La leggenda di Apollo e Marsia è uno dei temi più trattati nelle opere di Luca Giordano ed è anche il manifesto della passione del pittore verso la mitologia classica, in particolare quella greca.
Luca Giordano è uno dei principali artisti napoletani del secondo Seicento, nonché uno dei massimi esponenti della pittura barocca a livello europeo. Tra le sue innumerevoli opere, si annoverano acquerelli e dipinti raffiguranti tantissime scene di mitologia greca: “il ratto di Deianira”, “Circe e Pico”, “il ratto di Elena”, “Prometeo”, “Ercole e Nesso”, “il Trionfo di Galatea”, “Bacco ed Arianna” e numerose rappresentazioni della leggendaria sfida tra Apollo e Marsia, alcune delle quali si possono ammirare al Museo di Capodimonte.
Al fascino del mito è difficile resistere, e in questo travolgente vortice di mistero e bellezza fu coinvolto anche il pittore che, non a caso, fu anche appellato come il “mitologista”.
Quello che segue, oltre ad essere un racconto straordinario, racchiude in sé un messaggio forte: “mai e poi mai bisognerebbe sfidare una divinità, in quanto le conseguenze potrebbero essere mortali”.
Atena inventa il flauto: genesi del misfatto
Il mito narra che la dea Atena trovò l’osso di una gamba di cervo, perfettamente pulito e lisciato dalle acque e dal tempo. Lo raccolse, lo guardò, vide che era forato per tutta la sua lunghezza e allora pensò di cavarne uno strumento musicale. Così nacque il flauto, non quello di Pan che aveva sette canne, ma il flauto normale, a una canna sola.
Ad Atena piaceva molto modulare bei suoni sul suo strumento, ma un giorno che volle farsi ascoltare da alcune ninfe sue amiche, si accorse che esse, invece di apprezzare la bella musica, si guardavano di sottecchi, sorridendo. Lasciata a mezza esecuzione, domandò loro la spiegazione di quella ilarità, e la più audace rispose: “Lo comprenderai tu stessa, Atena, se riprenderai a suonare guardandoti nella acque del laghetto”.
Marsia trova il flauto
Così fece Atena, e vide che, suonando, le gote le si gonfiavano in modo del tutto ridicolo per una dea austera come lei. Sdegnata si tolse il flauto di bocca, e lo gettò più lontano che potè, gridando: “Sia maledetto chiunque ti raccoglierà”.
Il flauto dopo aver fatto un lungo volo, andò a cadere in un prato fiorito della Frigia, dove un altro seguace di Dioniso, il buon Marsia, ignaro di tutto, lo trovò e lo raccolse. Dapprima non capì bene a cosa potesse servire, ma, a furia di rigirarlo in tutti i versi, si accorse che era uno strumento musicale e incominciò ad esercitarsi con pazienza. Giunse così a possedere una tale abilità che tutti lo ascoltavano rapiti, e lo sciagurato Marsia si convinse che nessun altro strumento poteva competere con il suo flauto. Per sua disgrazia andò a dirlo ad Apollo il quale, anche questa volta, non stette molto a discutere e propose di mettersi al giudizio dei giudici più competenti: le nove Muse.
“Però”, aggiunse, “poiché è vergognoso per un mortale sfidare un dio ed è vergognoso per un dio lasciarsi vincere da un mortale, faremo un patto: che quello di noi che perderà sarà in completa balia dell’altro”.
Il verdetto finale della sfida tra Apollo e Marsia
La gara cominciò. Il flauto di Marsia aveva un suono così dolce che le divine fanciulle sentivano le lacrime rigar loro le gote; ed esse stavano per concedere a lui la vittoria quando Apollo capovolse la sua lira mostrando che poteva suonare egualmente, e per di più aggiunse la propria voce al suono dello strumento. Era evidente che Marsia non poteva fare altrettanto, perché non è possibile suonare il flauto a rovescio né cantare mentre lo si suona, e le Muse decretarono la vittoria ad Apollo, sebbene, a dire il vero, i mezzi con cui il dio l’aveva raggiunta fossero molto discutibili; si trattava di far giudicare il suono in se stesso, non le possibilità spettacolari dello strumento. Come se ciò non bastasse, Apollo, dimentico della sua generosità e probabilmente sotto la maledizione di Atena, punì terribilmente l’audacia di Marsia facendolo scuoiare. Il mito racconta che la pelle dello sventurato, appesa ad un ramo, fremeva se il flauto suonava nelle vicinanze.
Fonti:
–“Miti, leggende, fiabe” – Garzanti
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