Le guglie di Napoli raccontano la devozione e la volontà del popolo napoletano di tendere verso il cielo. Una guglia è infatti un elemento architettonico che si sviluppa in verticale, di regola acuto e slanciato. Le guglie di Napoli sono dedicate ai santi della città: le ritroviamo in alcune delle piazze più importanti; a volte ci passiamo davanti senza dargli particolare importanza: è arrivata l’ora di scoprirle meglio!

Le guglie di Napoli sono 5: le guglia dell’Immacolata, a piazza del Gesù Nuovo e a Materdei, la guglia di San Domenico, quella di San Gennaro ed infine la guglia di Portosalvo. Questi monumenti hanno in comune tra loro una fattura deliziosamente barocca, per cui presentano una copiosa quantità di statue, busti e bassorilievi.

La guglia dell’Immacolata concezione a Piazza del Gesù.

La guglia dell’Immacolata Concezione

La prima delle due guglie di Napoli dedicate all’Immacolata si trova a piazza del Gesù. Al suo posto prima del 1707, anno di ingresso di Carlo VI d’Asburgo a Napoli, vi era la statua equestre di Filippo V di Borbone, realizzata nel 1705 da Lorenzo Vaccaro e distrutta solo due anni dopo a furor di popolo.

L’attuale monumento fu progettato da Giuseppe Genuino (Genoino) ed eretto da Giuseppe di Fiore nell’anno 1748. Le fonti riportano che la costruzione della guglia dell’Immacolata a piazza del Gesù fu promossa da Padre Francesco Pepe della Compagnia del Gesù, tramite il ricavato di una colletta popolare, e che il vescovo Lelio Carafa ne pose la prima pietra.

La struttura è interamente in marmo ed è alta ventidue metri, la più alta tra le guglie di Napoli. Si articola su vari livelli, decorati in modo ricco, e posti su base poligonale. Al piano più basso ci sono dei pannelli che riportano iscrizioni alla Vergine; più su vediamo dei putti con elementi biblici e ricchi festoni di frutta; al piano successivo vi è una ringhiera con agli angoli 4 statue: sono san Ignazio e san Francesco Saverio, opere di Francesco Pagano, e san Francesco Borgia e san Giovanni Francesco Regis, opere di Matteo Bottigliero.

Salendo ancora troviamo 4 bassorilievi che raffigurano la Natività, l’Annunciazione, la Purificazione e l’Incoronazione, sempre del Pagano e del Bottigliero. Salendo ancora ci sono due medaglie del Pagano, in cui sono scolpiti i busti di san Luigi Gonzaga e del confessore polacco Stanislao Kostka. Giunti finalmente in cima vi è un globo sul quale è posta la statua dell’Immacolata realizzata in rame dorato dallo stesso Pagano.

Ogni anno, l’8 dicembre, dai pompieri viene posta in cima alla statua una corona di fiori in onore dell’Immacolata Concezione.

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Guglia dell’Immacolata di Materdei

Nel quartiere il cui nome significa proprio Madre di Dio non poteva mancare una guglia dedicata all’Immacolata Concezione. Prima di essere collocato nel luogo attuale, in via Ugo Falcando, il monumento si trovava nel chiostro dell’ex-conservatorio della Chiesa della Concezione a Materdei. In realtà, quella che si trova oggi nello slargo è una copia dell’originale, che si trova dopo alcuni lavori di restauro nel Museo Civico di Castel Nuovo.

Tra le guglie di Napoli quella dell’Immacolata di Materdei è quella che sostiene la statua di fattura più antica: è stata ritenuta opera di Domenico Gagini, databile verso il 1470. La Madonna si presenta con una veste con tante pieghe e mantiene da un lato Gesù Bambino, che a sua volta mantiene un libro, mentre dall’altro lato stringe nella mano una sfera, probabilmente il globo terrestre.

L’altezza totale della guglia è di circa 10 metri. Il piedistallo, di stile barocco, risale al XVIII secolo ed è stato attribuito a Giuseppe Astarita. Presenta i tratti tipici dell’arte barocca: marmo bianco e piperno, linee morbide, volumi e fregi.

Dato il grande scarto temporale tra la produzione della statua e del piedistallo sono state formulate alcune ipotesi sull’origine di questo monumento. La prima sostiene che la statua fosse inizialmente collocata all’interno di Palazzo Sanseverino e posta solo successivamente in testa alla struttura per fungere da modello alla realizzazione della Guglia dell’Immacolata in Piazza del Gesù. Un’altra teoria, invece, propende nell’affermare che la statua si trovasse in una qualche cappella del quartiere, trasferita poi sulla guglia per darle maggior risalto.

La guglia di San Domenico

La guglia di San Domenico Maggiore

La guglia di San Domenico Maggiore è tra le guglie di Napoli quella dalla storia più lunga e complicata. Tutto inizia nel 1656 quando, dopo la peste, il popolo votò per l’erezione di questo monumento come ex-voto a San Domenico.

Il progetto iniziale era di Antonio Picchiatti, probabilmente sotto la direzione del maestro Cosimo Fanzago. Nel 1680, più o meno a metà della sua altezza, i lavori furono sospesi e l’opera rimase così incompiuta per oltre un cinquantennio. Con l’arrivo di Carlo di Borbone a Napoli la situazione si sbloccò e i padri Domenicani diedero incarico a Domenico Antonio Vaccaro di completare l’opera, così come era stata progettata dal Picchiatti.

La struttura si sviluppa per un’altezza di circa ventisei metri, poggia su di un grande basamento quadrangolare in piperno e si restringe verso l’alto. Nel primo ordine troviamo, alternate, due iscrizioni e due busti raffiguranti la sirena Partenope realizzate dal Fanzago. Salendo troviamo gli stemmi dei Padri Predicatori, della casa Reale di Spagna, lo stemma della città di Napoli e quello del vicerè Pietro Antonio d’Aragona.

Più su, tra i puttini, già progettati dal Fanzago, ci sono dei medaglioni con i rilievi raffiguranti i Santi Agnese, Pio V, la beata Margherita e Vincenzo Ferrerio. Nella parte superiore, invece, furono inserite le effigi di San Giacinto, San Pietro Martire San Ludovico e San Raimondo. Infine, ancora più in alto, altri medaglioni con Santa Rosa da Lima, San Tommaso d’Aquino, Sant’Antonio e Santa Caterina.

Lo stesso Vaccaro, inoltre, realizzò sicuramente il bozzetto della statua in marmo di San Domenico, anche se è incerta la paternità della statua vera e propria, probabilmente da attribuire a un anonimo settecentesco.

La guglia di San Gennaro a piazza Riario-Sforza

La guglia di San Gennaro

Ci troviamo nella piazza intitolata al cardinale borbonico Riario-Sforza, qui c’è la guglia di San Gennaro, tra le guglie di Napoli, la più antica. La sua costruzione cominciò nel 1637 per volere della Deputazione del Tesoro di San Gennaro, per ringraziare il Santo di aver protetto la città durante l’eruzione del Vesuvio nel 1631. La sua realizzazione venne affidata a Cosimo Fanzago, del quale alla base del monumento troviamo un autoritratto. Lo scultore impiegò nove anni per completarlo, anche se si dovette aspettare comunque fino al 1660 per considerare la guglia definitivamente ultimata.

Alla base del piedistallo ci sono 4 putti e una statua della sirena Partenope, che regge uno scudo recante parole di gratitudine della città al Santo.
L’obelisco, che si sviluppa verso l’alto è composta da una sorta di colonna quadrangolare a grandi volute che terminano in un capitello ionico, ornato con puttini alati. Alla sommità si erge la statua in bronzo di San Gennaro, realizzata dallo scultore Tommaso Montani. Il Santo è rappresentato nell’atto di benedire, mentre regge nella mano sinistra il Vangelo su cui poggiano le ampolle ematiche.

La guglia di Portosalvo

La guglia di Porto Salvo

Quella di Porto Salvo è tra le guglie di Napoli la più recente. Fu eretto nel 1799 nella piazza di Portosalvo, alla fine dell’esperienza della repubblica napoletana, in onore della vittoria conseguita dall’esercito della Santa Fede e della restaurazione borbonica.

L’obelisco è in piperno, a 4 facce ed è alto circa 8 metri. Su ogni lato si presenta dal basso verso l’alto un’iscrizione in latino, un medaglione, un’immagine sacra a bassorilievo. Le decorazioni a bassorilievo eseguite dallo scultore Angelo Viva rappresentano i diversi santi che hanno accompagnato l’esercito sanfedista nella sua spedizione: sono la Madonna di Portosalvo, l’immancabile San Gennaro, Sant’Antonio di Padova e San Francesco di Paola (quest’ultimo andato perduto).

I 4 medaglioni rappresentano gli strumenti della Passione di Cristo: i tre chiodi della croce, la lancia del Destino, il velo della Veronica, la corona di spine. Anche le iscrizioni in latino riportano le parole dell’inno sacro Vexilla Regis, che ricorda i momenti della passione.

Bibliografia

Le statue di Napoli, Nicola Della Monica, Tascabili economici newton, 1996.

Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, Carlo Celano, a cura di G. Greco, 2018.

Napoli, Touring Club Italiano, 1976.

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  1. Avatar Annarita
    Annarita

    Con tutto l’affetto e la stima, vi segnalo un piccolo erroruccio, sicuramente una svista: la foto della guglia di portosalvo è sbagliata, al suo posto avete caricato nuovamente la foto della guglia di san gennaro 🙂

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