Il Carnevale è una delle poche feste che finisce con un lutto. Letteralmente.
Il “funerale di Carnevale” è infatti una vera e propria cerimonia funebre in cui si piange la festa morta con tanto di estrema unzione e testamento.
Ancora oggi si celebra in alcune province, mentre la tradizione originale napoletana si è persa nel fluire dei tempi moderni, con la salvezza di qualche frazione cittadina che ancora ricorda l’evento.
Il funerale è un atto simbolico: dopo una settimana di feste incontrollate, con quasi ogni illegalità concessa o tollerata, si ritorna alla vita quotidiana salutando allegoricamente il “re della festa”, il signor Carnevale, che con la sua morte porta via con sé tutte le negatività dell’anno.
La tradizione è notissima in numerose parti d’Italia, come ci testimoniano anche esperienze che vanno da Bari a Trieste.
Il funerale di Carnevale, una tradizione del popolo
Immaginiamo per la strada di Toledo oppure a Forcella un corteo funebre. Il giorno è il martedì che precede la quaresima ed è il momento in cui il popolo si accalca attorno a un carro funebre spinto da un asinello. Disteso c’è un pupazzo con la pancia enorme, circondato da foglie di carciofo, broccoli e altri prodotti della terra, spesso anche adornato con salami e altri salumi appesi al carro, figli del saccheggio del gioco della Cuccagna. Tutt’attorno una folla di popolani travestiti da maschere di carnevale: chi fa il prete che canta una finta messa infarcita di volgarità, chi invece il notaio che legge il testamento del carnevale e chi canta nenie e cantilene per il re della festa morto.
Insomma, sembra quasi la scena del funerale di un sovrano, ma tutti mangiano e bevono, mentre interpretano una parte
Un momento simbolico
L’evento del funerale di carnevale è in realtà un rituale dal carattere fortemente simbolico: il pupazzo che impersona il carnevale morto è infatti immaginato come vecchio, deforme e brutto e rappresenta tutto ciò che di negativo ha rappresentato l’inverno e l’anno precedente e che, con l’imminente arrivo della primavera, finalmente va via.
Con uno stile più americano che italiano, infatti, il lutto si conclude con un vero e proprio “funeral party“, con il popolo che, dopo aver dato fuoco al pupazzo morto, festeggia mangiando i salumi e il resto del cibo appeso al carro funebre. Nelle versioni più moderne ci sono invece le bancarelle.
Nella tradizione della zona di Amalfi il funerale di Carnevale si arricchisce poi con la figura di “Tatillo“: il morto che viene portato in processione non è il classico anziano, ma un ragazzetto che, una volta giunti nel luogo delle esequie, “risorge” e festeggia con il popolo in processione: anche qui è un chiaro simbolo di rinnovamento e rinascita. In altre zone d’Italia ci sono altri personaggi. Una peculiarità ce l’ha però Frascati, in provincia di Roma: il pupazzo bruciato nel funerale di Carnevale è Pulcinella. Proprio la maschera napoletana, anche se non ci sono spiegazioni chiare sul perché sia diventato il simbolo del carnevale locale.
Si dice che il Sud Italia sia un teatro a cielo aperto e, probabilmente, nel carnevale c’è la massima espressione di questa frase diventata un po’ un cliché, con i napoletani che interpretavano maschere popolari e si gettavano in strada per realizzare un vero teatro collettivo, portatori di una tradizione sospesa fra il simbolico e il reale.
-Federico Quagliuolo