“Sempre caro mi fu quest’ermo colle / e questa siepe, che da tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude“. È questo l’incipit di una delle più note poesie, “L’Infinito“, che Giacomo Leopardi ha dedicato alla sua terra d’origine, Recanati, e a quel colle, ribattezzato in seguito proprio “Colle dell’infinito“. La tomba di Leopardi attualmente è proprio lì, dove il poeta si rifugiava e, nel silenzio della propria solitudine, contemplava il paesaggio e quella “siepe”, che diventa metafora dell’impossibilità di vedere il mondo con i propri occhi, spartiacque simbolico tra il presente che era costretto a vivere e il futuro che invece sognava.
“L’Infinito” di Leopardi, l’originale alla Biblioteca Nazionale di Napoli
“Il Canto”, la cui copia autografa è custodita nella Biblioteca Nazionale di Napoli, è stato composto nel 1825 ed entra a far parte dei cosiddetti “idilli”, componimenti poetici ispirati a classici greci e latini che lo stesso Giacomo Leopardi ridefinì con i suoi scritti. Negli idilli leopardiani, contrariamente agli originali componimenti antichi, manca la componente bucolica, che nello scritto del poeta recanatese si fa riflessione intima, descrizione del paesaggio naturale come allegorìa della condizione dell’animo umano.
Tuttavia, a dispetto delle precarie condizioni di salute, Giacomo Leopardi riuscì a varcare la siepe che gli impediva di guardare al futuro e al mondo a lui precluso, e si diresse a Napoli, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.
La prima tomba di Leopardi nella Chiesa di San Vitale
Dal 22 febbraio 1939, le spoglie mortali di Giacomo Leopardi riposano nel Parco Vergiliano a Piedigrotta (da non confondere con il Parco Virgiliano a Posillipo), ma in pochi sanno che prima di questa data, Leopardi, morto a Napoli il 14 giugno 1837, fu sepolto nella Chiesa di San Vitale a Fuorigrotta, la cui origine risalirebbe intorno all’anno 1000, quando a Napoli iniziò a diffondersi l’antico culto bizantino di San Vitale proveniente da Ravenna.
La chiesa, ben diversa da quella ricostruita alla fine degli anni ’50 in seguito alla distruzione per i bombardamenti della seconda guerra mondiale, si componeva da un pronao ed un timpano di ispirazione classica, che si distaccava dal moderno disegno che ci appare oggi, con la cupola ispirata a Santa Maria del Fiore a Firenze, le cui linee rigide le conferiscono, forse, più l’aspetto di una orientaleggiante moschea.
La tomba di Leopardi, posta inizialmente all’interno dell’edificio, era già stata spostata nel pronao nel 1844, diventando parietale, su disegno dell’amico di Leopardi, Michele Ruggiero, con un’epigrafe scolpita da un altro amico dell’artista, Pietro Giordani.
La tomba di Leopardi a Recanati
Quando alla fine degli anni ’30 si decise di spostare la tomba di Leopardi, alcuni elementi lapidei dell’originaria Chiesa di San Vitale furono trasportati sul colle dell’Infinito a Recanati. A pochi passi da quella che oggi è la Casa Museo di Leopardi, set d’eccezione del film biografico sul poeta Il giovane favoloso con Elio Germano.
Quando alla fine degli anni ’30 si decise di spostare la tomba di Leopardi, alcuni elementi lapidei dell’originaria Chiesa di San Vitale furono trasportati sul “Colle dell’Infinito” a Recanati. Qui vennero ricomposti con una forte connotazione simbolica.
Questi elementi sono stati riuniti sul suggestivo “Colle dell’Infinito”, un luogo che simboleggia la perenne vitalità della poesia leopardiana e dell’immortale eredità che ha lasciato ai posteri.
Il significato della tomba di Giacomo Leopardi
A colpire immediatamente l’osservatore è la presenza dell’acqua che scorre intorno al sacello aperto, quasi fosse un simbolico fossato. Ma non si tratta di un caso. L’acqua, infatti, contribuisce a dare un senso di serenità e sacralità a questo luogo, suggerendo un’idea profonda: ciò che è conservato in questo luogo non è il corpo del poeta, ma la sua memoria. L’acqua è il simbolo dello scorrere del tempo e, al contempo, il suo eterno movimento rappresenta l’immortalità dell’opera dell’autore.
Evidente il contrasto tra il vecchio e il nuovo, il passato e il futuro, il rimpianto e il desiderio. Il cemento, inizialmente una materia nuova, grezza e inorganica, diventa con il passare del tempo parte integrante della natura che prepotentemente lo spacca, lo abita, lo rende vivo. Questa metamorfosi è il richiamo alla trasformazione delle opere del poeta, intime, solitarie e malinconiche in gioventù ma tanto ricche di speranza e di vita in età matura, diventando parte integrante della nostra esperienza emotiva e intellettuale.
È l’acqua a segnare un contatto tra il cemento e la pietra, tra la materia. Nel riflesso, nella trasparenza, nello spazio invitando tacitamente l’osservatore a riflettere, proprio come Leopardi, sul passato e sul presente.
Il monumento sorge a ridosso del Monastero di Santo Stefano, ed è parte del contesto letterario di Leopardi. Un luogo letterario in sé, un tributo alla poesia di Leopardi e a quell’intrinseco legame con il paesaggio circostante.
La tomba di Leopardi a Recanati è un libro in pietra che riassume la sua poetica, che in un’altra terra, da un’altra prospettiva, alle pendici del Vesuvio, componendo “La Ginestra”, cantava la resistenza di questo fiore alla forza distruttrice del Vesuvio, guardandolo come simbolo di coraggio, di vita, di speranza.
Bibliografia
Napoli sacra. Guida alle chiese della città, Nicola Spinosa
L’Infinito, Giacomo Leopardi
La Ginestra, Giacomo Leopardi
Dal testo alla storia dalla storia al testo, AA VV.
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