Sophia Loren, i capelli raccolti e una camicetta bianca, lavora energicamente all’impasto di una pizza fritta; si sporge oltre il bancone e grida gioiosa rivolta al vicolo e ai passanti: «Mangiate oggi, e pagate fra otto giorni!».
L’avete riconosciuta? È la scena delle pizze fritte “a credito”, una delle più celebri di L’oro di Napoli, il film diretto da Vittorio De Sica nel 1954. Non tutti sanno però che dietro questa pellicola, oltre al genio di De Sica, c’è la penna di Giuseppe Marotta.
Giuseppe Marotta
La vita
Nato a Napoli da una famiglia originaria di Avellino, fin dall’adolescenza Marotta dimostra un vivace interesse per la letteratura e la musica, leggendo e studiando da autodidatta. Presto si trasferisce a Milano per intraprendere la carriera di giornalista, e i primi tempi nel capoluogo lombardo non sono facili: per un periodo è addirittura costretto a passare le notti sulle panchine di un parco.
Pian piano però, determinato e testardo, inizia a farsi strada lavorando come redattore da Mondadori prima e da Rizzoli poi. Inizia anche a scrivere per diverse testate, tra cui La Stampa, e la sua penna non passa inosservata: viene notato da Aldo Borelli che gli apre le porte de Il Corriere della Sera. La collaborazione con questo giornale durerà, seppur a fasi alterne, quasi tutta la sua vita.
La penna
Spirito irrequieto e scrittore prolifico, Marotta sembra stare scomodo in una sola forma d’arte: oltre agli articoli scrive infatti novelle, romanzi a puntate e commedie; intorno alla metà del Novecento inizia poi a lavorare come sceneggiatore, scrivendo soggetti per il cinema e il teatro. Hanno origine così le collaborazioni con alcuni grandi maestri come, appunto, De Sica, ma anche ad esempio De Filippo.
Marotta, frenetico e vagabondo, non dimenticò mai Napoli. I volti e i vicoli della città riverberano infatti in tutta la sua produzione, sono in filigrana dietro tutti i suoi personaggi, e la sua penna trova più inchiostro nell’acqua del golfo che in qualsiasi altro posto.
Spesso, a Milano, succede che il mare di Napoli mi stia davanti sul tavolo mentre rifletto e scrivo, o che addirittura io me lo accosti al volto come in una tazzina. […] è diventato, per me che ne sono privo da tanto tempo, freschezza e luce nel cavo della mano, un cuore d’acqua, ma forse esagero, una miniatura o un tatuaggio, piccolo ed emotivo come l’istantanea della madre nel portafogli.
da San Gennaro non dice mai no, Polidoro Editore, p. 45
La potenza della scrittura di Marotta è nel suo spiccato umorismo, nell’assenza di retorica zuccherosa. Egli infatti racconta di uomini e donne, di sofferenze e di gioia, di emozioni comuni a tutti e di storie quotidiane; e tuttavia non cade mai negli stereotipi.
Pur raccontando vicende ancorate fortemente alla città, Marotta è riuscito ad infondere in esse un respiro universale. Per questo, tra le altre cose, ha senso continuare a leggerlo ancora oggi. In una Napoli infinitamente diversa – e forse essenzialmente uguale.
Beatrice Morra
P.s. nell’intento di riportare al pubblico la penna di Marotta, il 19 settembre 2019 la Polidoro Editore ha ridato alle stampe San Gennaro non dice mai no. Il libro è acquistabile qui.