Federico II fu, probabilmente, il sovrano del meridione le cui azioni ebbero maggiore risonanza al livello europeo, tanto in vita quanto presso la posterità. La sua figura ha sovente stimolato la fantasia di numerosi storici e cultori del passato, tanto in Italia quanto nel resto d’Europa. Appare incredibile pensare che, nonostante la sua imperitura fama, l’aspetto fisico dello Stupor Mundi sia attorniato dal mistero e ancora oggi oggetto di dibattito presso gli storici.
In tal senso la statua di Federico II conservata oggi presso Capua costituisce un formidabile esempio di ritrattistica imperiale sveva, anche se, come vedremo, la sua interpretazione dal punto di vista documentale costituisce un elemento di forte problematicità.
La figura dell’imperatore nelle descrizioni medievali
Prima di addentrarci in maniera specifica nell’analisi della statua di Federico II conservata a Capua vi è il bisogno di tracciare, seppur in maniera riassuntiva, un quadro generale delle differenti fonti coeve rispetto alle fattezze di Federico II che sono oggi a nostra disposizione.
Le prime fonti coeve di cui disponiamo sono di tipo cronachistico e letterario. Esse, per quanto relativamente numerose e dettagliate, presentano svariate criticità dal punto di vista interpretativo. Nel medioevo la fisicità di un monarca non restava mai limitata al mero aspetto esteriore: il corpo del sovrano era oggetto di culto e riverenza, in virtù di ciò esso era ammantato da un’aura di sacralità e devozione che ovviamente non rendeva possibile, nella maggior parte dei casi, descrizioni fisiche del tutto aderenti alla realtà.
Oltre alla sacralità attribuita al corpo del sovrano vi era ovviamente una forte ascendenza ideologica negli intenti di queste descrizioni. Se si voleva avvalorare la posizione del monarca le sue fattezze fisiche spesso venivano rappresentate come vera e propria concretizzazione delle virtù regali che ogni sovrano doveva possedere. Allo stesso tempo, nel caso di descrizioni con intenti sfavorevoli, la fisicità del sovrano diveniva esempio dei suoi vizi e delle sue debolezze.
Questa palese dualità delle fonti risulta tanto più lampante quanto più la figura del sovrano è stata controversa e polarizzante in vita. Non stupisce quindi che, proprio rispetto a Federico II, questa discrepanza all’interno delle fonti sia fortemente presente.
In termini simili possono essere considerate anche le miniature coeve all’imperatore svevo. Esse, come la stragrande maggioranza delle rappresentazioni artistiche medievali, avevano la finalità di rappresentare ideali astratti, andando a ritrarre più un concetto di regalità che un personaggio dalle fattezze fisiche ben definite.
Va però detto che le rappresentazioni miniaturistiche dello stupor mundi si sono particolarmente inscritte all’interno dell’immaginario comune, basti pensare a quelle che adornano il “De arte venandi cum avibus”, famoso trattato di caccia attribuito a Federico II oggi conservato presso gli archivi vaticani.
Nonostante le difficoltà legate alle fonti disponibili gli storici hanno tentato di tracciare un possibile ritratto dello Stupor Mundi. Per citare le parole dello storico Hubert Houben: “possiamo immaginarci Federico come di statura media e di capelli rossiccio-biondo, quindi conforme ad una tradizionale fisionomia nordico-tedesca piuttosto che italo-mediterranea”.
La statua di Federico II: una guardia presso la porta del regno
La posizione della statua di Federico II in periodo medievale rappresenta un elemento di grande interesse dal punto di vista dell’autorappresentazione imperiale nel meridione: essa era ubicata sulla sommità della porta di Capua. La città di Capua era, all’epoca, di importanza cruciale all’interno dell’economia del meridione: un centro urbano opulento, situato in uno dei territori di produzione agricola più importanti del regno, punto di snodo cruciale di molte tratte commerciali.
Oltre a ciò l’importanza di Capua era anche di tipo geopolitico: si trattava del centro urbano più grande della parte settentrionale del regno, andando quasi a confinare con il Patrimonio di San Pietro. Non è un caso che, per molti secoli, sia stato attribuito alla città di Capua il titolo di “Regni Clavis“, chiave del regno.
La statua di Federico II era quindi ubicata in un luogo strategico commercialmente e politicamente, punto di snodo della maggior parte dei traffici del regno provenienti dal settentrione, confinante con un’entità statale nemica del regno di Sicilia nonché dell’impero. La posizione della statua era atta a rappresentare la continua presenza dell’autorità imperiale nel meridione, specialmente nei confronti dei forestieri.
La storia della statua di Federico II
La storia della statua di Federico II è, purtroppo, alquanto travagliata e rocambolesca. Inizialmente essa comprendeva una parte inferiore togata, oggi superstite, ed una testa fregiata di corona, non più esistente ma di cui si conserva un calco.
Nella seconda metà del 500, per via di esigenze militari, il governo del viceré di Napoli impose lo smantellamento di parte della porta e ciò comportò le prime lesioni alla statua di Federico II. In seguito all’occupazione francese del 1799 una palla di cannone colpì la statua, spaccando il corpo togato e mandando in frantumi il volto dell’imperatore. Il corpo togato, seppur pesantemente lesionato, è oggi conservato al Museo Campano di Capua.
Per quanto concerne invece la testa della statua, e quindi il volto dell’imperatore, i danni furono tali da non permettere un recupero nemmeno parziale. Tuttavia al museo è oggi esposto un calco in gesso che riproduce non l’originale volto della statua, bensì una sua riproduzione postuma. Il calco può tuttavia esser considerato una riproduzione fedele.
Anche in questo caso non vi è un reale rimando ad una figura fisica: la statua riprende, nella sua rappresentazione estetica, i tratti somatici di una rappresentazione idealizzata della regalità. La statua di Federico II conservata Capua costituisce quindi non tanto il riscontro storico dello Stupor Mundi, bensì una sua rappresentazione declinata in maniera ideologica.
Il voler ricercare nell’arte antica un’aderenza nei confronti della realtà è un errore commesso non solo da tanti amanti della storia, ma persino da esimi studiosi. Spesso nei secoli passati (ma in molti casi ancora oggi) l’arte era una rappresentazione delle idee e delle concezioni di un determinato gruppo sociale, più che una modalità per riprodurre la realtà o creare qualcosa di esteticamente appagante.
Riprendendo nuovamente le parole dello storico Hubert Houben: “se il risultato può forse apparire deludente all’uomo contemporaneo, desideroso di conoscere il “vero volto” dell’imperatore, esso non è affatto sorprendente, dal momento che nel medioevo la fisionomia di un sovrano aveva ben poca importanza. Ciò che contava erano le modalità della sua pubblica rappresentazione”.
-Silvio Sannino
Bibliografia e sitografia
Hubert Houben: Federico II: imperatore, uomo, mito; Società editrice il Mulino
Sito del museo Campano di Capua
Lascia un commento