Sono in molti a sottovalutare l’importanza culturale del quartiere collinare partenopeo, dove sono ubicati degli autentici gioielli. Fra questi, una posizione predominante è occupata dalla splendida Certosa di San Martino.
Alle origini della Certosa di San Martino
Essa fu costruita nel 1325 da Carlo, duca di Calabria, primogenito di Roberto d’Angiò e i lavori furono affidati all’architetto senese Tino di Camaino, ma della costruzione originaria gotica oggi rimangono solo le fondamenta. Inoltre dai rilievi effettuati nei sotterranei gotici della certosa si è ipotizzato che l’architetto senese abbia inglobato nella struttura anche parti dell’antico castello di Belforte. La Certosa fu poi completamente rimaneggiata e trasformata a partire dalla fine del ‘500 e per tutto il corso del ‘600 con interventi presieduti prima dall’architetto Giovanni Antonio Dosio e in seguito dall’altrettanto noto architetto bergamasco Cosimo Fanzago. Pertanto essa oggi si presenta con una forte tipizzazione di stampo barocco.
Il segreto del “pozzo” del chiostro
Sicuramente una delle parti maggiormente rimaneggiata e modificata, in questa epoca, fu il chiostro grande, al centro del quale è collocato un pozzo, o almeno così sembra. Infatti quello posizionato proprio nel mezzo del chiostro grande non è affatto un pozzo, bensì un oculo, che serviva a illuminare una grande cisterna sottostante.
Una chiesa con dipinti magnifici
Nella cosiddetta “chiesa delle donne” si trovano meravigliosi dipinti ed affreschi di Solimena, Vaccaro, Luca Giordano e Ribera, nonché cori lignei, intarsiati, di bellezza straordinaria e statue dello stesso Fanzago. Si rimane abbagliati dal fasto barocco, un fasto che però non stona e non risulta minimamente stucchevole, anzi, meraviglia e stupisce per il suo incredibile innesto su una preesistenza gotica ancora fortemente visibile. Difatti la chiesa delle donne è l’unica chiesa napoletana a possedere una navata completamente coperta da volte a crociera, inoltre se fate caso all’ingresso barocco della chiesa, noterete che l’apparato barocco basato sulla trifora serliana (nome dovuto e diffuso da Sebastiano Serlio nel suo trattato d’architettura) in realtà nasconde un ingresso gotico tripartito a sesto acuto. Tutto ciò però è più visibile dall’interno, piuttosto che all’esterno.
Il museo della certosa di San Martino
Oggi la Certosa, trasformata nel XX secolo in un museo, ospita una strabiliante sezione dedicata all’arte presepiale il cui esempio più fulgido è rappresentato dal “presepe Cuciniello”, oltre ad una pinacoteca contenente la famosissima “Tavola Strozzi”, ad una sezione navale contenente le imbarcazioni Reali dei Borbone e dei Savoia e ad una sezione dedicata al Teatro Partenopeo. Interessantissimo inoltre è il fatto che le celle dei monaci, affacciate sul chiostro grande, oggi siano le sale espositive, accuratamente restaurate per poter adempiere a tale scopo. Oltre alle celle dei monaci è inoltre possibile visitare anche il cosiddetto “quarto del priore” il quale ospita altri manufatti artistici, tra i quali spicca una statua di Pietro Bernini, alla cui realizzazione potrebbe addirittura aver preso parte il celeberrimo figlio, Gian Lorenzo.
Il museo della certosa è fondamentale se si vuole capire appieno la storia della città e, soprattutto, se si vuole comprendere come e mutata nel tempo. All’interno della certosa infatti sono conservate la mappa del Duca di Noja, completata nel 1775, oltre a innumerevoli dipinti e manufatti che raccontano la storia di Napoli dal Quattrocento all’Ottocento.
Non dimentichiamo il giardino e la vigna
Annesso al complesso conventuale c’è, poi, lo stupendo giardino dei monaci, con la vigna da cui si gode di uno dei panorami più belli e suggestivi della città.
Contemplando questo magnifico spettacolo ci si sente in completa armonia con la natura ed il paesaggio; momentaneamente dimentichi del caos e del rumore della vita cittadina, si riesce a capire il motivo per il quale, tanti secoli addietro, questo luogo fu prescelto per la costruzione di una vera e propria oasi di pace.
Visita il museo della certosa di San Martino
-Gaia Borrelli