Palazzo Zevallos Stigliano è uno di quegli edifici in grado di catturare l’attenzione. Anche se impegnati a guardare le vetrine di qualche negozio, lo sguardo è involontariamente catturato dallo sfarzoso portale di quello che, all’apparenza, sembra un palazzo come gli altri. Ma una volta varcata la soglia, ci si ritrova catapultati in una pinacoteca, in un’ ex banca e in un palazzo nobiliare contemporaneamente.
La storia
I due cognomi, Zevallos e Stigliano, sono quelli di due famiglie del XVII secolo.
Giovanni Zevallos fu il primo proprietario del palazzo: di origine spagnola, fu un mercante tanto abile da riuscire ad entrare nelle grazie di vari viceré. Acquistò l’edificio nel 1635 e nel 1639, anno in cui finirono i lavori di ristrutturazione, avendo prestato denaro alla corte riuscì anche a comprare la città di Ostuni e, di fatto, il titolo di duca. Per lungo tempo si è pensato che il responsabile del rinnovamento del palazzo sia stato Cosimo Fanzago, ma dei documenti recentemente analizzati sostengono si sia invece trattato di Bartolomeo Picchiatti, architetto che ha progettato la Basilica di Sant’Agostino alla Zecca e, proprio in collaborazione con Fanzago, il Duomo di Pozzuoli.
Una storia sfortunata
Con la rivolta di Masaniello del 1647 il palazzo fu dato alle fiamme e perse il suo stemma originale.
Nel 1656 Giovanni morì a causa della peste e la moglie ed il figlio, dopo aver sperperato tutte le ricchezze di famiglia, si videro costretti a vendere il palazzo. Ad acquistarlo fu Jan Vandeneynden, un facoltoso mercante belga e collezionista d’arte a cui dobbiamo molti quadri della collezione conservata nel palazzo e l’attuale portale, unica eredità della facciata seicentesca. Anche lui, come Zevallos, riuscì a comprare un titolo nobiliare: quello di Marchese di Castelnuovo per il figlio Ferdinand. Alla morte di quest’ultimo l’eredità passò alle sue figlie.
Il palazzo passa di proprietà
A Giovanna, la primogenita, spettò il palazzo. E proprio a suo marito dobbiamo il secondo cognome, Stigliano: ella sposò infatti Giuliano Colonna, un aristocratico romano che, entrato giovanissimo al servizio del re di Napoli, ottenne da Carlo VI nel 1716 il titolo di “principe di Stigliano”. Lo stemma che ancora oggi troneggia sull’ingresso è quello della famiglia Colonna: ed un testo dell’epoca descrive gli interni parla di affreschi realizzati in quel periodo da Luca Giordano che, purtroppo, non ci sono pervenuti.
Dopo la morte dei genitori, la proprietà passò al terzo figlio, Ferdinando: appassionato d’arte e di musica, accolse presso la sua dimora artisti e aristocratici, rendendo il palazzo uno dei centri della vita culturale del suo tempo. Dal punto di vista architettonico, si susseguirono ammodernamenti e interventi decorativi.
Ma durante la prima metà del XIX secolo una lite fra la principessa donna Cecilia Ruffo ed i suoi figli portò allo smembramento del palazzo: per recuperare il denaro di un debito non pagatole, donna Cecilia divise l’edificio in vari appartamenti da affittare, conservando per sé solo il secondo piano nobile.
Gli acquirenti furono molteplici: nel 1831 Carlo Forquet, un banchiere, acquistò il primo piano nobile mentre il cavaliere Ottavio Piccolellis comprò due appartamenti al piano ammezzato. Gli altri locali vennero venduti negli anni a seguire.
Sede della Banca Commerciale Italiana
È a questo periodo che risale il rifacimento della facciata che ha eliminato tutte le caratteristiche seicentesche. Anche all’interno furono effettuati dei cambiamenti: i Forquet, infatti, chiamarono dei membri dell’Accademia delle Belle Arti a decorare i loro appartamenti che, nel 1898, furono venduti alla Banca Commerciale Italiana. Nel 1920, la Banca era riuscita ad acquistare tutti i locali del palazzo, restituendogli l’interezza che aveva perso per quasi un secolo.
Per adattarlo al suo nuovo uso, l’architetto Luigi Platania fu incaricato di una radicale ristrutturazione: il cortile interno venne coperto da un lucernario a motivo floreale, creando un salone, e le pareti vennero rivestite di marmo.
Il Palazzo Zevallos Stigliano oggi
Nel 2001 la Banca Commerciale si è fusa con Banca Intesa, diventando Intesa Sanpaolo.
A partire dal 2014, il palazzo è stato restaurato e fa parte del progetto “Gallerie d’Italia”. Al suo interno sono esposte alcune delle opere appartenenti alla collezione di questa banca e, fra tutte, spicca l’ultima opera di Caravaggio: Il martirio di sant’Orsola.
Dopo tante vicissitudini, il palazzo è oggi tornato ad essere uno dei centri culturali della città, proprio come lo era nella seconda metà del XVIII secolo, attraverso mostre, laboratori e concerti pianistici gratuiti. Alcune domeniche al mese, infatti, l’iniziativa “È aperto a tutti quanti” – Musica a pranzo porta giovani talenti provenienti da Conservatori di tutta la Campania ad esibirsi in pezzi classici o contemporanei.
-Federica Russo
Tutte le fotografie sono di Eleonora Bossa
Le fonti
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