Alcune opere d’arte hanno un potere straordinario: più si passa tempo ad osservarle, più si scoprono dettagli affascinanti.
Questo è il caso di San Gennaro nell’Anfiteatro di Pozzuoli, l’opera di Artemisia Gentileschi che, in ogni dettaglio, riesce a raccontare una storia, un pensiero, un errore o un piccolo tratto di umanità di una delle più importanti artiste della storia d’Italia.

Scopriamolo assieme.

San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli
San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli

San Gennaro condannato al martirio

Cominciamo con una piccola parentesi storica. Abbiamo raccontato in questo articolo la storia di San Gennaro nelle varie città che frequentò in vita.
Era il 305 d.C. quando si trovò a visitare Pozzuoli, in una missione per incontrare il vescovo di Bacoli, suo stretto amico. Proprio in quest’occasione fu condannato, assieme ad altri sette predicatori cristiani (fra cui anche San Procolo, il protettore di Pozzuoli), al martirio dinanzi alle bestie. E fu qui che accadde il miracolo: una volta scatenati i leoni feroci, anziché avventarsi sul santo e sugli altri martiri, si ammansiscono.

Artemisia li dipinse così: San Gennaro, con la mano in alto, come nell’atto di una benedizione, con i leoni di fronte: in alto uno feroce, che ringhia ancora, al centro uno che lo osserva, quasi ipnotizzato, e in primo piano uno ammansito che quasi si inchina.
E sotto la veste si vede un piede che il santo prova a tirare indietro mentre la bestia si avvicina, perché San Gennaro era pur sempre un uomo. E, in cuor suo, quel pizzico di umana paura è tradito proprio da questo particolare.
Accanto a lui, San Procolo che ringrazia Dio per il miracolo.

Questo prodigio non salvò nessuno dei martiri cristiani. E lo stesso San Gennaro fu decapitato.

San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli
Trovarsi quest’opera di fronte regala una sensazione di bellezza meravigliosa

San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli: le opere di Artemisia Gentileschi

Quella di San Gennaro nell’Anfiteatro di Pozzuoli è probabilmente una delle opere più famose di Artemisia Gentileschi. Fu infatti chiamata da Martin de Leòn y Cardenas, il Vescovo di Pozzuoli che decise di innovare completamente l’antico tempio che si trovava nel Rione Terra, per trasformarlo in una delle più belle chiese dell’intera provincia di Napoli. Possiamo dire con certezza che ci riuscì.

La scelta di Artemisia fu audace: mai prima di allora una donna era entrata in una chiesa, da professionista, per dipingere un quadro. Ma la risposta della “pittora”, così era chiamata, fu lapidaria: “Dimostrerò alla Vostra Signoria di cosa è capace una donna“. E fu così che di opere ne dipinse ben tre.

San Procolo con la madre Nicea
San Procolo e la madre Nicea, altra opera di Artemisia nel Tempio Duomo

Ma siamo dentro o fuori?

Sì, facciamo caso: alle spalle del buon San Gennaro c’è la facciata del Colosseo di Roma e non l’interno dell’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli. La spiegazione è semplice: al tempo del dipinto, l’area puteolana non era stata ancora restaurata e non si conosceva la sua reale forma, quindi la “pittora” fu costretta ad usare la sua fantasia per immaginare la scena, che dipinse con toni cadenti.
L’anfiteatro romano, ridotto quasi in rovina, rappresentava infatti il paganesimo ormai in piena decadenza. Alcuni critici d’arte hanno invece ipotizzato che lo sfondo sia stato realizzato da un collaboratore romano di Artemisia Gentileschi.

Alla base, insomma, c’è un errore: l’esecuzione avvenne dentro l’arena, ma ovviamente gli spalti erano molto meno scenografici della facciata dell’anfiteatro!

Notiamo anche una curiosità: che forma hanno i leoni?

Un altro uso di fantasia sta appunto nelle bestie: i leoni erano animali tutt’altro che comuni da vedere e di certo nel secolo XVII non esistevano fotografie per rappresentarli. Anche qui l’artista li ha dovuti letteralmente inventare. Ed infatti sono animali a metà fra il felino e l’orso, mentre quello più alle spalle sembra addirittura un lupo.

Questo tipo di errore era assolutamente comune in quei tempi. Uno dei “leoni sbagliati” più famosi del mondo, ad esempio, in Svezia.

Leone San Gennaro
Il leone che si abbassa vicino al piede di San Gennaro, con lo sguardo quieto

Un’opera salvata per miracolo

Dopo aver capito il valore, l’umanità e il fascino profondissimo dietro il quadro di San Gennaro nell’Anfiteatro di Pozzuoli, dobbiamo anche pensare che, in realtà, quello dinanzi ai nostri occhi è quasi un miracolo, che possiamo aggiungere a quelli già fatti da San Gennaro ai suoi tempi.

Abbiamo rischiato di perderla per sempre nel 1970, quando fu evacuato improvvisamente il Rione Terra, che per trent’anni rimase in totale abbandono. Stavolta dobbiamo però ringraziare Monsignor Salvatore Sorrentino, che salvò le opere d’arte del Tempio Duomo, e il Museo Nazionale di Capodimonte, che l’ha conservato per cinquant’anni. Poi, nel 2020, è stato finalmente restituito al Museo Diocesano del Rione Terra. Ed una copia è stata risistemata nella nicchia originale del Tempio Duomo di Pozzuoli, una chiesa unica al mondo.

Per scoprire questa ed altre storie del Rione Terra, vieni a visitare i nostri amici di Puteoli Sacra!

-Federico Quagliuolo

Grazie alle guide Anna Grossi e Rachele Palumbo

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