Il Pallagrello è un vino “nobile”, con una storia tutta da riscoprire.
“I vini di questa contrada sono eccellenti così bianchi come rossi, e sono de’ migliori del Regno così per la loro qualità e natura, come per la grata sensazione che risvegliano al palato. Vanno sotto il nome di Pallarelli, e sono stimatissimi nei pranzi”.
Quella che hai appena letto non è la romantica degustazione di un odierno sommelier ma un passo tratto dal Tomo I del “Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli”, datato addirittura 1797, che descriveva quello che allora era uno dei vini preferiti dai Borbone e che è stato finalmente riscoperto: il Pallagrello, prodotto dall’omonima uva autoctona Casertana.
“Pallarello” l’autoctona uva rotonda
Pallagrello (o “U Pallarell” nel dialetto locale) deriverebbe da Pilleolata, termine di origine latina per indicare una piccola palla, a richiamare la forma minuta e perfettamente sferica degli acini ed è uno dei pochi casi di vitigno sia a bacca bianca che rossa. È originario della zona di Piedimonte Matese, motivo per cui fu a lungo denominato proprio “Piedimonte”. Per molti anni la sua identità fu confusa, in quanto fu associato al Coda di Volpe o a cloni di Aglianico; ma verso la fine dell’800, l’agronomo Felice Froio lo identificò come varietà ampelograficamente riconosciuta. Con gli anni a sia a causa di infestazioni di oidio e fillossera che per una minore produttività rispetto ad altre varietà, se ne era drasticamente ridotta la produzione.
Oggi, invece, viene allevato e vinificato in purezza con ottimi risultati, rientrando tra le produzioni della denominazione IGT “Terre del Volturno”.
I Borbone e la Vigna del Ventaglio Vanvitelliana, il periodo d’oro del Pallagrello
Il Pallagrello era uno dei vini preferiti dalla famiglia reale Borbone che lo usava spesso per le grandi occasioni, preferendolo anche ai rinomati vini francesi e donandolo come omaggio per gli illustri ospiti. Fu in particolare Ferdinando IV – grande appassionato di innovazioni agronomiche e molto legato al territorio, essendo il primo sovrano della dinastia ad essere nato in Campania – a dare risalto e fama a questo importante vino, facendolo diventare “il vino del re”.
Questi, infatti, nel 1775 fece installare a Piedimonte Matese, in località Monticello, una lapide celebrativa che omaggia tutt’oggi la storia e le qualità di questo vino, arrivando ad emanare un decreto che vietava a tutti il transito in zone adibite alla coltivazione di vigneti di Pallagrello. Tuttavia, l’opera che più mostra l’amore di Ferdinando IV per il vino fu la realizzazione della Vigna del Ventaglio nel Real sito di S. Leucio: si tratta di un’imponente vigna dalla forma di un ventaglio a 10 raggi, ognuno costituito da filari di uve rappresentative delle eccellenze del regno delle Due Sicilie, dal Lipari Rosso al Pallagrello, sia rosso che bianco (denominato Piedimonte Bianco e Rosso) con una produzione di alta qualità che arrivava a 80 barili di vino. Ogni settore era segnato con dei ceppi in travertino di Bellona con incisa la varietà lì presente e l’intero progetto fu realizzato dal leggendario Luigi Vanvitelli.
La storia del Pallagrello è quindi stata travagliata e segnata da molti alti e bassi, dalle tavole reali alla quasi estinzione fino alla recente riscoperta che è culminata con la reintroduzione della produzione nella Reale Tenuta di Carditello, magione abitata proprio dai Borbone, con un’ideale reinvestitura al titolo che gli appartiene: Vino del Re.
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