Il Seicento, nella memoria storica, è raffigurato come un secolo di grave crisi, non solo economica, ma anche politica. Tale crisi, però, per fortuna, non colpì ogni settore: Napoli, infatti, proprio in quel periodo, si fregiava del titolo di città d’arte europea.

La città entrò in contatto con numerose correnti artistiche, moltissimi furono gli artisti spagnoli a trascorrere lunghi periodi nella città partenopea. Ma torniamo in patria e concentriamoci su un grande artista: Michelangelo Merisi, più comunemente conosciuto come il Caravaggio. Nato a Milano nel 1571, è ricordato come uno dei migliori pittori italiani.Non solo la vita di Caravaggio (della quale parleremo a breve), ma anche le sue opere, sono intrise di fascino sin nel profondo. L’opera più espressiva e conosciuta del suo periodo napoletano è senza ombra di dubbio “Le sette opere di Misericordia”, un bellissimo olio su tela realizzato fra il 1606 ed il 1607, su commissione di Luigi Carafa Colonna proprio per la Congregazione del Pio Monte della Misericordia, di cui Luigi Carafa era membro. Nella sua opera, Caravaggio non fece null’altro che riportare tutto ciò che vedeva e lo circondava giornalmente a Napoli nei coloriti e variegati Quartieri Spagnoli, solo così riuscì a rendere l’opera un vero e proprio prodotto di genialità, che ancor oggi riesce ad emozionare tutti.

Per quanto riguarda la sua vita, Caravaggio, ancora molto giovane, si trasferì a Roma, ma, a causa di rocambolesche avventure, si ritrovò proprio qui a Napoli. Durante un soggiorno a Palazzo Madama nel 1600, infatti, percosse un nobile ospite del palazzo, azione a seguito della quale fu denunciato. Questa, però, fu solamente la goccia che fece traboccare un vaso già pieno fino all’orlo delle azioni sconsiderate dell’artista: alcuni, infatti, sostengono che in realtà egli si trovasse lì a Roma a seguito di quella che era una fuga iniziata dalla lontana Milano a causa di un omicidio lì commesso.

La situazione a Roma, però, era sempre più stretta per Caravaggio il quale, nel 1606 giunse proprio a Napoli, dove, per circa un anno, soggiornò presso i Quartieri Spagnoli. Dopo questo iniziale periodo, l’irrequieto Caravaggio continuò ad errare per un paio di anni, fino a ritornare, nel 1609, nella città di Napoli. Questa volta soggiornò nel palazzo di Cellammare nei pressi di Chiaia, appartenente alla marchesa Costanza Colonna. La Marchesa Colonna proveniva, da un lato, dalla nobile famiglia napoletana dei Carafa, dall’altro, invece, dalla famiglia romana dei Colonna. Questa dimora aiutò sicuramente la sua arte: un bellissimo palazzo con enormi finestre e terrazzo affacciati sul magnifico panorama napoletano. Nonostante questa aria incantevole, il suo soggiorno non fu sicuramente uno dei più semplici: probabilmente, infatti, partecipò ad una rissa nei pressi della locanda del Cerriglio, al termine della quale rimase sfigurato. Questo periodo napoletano fu uno dei più fecondi per Caravaggio, tanto che si iniziò a parlare di caravaggismo, ma nel 1610 egli decise di lasciare la città.

Il motivo, però, era più che valido per il nostro artista.

Infatti, gli giunse all’orecchio che il Papa Paolo V era pronto per revocare la sua condanna a morte. Caravaggio, però, non riuscì mai a ritornare a Roma da uomo libero e sulla sua morte si sono prospettate differenti ipotesi: la più accreditata sostiene che, dopo essersi imbarcato sul traghetto che portava da Napoli a Porto Ercole, ebbe la sfortuna di ammalarsi di una febbre intestinale che lo avrebbe portato alla morte pochi giorni dopo la sua partenza. Il pittore, però, subì oltre al danno la beffa: si narra, infatti, che pochi giorni dopo la sua morte, il condono del Papa fosse stato recapitato proprio presso la dimora della marchesa che lo aveva ospitato. Secondo, invece, un professore dell’Università di Napoli, sulla base di alcuni documenti dell’Archivio Vaticano, Caravaggio fu in realtà assassinato dai cavalieri di Malta, con accordo della Curia Romana.   -Cristina Bianco

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