gli accordi tra Caravaggio e i suoi committenti per la realizzazione delle sue opere; le ricevute d’acquisto degli strumenti di ricerca del principe di San Severo, dalle ampolle ai materiali misteriosi, e la cauzione pagata per la scarcerazione di un popolano finito in carcere per la rissa in una taverna.
La storia in piccoli dettagli
Tutta la Storia di Napoli, dalle piccole personalità che ne sono linfa silenziosa e vitale ai grandi uomini che ne hanno coagulato il ricordo nella loro vita e nelle loro personalità, tutto questo è conservato a il Cartastorie.
E tutto questo noi abbiamo potuto ammirare, ascoltare con le nostre orecchie e toccare con le nostre mani: il Museo, infatti, dà la possibilità di sfogliare i grandi libri contabili, di cercare servendosi dell’ordine alfabetico anche il nome di un proprio antenato; e, attraverso suggestivi allestimenti tecnologici, ascoltare quello che è il punto d’unione tra i ragazzi de il Cartastorie e i ragazzi di Storie di Napoli: sulla base dei documenti ritrovati nell’archivio sono state infatti elaborate alcune storie di schiavi riscattati e quadri perduti, di donne violentate e famiglie decadute, e – lette dalle voci suggestive di attori teatrali – queste storie sono raccontate attraverso le sale.
Percorrerle significa percorrere la storia di Napoli, significa innamorarsene.
Beatrice Morra e Roberta Montesano
Fotografie di Mariagiovanna Guillaro
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