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Nel 1943 mentre tutto il Sud Italia, aiutato dalle forze alleate, orgogliosamente ricacciava i tedeschi verso Nord, l’Esercito Americano impiantò un campo d’aviazione tra Poggiomarino e Terzigno, nell’attuale provincia di Napoli.  Fu denominato Pompeii Airfield per la vicinanza al noto sito archeologico e si andò ad aggiungere ai campi d’aviazione già installati in Campania, come il Vesuvius Airfield, il Cercola Airfield e l’aeroporto di Capodichino. Il campo non ebbe vita lunga e subì una fine violenta e quasi improvvisa, come se oltre al nome, condividesse con l’antica città di Pompei anche il destino funesto.

Il campo d’aviazione Pompeii Airfield

Il Pompeii Airfield venne realizzato per il trasferimento da Foggia del 340 esimo Gruppo Bombardiere della 12esima Divisione dell’Air Force Americana. Questo gruppo fu impegnato nel contrastare le forze aeree dell’Asse dispiegate nel Mediterraneo e venne coinvolto soprattutto in missioni di interdizione, con sporadici bombardamenti di obiettivi strategici come aeroporti nemici, ferrovie, ponti, depositi…

Gli Americani decisero di stabilirsi nei terreni tra Terzigno e Poggiomarino, probabilmente per la loro morfologia pianeggiante e più o meno libera da costruzioni, che erano caratteristiche indispensabili per la realizzazione delle strutture necessarie.

Pompeii Airfield
Foto dall’alto dell’Airfield

In particolare il quartier generale, la pista di atterraggio e gli accampamenti della 486ª e 488ª Squadriglia erano localizzati nel territorio di Terzigno,  mentre a Poggiomarino, nell’attuale frazione di Fornillo, erano disposte la 487ª e 489ª Squadriglia

Il campo d’aviazione era temporaneo per “tutte le stagioni”, resistente quindi a tutti i tipi di condizione climatica. Fu costruito a partire da ottobre del 1943 dal comando di ingegneria dell’aviazione degli Stati Uniti d’America.

Gli ingegneri di questo comando erano riusciti a mettere a punto un sistema veloce e facile da replicare che poteva adattarsi a tutti i tipi di suolo. 

Lo schema era questo: dopo aver compattato il terreno della zona scelta, stendevano il PHS Prefabricate Hessian Surface, una superficie prefabbricata composta da fibre di iuta impregnate di asfalto, sopra una griglia di metallo (SMT) dall’orditura quadrata di circa 3 pollici (76,2 cm). Per i parcheggi dei bombardieri venivano invece utilizzate delle PSP, lamiere di acciaio forato. A questi si aggiungevano dei depositi per cibi, bombe, munizioni, carburante, acqua e come completamento, veniva costruita una rete elettrica per le comunicazioni e l’illuminazione.

Nonostante all’interno dell’area del campo vennero montate delle tende per tutti i soldati, molti preferirono andare a sistemarsi nelle case abbandonate dagli sfollati (gente che era partita verso lidi più sicuri  o che era stata precedentemente sfrattata con la forza dalle milizie nazi-fasciste), case che all’epoca sembravano «fossero state modellate con lava liquida da un gigante bambino che ha provato, ma non è riuscito, a ottenere gli angoli quadrati e le linee dritte»¹ così come è riportato dal diario di guerra di Clifford W. Swearingen, uno dei soldati americani presenti all’epoca sul territorio.

esplosione vesuvio 1944

L’esplosione del Vesuvio del ‘44

Il campo d’aviazione Pompeii non ebbe vita lunga, perché il 19 marzo 1944, il Vesuvio cominciò quella che sinora è stata la sua ultima eruzione.

Una delle testimonianze dell’esplosione di quei giorni è il diario del Sergente McRae che in quel periodo  era di stazione al Pompeii Airfield.

Il diario comincia il 20 marzo del ‘44, qualche giorno dopo l’inizio ufficiale dell’eruzione. La descrizione è da brividi: il sergente descrive il rumore delle esplosioni paragonandole a delle gigantesche palle da bowling che colpivano enormi birilli in una gigantesca galleria. McRae aveva l’impressione che il vulcano sembrasse respirare, rumoreggiava, come una specie di essere vivente impaziente di mostrare tutta la sua forza. Con il passare dei giorni, questi rumori divennero sempre più  assordanti e accompagnavano spruzzi di fiamma sempre più alti e luminosi. Il bagliore rosso che provocavano si scontrava contro le nuvole scure delle ceneri cadenti, dando vita ad uno spettacolo tanto incredibile quanto terribile. 

soldati americani sul vesuvio

Più passavano i giorni, più la potenza del Vesuvio si abbatteva su tutto il territorio circostante: i paesi alle pendici del vulcano, come San Sebastiano al Vesuvio e Monte di Somma, furono completamente evacuati e parzialmente distrutti.  Il 21 Marzo 1944, cominciarono a piovere dal cielo « detriti grandi quanto palle da golf »² e spaventati dalla possibilità che l’attività vulcanica potesse intensificarsi ancora di più, il comando americano decise di trasferire il campo d’aviazione a Paestum, abbandonando gli aerei sotto la cenere e i detriti vulcanici, che lentamente seppellirono per centimetri e centimetri l’intero Airfield.

Quasi tutti i bombardieri B-25 Mitchells furono danneggiati dal vulcano: l’estremo calore delle ceneri ardenti fece collassare le parti più sottili delle carene, come le ali e i piani di coda, sciolse la maggior parte del plexiglass, che veniva usato per la protezione delle cabine, e provocò l’esplosione degli pneumatici. Il livello di danno fu altissimo e la notizia si diffuse così rapidamente che anche la propaganda nazista in America, in suo programma serale, parlò dei superstiti del 340esimo gruppo bomberdiero e della perdita di tutti gli aeroplani, nella frase lapidaria riportata nel diario « Noi abbiamo preso il Colonello, il Vesuvio ha fatto il resto. »³

(Il colonnello a cui faceva riferimento era Charles D. Jones, che fu colpito e imprigionato qualche settimana prima e venne considerata all’epoca una mezza vittoria per le forze dell’Asse.)

Quello che  però la propaganda nazista non sapeva è che, il 25 aprile, alcuni soldati americani (tra cui proprio il sergente McRae) furono rispediti da Paestum al campo per una ricognizione generale, per cercare di recuperare quello che era stato lasciato nella fretta di evacuare e per valutare la possibilità di ripristinare qualche aereo. Quello che trovarono andò oltre le loro più terribili ipotesi:  una completa devastazione, con le tende ridotte e brandelli e 88 aerei completamente persi, per un danno stimato attorno ai 25 milioni di dollari4 che in una conversione al valore attuale si attesterebbe su quasi 400 milioni di dollari.

Tuttavia, armati di pazienza e di indubbia capacità e tecnica meccanica, smantellando completamente alcuni aerei e prendendo i pezzi meglio conservati delle carene, dei motori, ecc., gli ingegneri e i soldati incaricati riuscirono a ricostruire e a collaudare circa 15 bombardieri, che continuarono ad essere operativi nelle successive missioni di bombardamento del Nord Italia fino a quando non furono sostituiti con aerei nuovi. Il campo fu completamente abbandonato e molte delle cose che furono lasciate vennero razziate dai cittadini locali: lamiere, vestiari e soprattutto munizioni. Non sono poche le testimonianze di cittadini rimasti feriti o menomati nel tentativo di estrarre la polvere dai proiettili o peggio dalle granate.

riparazione aerei al Pompeii Airfield

Cos’è rimasto oggi

Ad oggi, i contorni di questo aeroporto dal destino funesto, sono pressoché indistinguibili. I terreni che una volta facevano da parcheggio e da pista agli aerei più temuti della seconda guerra mondiale, ospitano ora numerosi noccioleti. 

L’esplosione del Vesuvio andò a peggiorare una condizione civile già critica,  gli abitanti del vesuviano, oltre a patire le conseguenze di una guerra che li aveva coinvolti quasi senza motivo e che aveva visto distruggere case e strade senza rilevanza strategica, dovettero affrontare anche la pioggia vulcanica, i fumi e i lapilli.

I soldati americani aiutarono come poterono: utilizzarono macchinari e strumenti usati per la costruzione del campo d’aviazione per portare via questi materiali vulcanici che si depositavano copiosamente sui tetti, e che poi vennero trasportati e accumulati in quelle che venivano chiamate “montagne di lapillo”. Il materiale è stato usato e consumato come aggregante per le costruzioni, ma per anni questi pinnacoli neri di sabbia e cenere, sono rimasti lì a ricordarci che uno dei più grandi danni all’aviazione americana durante la Seconda Guerra Mondiale, non fu apportato dalle forze dell’Asse, bensì dalla forza della natura, dal bellissimo e temibilissimo Vesuvio.

aiuto nella liberazione delle strade dai lapilli

Note

  1. Diario di Guerra del 340esimo Battaglione di Bombardamento, pag. 3, 5 Gennaio 1944
  2. Diario del Sergente McRae, pag. 4, Marzo 29 1944
  3. Diario del Sergente McRae, pag. 5, Aprile 16 1944
  4. Diario del Sergente McRae, pag. 5, Aprile 16 1944

Fonti

Diario del Sergente McRae

http://57thbombwing.com/340th_History/340th_Diary/15_March1944.pdf

Sito Forgotten Airfields

https://www.forgottenairfields.com/airfield-pompeii-559.html

Sito MikesResearch

Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia

https://www.ov.ingv.it/index.php/storia-vesuvio/1944

Gruppo facebook Pompeii Airfield

https://www.facebook.com/groups/1571162353182162

Diario di Guerra del 340 esimo Battaglione di Bombardamento

http://57thbombwing.com/340th_History/487th_History/7a_Diary_Jan_1944.pdf

Sito Fremmauno

http://www.fremmauno.com/2014/04/campo-vesuvio-e-stormo-baltimore-dove.html

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