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Napoli, dove le chiese si trasformano… in librerie!

Chiudete gli occhi per un istante e lasciatevi trasportare a Napoli, in via Carlo Poerio. Immaginate, da un lato  una piccola chiesa abbandonata da decenni, colma di rifiuti e bersaglio preferito di ladri e vandali; dall’altro, invece Marzio Alfonso Grimaldi, uno dei più importanti editori del nostro Paese, uomo d’altri tempi, mosso da un’inesauribile voglia di conoscere e profondamente innamorato dei suoi figli, i libri antichi, che lo hanno portato a realizzare un sogno che aveva fin da bambino, un vero e proprio miracolo culturale: riaprire dopo trent’anni di decadenza le porte di quella bellissima chiesa, donandole cosi una nuova vita, per costruire al suo interno una preziosissima libreria antiquaria.

E cosi, qualche giorno fa, venuto a conoscenza di questa suggestiva rinascita, decisi di andare parlare con il Signor Grimaldi per conoscere meglio questa chiesa-libreria  la figura del suo geniale artefice.

Tutto ebbe inizio nel 1910, quando in Vico Freddo a Chiaia, divenuta poi Via Carlo Poerio, vi fu la costruzione di un nuovo palazzo; il costruttore per devozione decise di sacrificare 2 botteghe adiacenti per la costruzione di una piccola chiesa, chiamata “Matri divinae gratiae ad dicatum”, in finto barocco. Presto divenne il luogo più amato da tutto il quartiere, tantissimi erano i fedeli che si recavano ogni domenica da Padre Tancredi, il classico parroco di quartiere bello rotondo e un largo sorriso rassicurante. L’attività andò avanti fino agli anni ’60-’70, poi il buio: padre Tancredi venne a mancare un anno dopo il terremoto dell’80 e con lui fu segnato per sempre anche il destino di questa bellissima chiesa. Da allora, per oltre trent’anni, il degrado e il vandalismo la fecero da padrona senza alcun freno, trasformando l’edificio in una pattumiera comune del quartiere.

“Un giorno lessi un articolo sul Corriere della Sera che parlava di un progetto del Cardinale Sepe, il quale in occasione del Giubileo aveva deciso di concedere la gestione di 206 chiese abbandonate purché fossero indirizzate per uso sociale o culturale. Appena terminai di leggere l’articolo, la mia mente subito si proiettò su questa chiesa, già immaginavo la mia futura libreria, gli scaffali…  e cosi il giorno dopo andai a parlare alla Curia da Mon signor Parlato.”    

Non fu affatto tutto cosi semplice. Anzi. Con lunghe pause e occhi lucidi, ci racconta di come, in breve tempo, il suo sogno sembrò morire ancor prima di nascere:

“Mon signor Parlato mi spiegò che la chiesa era già stata chiesta da un’associazione di paraplegici e il cardinale aveva accettato entusiasta il loro progetto. In quel momento decisi subito di abbandonare il mio sogno, se non avessi potuto realizzarlo in quella chiesa, per me non avrebbe più avuto senso continuare.”

Qualche giorno dopo, però accade qualcosa di incredibile: squilla il telefono, era la Curia. Gli riferiscono che l’associazione iniziale non si era accorta di alcuni problemi strutturali della chiesa che avrebbero reso difficile l’acceso per le persone in difficoltà e cosi gli chiesero se fosse ancora interessato.

-Quando ha avvertito la vocazione per questo mestiere?

Ci spiega che in realtà è stato quasi per gioco. Essendo nato a Port’Alba, fin da bambino respirava i profumi della carta che impregnavano ogni angolo di strada. All’epoca in quella zona vi era una quantità infinita di librerie e piccole bancarelle di libri. Si è ritrovato, dunque, a scegliere questo mestiere, in maniera del tutto naturale, come se fosse già stato scritto nel suo Dna.

“Gioco forza mi sono ritrovato a fare questo mestiere, e se tornassi a nascere, rifarei sempre questa scelta. Quando sfoglio un libro antico mi emoziono ancora come fosse la prima volta.”

-Qual è il libro a cui è più legato?

“Ho nel cuore soprattutto un libro di nostra edizione, “La Bella Napoli”, l’originale risale al 1890, stampato a Stoccarda, scritto in tedesco gotico da un giovane disegnatore trovatosi in città per un viaggio con amici, ma che alla fine decise di non tornare più a casa. Noi abbiamo lavorato alla traduzione in italiano di quest’opera, è stato il nostro terzo libro pubblicato e vendemmo oltre 300 copie in una settimana.”

E mentre ne parla, ci mostra tutto inorgoglito questo bellissimo libro dalla copertina bianca. Ci invita a sfogliare insieme le pagine, ad accarezzare la carta e ad odorarla soprattutto. Rimaniamo letteralmente incantati al tatto di quelle pagine, impossibile paragonarlo a qualcosa di simile, e soprattutto all’incredibile profumo liberato dall’inchiostro, cosi intenso e particolare da farci tornare indietro nel tempo, catapultati nella Napoli di fine ‘800.

-Qual è il ricordo più bello che custodisce nei suoi oltre 40 anni di carriera nelle librerie?

“Sono tanti, non ne ricordo uno giusto per non togliere merito agli altri. Anche quando veniva un bambino a chiedermi l’edizione di un libro che non trovava, che costava cinque mila lire, il suo sorriso per me costituiva una grande soddisfazione, e mi rimase impresso come quello di un grosso industriale che spese oltre 200 milioni di lire per dei nostri libri.”

Il tempo scorre inesorabile, la nostra conversazione sta per volgere a termine. Ma c’è ancora tempo per un’ultima domanda, prima che ritorni a prendersi cura dei suo “figli”, come lui stesso li definisce.

-Quale sarà il futuro dei libri e delle librerie?

“Un giorno verranno bruciati tutti gli Ipad e gli Ebook. Le persone torneranno a mettersi in fila fuori le librerie, per comprare, toccare e annusare quell’odore che solo un libro può emanare. I libri non scompariranno mai, di questo ne sono convinto!”

E’con quest’ultimo messaggio di speranza che ci salutiamo visibilmente commossi e lo ringraziamo per averci guidato alla scoperta di questo suo mondo di carta e inchiostro profumato, testimoni di un passato che non potrà più ritornare, ma che sappiamo anche non verrà mai più dimenticato.

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