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Ci sono leggende contadine che sopravvivono ai secoli e rimangono impresse nei nomi sulle lapidi di marmo delle strade. Questo è il caso del licantropo di Via Fosso del Lupo, nel quartiere di Secondigliano.

Letteralmente: è una strada dedicata a una leggenda locale che vede come protagonista un uomo lupo che frequentava questa zona più o meno 200 anni fa.

Licantropia uomo
Un uomo affetto da licantropia mentre chiama i lupi, miniatura medievale

Il Fosso del Lupo Mannaro

Abbiamo notizie di questa strada già nel secolo XVII e il nome ci suggerisce anche l’origine fluviale del tracciato: “Cupa”, infatti, è il nome delle strade nate da antichi corsi d’acqua. Un dettaglio che notiamo anche nella forma “a zig zag” del tratto stradale, se la vediamo sulle mappe.

Tradizioni contadine raccontano che, da tempi immemori, il territorio occupato dall’attuale Cupa Fosso del Lupo fosse maledetto: di notte era assolutamente vietato aggirarsi per i campi di Secondigliano dato che, proprio in corrispondenza di quella strada, era stato sbranato un uomo da un licantropo.
Alcuni anziani residenti del quartiere aggiungono ancora più pepe alla storia riportata da Marrone, spiegando che l’uomo lupo fu un mostro nato da una crudeltà: alcuni contadini della zona avevano teso una trappola per catturare un lupo che frequentava la zona. La povera bestia fu letteralmente sepolta viva, dopo essere caduta in un fosso e, da quel momento, un uomo lupo cominciò a tormentare la zona di Secondigliano.

libro altomare licantropi
Il libro di Altomare che parla di licantropi

Licantropia, una malattia diagnosticata nel ‘500

Un fondo di verità c’è. Nel senso che non c’era un licantropo per davvero a cupa fosso del lupo, ma la licantropia fu davvero studiata nel ‘500. Ci racconta il professor Gianpasquale Greco su Espresso Napoletano che un medico napoletano, Donato Antonio Altomare, dedicò un passaggio del suo manuale di Ars Medica alla “Insania Lupina”.

La malattia spiegava che l’uomo affetto da licantropia è portato a uscire di notte nel mese di febbraio. Durante queste notti imita l’ululato dei lupi, circonda le tombe, disseppellisce cadaveri e li trascina nelle strade. C’è addirittura il racconto della triste vicenda di un tale signor Simone che fu disseppellito da un licantropo nel cimitero ebraico per giocare a palla con la sua testa.

Cupa fosso del Lupo
Cupa fosso del Lupo oggi: tutto sommato una strada anonima come tante

Non solo lupi necrofagi!

Altre leggende, decisamente meno avvincenti, ma non meno affascinanti, ci raccontano che un tempo il territorio era chiamato fosso del Lupo perché era estremamente ventilato e, dopo il tramonto, il vento fischiava tanto forte da replicare un ululato.
C’è infine chi crede che il toponimo derivi dalla presenza di un lupo caduto per davvero in un fosso che, per giorni, ululava disperato di notte. Risulta strano però che un evento così isolato sia rimasto nella memoria collettiva per secoli.

Tutte queste vicende risalgono ad un tempo in cui Secondigliano era poco più di un casale ai margini della provincia napoletana, con terre rigogliose che vantavano mele dal sapore divino e tradizioni semplici, tipiche della popolazione rurale.
Negli ultimi 60 anni l’intera storia di questo paese è stata spazzata via sotto diverse centinaia di tonnellate di asfalto e cemento armato.

L’unico verde in zona è rappresentato dai fiorellini sui balconi e i lupi sono stati sostituiti da qualche simpatico gatto randagio. Ma la targa è ancora lì, a raccontare la storia di un passato ingenuo e fascinoso vissuto dai nostri antenati che passavano lungo i panorami diversi della stessa strada.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Romualdo Marrone, Le strade di Napoli, Newton Compton, Roma, 1995
https://www.espressonapoletano.it/la-clinica-napoletana-dei-lupi-mannari/

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