Tra le sale del Museo di Capodimonte di Napoli c’è spazio per intrighi, storie d’amore e inganni. Il pittore bolognese Guido Reni ci racconta la turbolenta vicenda di Atalanta e Ippomene, due bellissimi giovani che si “rincorrono per amore”.
Sollevata a volo su piedi calzati di sandali d'oro, sulle spalle d'avorio le ondeggiano i capelli, contro i ginocchi le svolazzano le ginocchiere con gli orli ben ricamati; per entro il candore del corpo di vergine un punto di rosa trapela, come in un atrio di candido marmo un velo di porpora al bianco trasmette l'ombra del suo colore.
Così nel Decimo libro delle sue “Metamorfosi” Ovidio descrive Atalanta: bella, velocissima ma anche e soprattutto crudele. Ama sfidare ogni suo pretendente in una gara di velocità, uccidendo tutti colori risultino perdenti. Vive solitaria nei boschi, cercando di sfuggire al presagio dell’oracolo:
..."Sposarsi non fa per te; non pensare al marito, Atalanta! Anche se non potrai evitarlo e, da viva, cesserai di esser chi sei".
Anche il giovane e aitante Ippomene, discendente della stirpe di Nettuno, si invaghisce di lei e decide di gareggiare, pur conscio dell’impossibilità dell’impresa. Ed è così che, con l’aiuto di Venere, ordisce un tranello per poter uscirne vincitore. Sebbene infatti anche Atalanta rimanga colpita dalla sua bellezza, non può andare contro alla sua indole solitaria. La Dea dell’Amore regala a Ippomene tre pomi d’oro del Giardino delle Esperidi, con l’intento di distrarre Atalanta durante la gara.
Tutto è pronto e Atalanta e Ippomene, i due rivali amanti, danno inizio a una sfida avvincente, accompagnata da boati e applausi del pubblico spettatore.
Squillo di tromba: e protesi in avanti si avventano i due dalle gabbie della partenza, rasentando appena la rena. Volerebbero a pelo di mare senza - diresti - bagnarsi i piedi, o su un campo di grano senza piegare una spiga. Applausi, incitamenti sostengono il giovane...
Ed ecco che l’inganno si compie! Atalanta è troppo veloce e allora a Ippomene non resta che lanciare uno dopo l’altro i tre pomi d’oro che rallentano irrimediabilmente la donna, desiderosa di raccoglierli.
E Guido Reni rappresenta proprio questo istante: lei che si china per raccogliere il prezioso frutto, mentre con l’altra mano già ne regge uno; lui che nell’impeto della corsa si volta di scatto ad ammirare la donna che ama. Chissà se nello sguardo del giovane immortalato da Reni non ci sia un filo di rammarico per il colpo basso giocato!
Le due figure sono centrali e imponenti nella corporatura perfetta evidenziata dal chiaroscuro. I due corpi formano una ideale ics, mentre sullo sfondo si intravede il pubblico in visibilio e il lontananza un orizzonte profondo dalle tonalità cupe e metafisiche. Per il resto è tutto un svolazzare di panneggi e chiome intricate, tipici dell’esuberanza del barocco.
Un triste finale
Ippomene vince la sfida e Atalanta si concede al giovane che in fondo realmente ama. Un bel finale, verrebbe da dire! Ma la mitologia classica riserva sempre mille sorprese. La stessa Venere, infatti, un giorno scopre i due amanti copulare all’interno di un tempio dedicato a Cibele. Sconvolta dal sacrilegio decide di trasformarli entrambi in leoni feroci, che secondo gli antichi greci non erano in grado di accoppiarsi.
Hanno musi rabbiosi, non parlano, brontolan solo ruggiti, per soggiorno usano i boschi; spaventosi per tutti, a eccezion di Cibele, cui mordono il freno con bocche servili: leoni
Insomma non proprio una storia edificante e allegra, quella tra Atalanta e Ippomene! Ma di certo interessante e piena di risvolti. E scommettiamo che da oggi in poi, passando davanti alla grande tela di Guido Reni al Museo di Capodimonte, vi verrà voglia di correre in una maratona. Ma attenti, le distrazioni e gli inganni sono dietro l’angolo!
Versi delle “Metamorfosi” tradotti da Vittorio Sermonti in V. Sermonti- Le Metamorfosi di Ovidio, Rizzoli, Milano 2014
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